Andrea De Pasquale

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Intervento nella Direzione del 12 marzo 2013


Credo di essere davanti a un'assemblea di persone libere e intelligenti. Mi rivolgerò alla vostra libertà e intelligenza per parlarvi di 2 cose, che ci fanno male e ci fanno perdere: la fatica a dirci la verità. E la fatica a ridefinire, a noi stessi e agli elettori, cosa sia oggi per noi l'interesse pubblico.

Per parlare di queste 2 cose darò per scontati alcuni punti fermi, considerandoli acquisiti: come ad esempio il fatto che il cattivo risultato elettorale sia conseguenza diretta e prevedibile del modo con cui abbiamo impostato le primarie, sia dal punto di vista organizzativo, sia da quello dei messaggi.

Tutto questo oggi è ovvio, come l'idea che non si può fare la storia con i "se". Siamo d'accordo, stiamo ai fatti. L'unico fatto oggettivo che abbiamo davanti è la dissoluzione, in poche settimane, di un vantaggio elettorale di oltre 10 punti. In una organizzazione sana, quando la strategia portata avanti e fino in fondo dal gruppo dirigente si dimostra fallimentare, quel gruppo dirigente se ne assume la responsabilità. Non la diluisce nel frullatore delle primarie, quasi che il voto del 2 dicembre abbia azzerato le differenti strategie e livellato le diverse responsabilità. C'è una linea che ha vinto nel partito e ha perso nel paese. Perché ha scelto di parlare al partito e non al paese. E questo è un fatto accaduto, non una ipotesi.

Ma queste sono ovvietà, appunto. Meno ovvia dicevo è la capacità di dirci la verità, anche sulle cause della sconfitta. Ci sono 3 illusioni che ci stiamo raccontando: Sinistra, Monti, Comunicazione.

1) Abbiamo perso perché dovevamo stare più a sinistra. Scusate, ma avete letto i risultati? Il centro di Monti sarà andato anche malino, ma ha preso il 10%. E a sinistra, cosa c'era da raccogliere? L'1,8 di Ingroia?

2) Abbiamo pagato il sostegno a Monti, alla sua politica di rigore. Però diciamo di essere alternativi al populismo di Grillo che ci porta fuori dall'Europa, e alle favole di Berlusconi a cui abbiamo imputato di avere ignorato la famosa lettera della UE dell'agosto 2011, che chiedeva le 3 cose essenziali per restare in Europa (taglio alle pensioni, riduzione della spesa pubblica e delle tasse, lavoro più flessibile) che Monti ha applicato (almeno in parte). Se diciamo di avere sbagliato a sostenerlo, confessiamo di essere inattendibili, cercando di addossare a Monti la responsabilità di un lavoro "sporco" che non aveva e non ha alternative. E finiamo per inseguire Grillo e Berlusconi nel loro populismo irresponsabile.

3) Abbiamo sbagliato comunicazione. Amici, è vero il contrario: la nostra comunicazione è stata perfetta.

Chiedere "la giustificazione" agli elettori del secondo turno alle primarie, e respingerne il 95%, è un fatto di una potenza comunicativa incredibile, benché i numeri fossero piccoli. Fare uscire trionfanti dalle "parlamentarie" campioni di innovazione come Bindi, Fassina, Marini, Finocchiaro, ed altri catapultarli in lista risparmiando loro la fatica delle primarie, ha pure una portata comunicativa formidabile. Livia Turco che parla di "lavoro durissimo e impegnativo" come dirigente PD è un messaggio forte e chiaro. O quello di Bersani quando dice "Se qualcuno ci tocca su Monte Paschi, lo sbraniamo". E anche qui da noi, i candidati parlamentari del PD di Bologna che non rispondono (nemmeno per dire "ci guarderò") al nostro Appello sul consumo di suolo, danno un messaggio chiarissimo. Come quello di Errani che afferma: "dobbiamo continuare l'innovazione che già stiamo facendo".

La verità è che si comunica quello che si è. Le recite non funzionano. Noi abbiamo comunicato benissimo quello che siamo, e gli elettori hanno capito benissimo, e votato di conseguenza.

La vera difficoltà della sinistra, e di questo nostro Partito, non è comunicare, ma ridefinire oggi cos'è l'interesse pubblico. Metterlo a fuoco davvero e misurare in base a quello l'adeguatezza della nostra proposta politica.

Noi invece diamo per scontato che le nostre ricette tradizionali, le proposte che piacciono al nostro elettorato storico, le prassi invalse nelle nostre amministrazioni siano di per sé soluzioni buone per l'interesse collettivo. E non ci rendiamo conto che chi ci guarda ha spesso l'impressione opposta, ovvero che quelle soluzioni siano innanzitutto orientate a tutelare noi stessi, a garantire un sistema di scambi tutto interno al nostro mondo, a mandare avanti insomma la famosa "ditta". E che il "pubblico interesse" sia spesso una foglia di fico che copre ragioni di altro genere, uno slogan vuoto.

Faccio alcuni esempi locali, su cui Grillo ha facilmente mietuto consensi.

Prendiamo le infrastrutture di trasporto. Dopo la vicenda Civis, stiamo proseguendo sulla stessa linea con il People Mover: nessun confronto sui numeri, percorso blindato, identici gli attori economici interessati (CCC). Nel pubblico interesse?

Prendiamo l'urbanistica. Dopo esserci riempiti la bocca di riqualificazione urbana e stop al consumo di suolo, difendiamo anzi promuoviamo operazioni totalmente irrazionali, dal punto di vista del pubblico interesse, come il Centro Sportivo del Bologna a Granarolo.

Prendiamo i "global service": mega appalti omnicomprensivi, con dentro di tutto, dalla raccolta rifiuti alla manutenzione dei lampioni, per fare in modo che a partecipare sia una sola società, anziché spacchettare le attività e metterle a bando con una vera possibilità di concorrenza, su un vero mercato. E' pubblico interesse?

E potremmo parlare di mense scolastiche, di cultura e spettacolo, e molto altro ancora.

Ecco allora 3 proposte per cambiare strada. A partire da Bologna.

1) Moratoria sul consumo di suolo, e sui progetti in corso. Ricognizione obiettiva, non propagandistica, di cosa è accaduto e sta accadendo nel nostro territorio. Senza raccontarci favole.

2) Chiarezza sul referendum contro le materne paritarie. Come per l'acqua, evitiamo di farci schiacciare in una posizione insostenibile dal punto di vista di chi amministra, per assecondare un furore ideologico alimentato da mancanza di informazione. Il sistema scolastico integrato è un progetto figlio di politici che di nome fanno Bersani e Berlinguer: ce ne vergognamo?

3) Più coraggio con la trasparenza sui costi della politica. Non ci sono solo gli stipendi "diretti": c'è un mondo di indennità, gettoni, nomine, legato all'economia pubblicistica, una zona grigia da illuminare e riformare con decisione. A partire da Bologna.

Perché non è più il tempo che "Meglio avere torto con il Partito che avere ragione da soli". Non funziona più. Bisogna capire dove sta la ragione, e seguirla. Anche a costo di qualche momento di solitudine. E di qualche rottura. Altrimenti, per questa strada finiamo tutti uniti e compatti nel burrone.

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