Andrea De Pasquale

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Bologna e dintorni - Ottobre 2009

Ottobre 2009 - Notizie dal Consiglio Comunale e riflessioni sul PD.


Cari amici,

eccomi alla Newsletter di ottobre, dedicata a 5 argomenti diversi che vi elenco come indice, in modo che possiate saltare quanto vi annoia e scorrere quanto eventualmente vi potesse interessare (in attesa di riattivare il mio sito come strumento di scambio e documentazione). Rammento che per essere eliminati dal mio indirizzario basta chiedermelo con una mail.

Ecco quindi i 5 capitoli:

1) MOBILITA' URBANA: METRO', STAZIONE, BICICLETTE IN CITTA'.
2) IL PALAZZO E LE IMPRESE: DISTANZA CRESCENTE. UN CASO CONCRETO OSSERVATO DA "CITTADINI IN CONSIGLIO"
3) PRIMARIE DEL PD: DUE IDEE DIVERSE DI PARTITO.
4) VASSALLO E MERIGHI: IL PD DAI MILITANTI AI MILITARI?  
5) IL MIO APPELLO PER LE PRIMARIE DEL 25 OTTOBRE.

1) MOBILITA' URBANA; METRO', STAZIONE, BICICLETTE IN CITTA'.

La novità principale dei giorni scorsi è il rilancio del sindaco Delbono del Metrò in project financing, ovvero realizzato con capitali privati in cambio dello sfruttamento commerciale per alcuni decenni.

L'idea non è nuova e in linea di principio valida, ma per funzionare avrebbe bisogno a mio giudizio di una massa critica di utenti molto maggiore. L'esiguità del traffico intercettato dall'unica linea prevista dal progetto attuale, che come il Civis appare figlio di nessuno (frutto cioè di una ipotesi prima osteggiata politicamente poi ereditata amministrativamente), rende difficile qualunque piano di rientro dell'investimento. Perché il metrò stia in equilibrio economico occorre infatti un numero di utenti molto superiore a quello generato dalla linea Fiera-Stazione con prolungamento verso l'Ospedale Maggiore, e per aumentare gli utenti occorre agire su due fronti: una rete più estesa (con diverse linee e diramazioni), tale da ammortizzare i tempi morti di discesa e risalita e rendere appetibile il sistema sotterraneo, e linee pensate per collegare quartieri popolari e zone densamente abitate, quindi capaci di intercettare movimenti di massa, e non poli del terziario (Stazione, Regione, Fiera), incapaci da soli di generare una domanda di trasporto stabile e numericamente consistente.

In altre parole, credo che per coinvolgere i privati occorra un progetto più ampio, capace di fare effettiva concorrenza ai trasporti in superficie, e di drenare quindi sotto terra decine di migliaia di spostamenti quotidiani. Se invece il progetto resta quello attuale, dubito fortemente che ci siano margini di recupero dell'investimento.

Una nota merita anche la rinuncia al sottopasso automobilistico davanti alla Stazione ferroviaria, di cui abbiamo avuto notizia nelle scorse settimane. Pur consapevole delle difficoltà di cantierizzazione di tale opera (si tratterebbe di bloccare per un anno abbondante la viabilità in viale Pietramellara), ritengo che si tratti di una occasione sprecata, soprattutto a confronto con altre città ad alta densità urbanistica, che invece hanno investito nella separazione verticale dei traffici, portando sotto terra quello automobilistico di attraversamento, e lasciando in superficie quello pubblico, pedonale, ciclabile e automobilistico di accesso (ai negozi e alle abitazioni). Spero che la rinuncia non sia definitiva. 

Sulla mobilità ciclabile, osservo come la proposta di Paolo Natali (seguita da "cittadino in consiglio", vedi sotto) sia  diventata sui giornali un via libera alle bici sotto i portici, mentre nella versione originale proponeva invece una cosa intelligente, ovvero uno studio (mai fatto finora) di quelli che sono i percorsi e le direttrici di attraversamento più utilizzate da chi usa quotidiamente la bici per muoversi in città. Questo allo scopo di cercare, laddove si riscontrassero strozzature o tortuosità, nuovi corridoi ciclabili laddove oggi non esistono (compresi eventuali punti di passaggio sotto i portici). L'idea di analizzare i flussi reali (e non solo di disegnare percorsi a tavolino) e di adattare lo spazio urbano alla domanda di mobilità effettiva non mi pare affatto una sciocchezza.

2) IL PALAZZO E LE IMPRESE: DISTANZA CRESCENTE. UN CASO CONCRETO OSSERVATO DA "CITTADINI IN CONSIGLIO"

L'ascolto metodico dei lavori consiliari (da "Cittadini in Consiglio", ogni lunedì pomeriggio: vedi anche www.cocobologna.blogspot.com) inizia a produrre elementi interessanti, su diversi temi importanti. Certamente su quello dei trasporti (vedi sopra), ma anche su quello della distanza, a mio giudizio molto pericolosa, tra la cultura media del personale politico (quasi mai proveniente da esperienze imprenditoriali) e le regole dell'economia e dell'impresa. In proposito ecco un episodio che la dice lunga.


Lunedì 5 ottobre era in discussione una delibera sull'affidamento ai privati del servizio di affissioni e di riscossione di vari tributi comunali (imposta sulla pubblicità, sui passi  carrai, sull'occupazione di spazi pubblici, ecc.) La concessione attuale scade infatti a fine 2009, e la ditta attualmente incaricata (Tributi Italia Spa, ex Gestor) si è segnalata per cattiva gestione, avendo omesso di versare al Comune diversi milioni di Euro. Non ritenendo opportuno quindi rinnovare l'incarico a tale agenzia, né assumere il servizio in gestione diretta, con questa delibera la Giunta fissa i principi del bando di gara e le direttive per individuare il nuovo affidatario del servizio.

A margine della delibera i gruppi politici in Consiglio colgono l'occasione per proporre ulteriori raccomandazioni alla Giunta, mediante lo strumento dell'Ordine del Giorno. Ecco allora Bernardini della Lega Nord che si preoccupa del fatto che la nuova gestione del servizio riduca le perdite di tempo dei cittadini-contribuenti, proponendo una Carta dei Servizi e una composizione stragiudiziale dei reclami. Ed ecco il PD puntare invece l'attenzione sulla "tutela dei lavoratori attualmente impiegati con l'attuale concessionario", al punto di impegnare la Giunta "a prevedere l'obbligo per l'aggiudicatario di assumere, senza periodo di prova e alle stesse condizioni contrattuali, almeno 15 lavoratori occupati attualmente dal concessionario uscente".

Si tratta di una clausola che denota una profonda ignoranza delle regole dell'economia e del funzionamento di una impresa, oltre che una visione distorta della tutela dei lavoratori. Riassumo in 3 punti il perché.

A) Le regole dell'economia. Un servizio pubblico o lo gestisci in proprio, o lo affidi all'esterno. Nel primo caso organizzi tu (Comune) il lavoro, e scegli tu il personale da impiegare. Nel secondo caso ci pensa l'affidatario; tu (Comune) puoi mettere criteri selettivi anche esigenti, ma di tipo prestazionale: quello che di certo non puoi fare è entrare dentro la sua organizzazione e imporgli l'assunzione di persone che tu hai deciso. Piuttosto assumile tu e gestisci direttamente il servizio.

B) Il funzionamento di una impresa. Un'azienda che gareggi per aggiudicarsi questo servizio, se è seria, ha già il suo personale in grado di gestirlo. Se invece per gestirlo deve contare sui 15 dipendenti dell'ex affidatario, da assumere ex novo, è lecito dubitare della sua adeguatezza. Paradossali in questo senso sono stati gli argomenti "a favore" di alcuni consiglieri, secondo i quali la continuità del personale addetto andrebbe a garanzia della qualità del servizio. Scusatemi tanto: ma se questo è vero, allora il bando ha fallito totalmente, perché è servito a selezionare, come nuovo gestore, una scatola vuota, priva di struttura e di professionalità propria.

C) La tutela distorta. Tutelare i lavoratori è sacrosanto. Ma perché prescrivere una tutela speciale per i lavoratori di un'azienda che ha gestito un servizio comunale? Il fatto di avere avuto un appalto o un servizio pubblico rende quei lavoratori diversi dagli altri? "I lavoratori non hanno colpa della cattiva gestione e del mancato rinnovo della convenzione", hanno detto in aula i difensori dell'odg. Ma questo è vero sempre, non solo per i dipendenti di Tributi Italia. Quindi il principio della "riassunzione per decreto" dovrebbe essere esteso a tutti: ogni volta che il Comune cambia fornitore per qualche servizio (prodotti di cancelleria, servizi di catering, manutenzione impianti, ecc.), i dipendenti della ditta uscente dovrebbero essere assunti dal fornitore entrante. In nome della tutela dei lavoratori. E in barba ad ogni logica di impresa e di mercato.

Questo episodio conferma una preoccupante mancanza di cultura e di esperienza del personale politico eletto in Comune rispetto al funzionamento dell'economia e delle imprese: nel PD il solo Paruolo, nel suo intervento, ha denotato qualche consapevolezza in proposito. Si tratta a mio giudizio di una mancanza grave, con particolare concentrazione a sinistra, ma sostanzialmente trasversale rispetto ai partiti: il testo è stato approvato con 28 voti a favore, oltre i 3/4 dei presenti in aula, e 8 contrari, tali per ragioni di schieramento più che di merito. La mia tesi sulla frattura sociale tra il blocco degli amministratori pubblici da un lato e quello dei lavoratori autonomi e delle imprese dall'altro (vedi la mia analisi post elettorale di giugno 2009) ne esce purtroppo rafforzata.

Il risultato è un Consiglio che delibera atti i quali, se applicati, otterranno un effetto materiale opposto alle intenzioni che li hanno ispirati. Nel caso in esame, l'effetto sarà di premiare aziende finte o inefficienti (e per questo disposte ad assumere i 15 addetti di Tributi Italia), e penalizzare aziende strutturate e professionali, che come tali non hanno motivo di assorbire questi 15 lavoratori.

(P.S.: chi fosse interessato a partecipare attivamente al lavoro dei Cittadini in Consiglio, me lo segnali via mail: abbiamo in programma un incontro organizzativo a breve).

3) PRIMARIE DEL PD. DUE IDEE DIVERSE DI PARTITO.

Il PCI sì che era un partito serio. La nostalgia dichiarata da Massimo D'Alema in una intervista video del 12 ottobre, e ripresa da vari giornali (Corriere, Repubblica) il giorno successivo, aggiunge una luce sul duello in corso per la segreteria del PD.

Un partito è serio (secondo il principale sponsor di Bersani) quando non si perde in campagne qualunquiste, come quelle sulle barche possedute o sulle case utilizzate e non pagate dai politici. Un partito è serio quando sono i dirigenti a prendere le decisioni, senza bisogno di consultare la base, che in un partito serio si adegua. Un partito è serio quando i segretari si eleggono con le tessere e i tesserati (ricordo che a Salerno il PD ha più tessere che in tutto il Veneto), e non lasciandosi "invadere" da elettori che al dunque potrebbero anche votare per altri partiti.

Una sola domanda, caro Massimo: il PCI di cui hai nostalgia poteva dirsi a tuo giudizio un partito democratico?

Perché qui sta il punto. Se stiamo alla Costituzione, questa ci dice all'articolo 1 che "la sovranità appartiene al popolo", e all'articolo 49 che "tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale".

Secondo la nostra Costituzione dunque il partito non è titolare della sovranità, ma è uno strumento a disposizione dell'unico sovrano, che è il cittadino (non solo l'iscritto), che può associarsi in partito allo scopo di determinare la politica nazionale "con metodo democratico".

Siamo di nuovo davanti alla differenza tra l'idea di partito secondo D'Alema-Bersani da un lato e secondo Franceschini dall'altro. Che impatta sulla strategia e sulle alleanze: che per il primo devono essere variabili e da cercare dopo le elezioni, preferibilmente con un centro a cui appaltare la rappresentanza dei moderati e dei ceti professionali e imprenditoriali, lasciando a noi, PD, una identità "di sinistra", progressivamente più ristretta e minoritaria. E per l'altro invece devono essere dichiarate prima delle elezioni, evitando di appaltare una rappresentanza specifica al Centro, avendo noi l'ambizione di fondere le culture politiche del centro e della sinistra riformista (che è poi la ragione sociale originaria del PD). 

Infine una nota psicologica. Sento circolare tra i sostenitori di Bersani la tesi che imputa a Franceschini la sconfitta elettorale alle europee di giugno. Benissimo, seguo anch'io questo ragionamento, e lo porto in fondo. Chiunque di noi, dovendo scegliere un leader politico (ma anche un rappresentante di classe o un capoufficio), chi sceglierebbe tra questi due profili? Quello che in un momento di crisi, col partito decapitato dalle dimissioni di un segretario (Veltroni) logorato da attacchi interni e quotidiani, con le elezioni europee alle porte e i sondaggi che prevedono un trionfo del PdL e una débacle del PD, ci mette la faccia e si assume una responsabilità difficile, ben sapendo di andare contro una sconfitta? Oppure quello che passa la mano dicendo "non è il momento giusto, tira brutta aria, ci vediamo al congresso di ottobre"? Fate voi.

A conferma vi invito a confrontare i due interventi alla convenzione dello scorso 11 ottobre a Roma: www.youdem.tv e a dare uno sguardo ai 10 discorsi agli italiani di Franceschini (www.dariofranceschini.it/adon.pl?act=doc&doc=2892)

4) VASSALLO E MERIGHI: IL PD DAI MILITANTI AI MILITARI?

Concludo con un recente episodio bolognese, interno al PD ma balzato agli onori della cronaca politica, che ha messo in luce differenze importanti anche a livello locale sui diversi modelli di partito che si stanno confrontando nel dibattito precongressuale.

I fatti.

Salvatore Vassallo, deputato PD, a Radio Tau venerdì 9 ottobre ha detto che a suo giudizio il limite ai due mandati esecutivi previsto nello statuto del PD non è campato in aria, perché dopo 10 anni di governo il ricambio è salutare. Di conseguenza, ragiona il parlamentare, se Vasco Errani vorrà ricandidarsi alla presidenza dell'Emilia Romagna dovrà chiedere una deroga allo statuto, e questa deroga andrebbe motivata, non dovrebbe essere automatica. Vassallo non ha espresso un giudizio sulla qualità dell'amministratore. Ha richiamato il principio di fondo del ricambio nelle posizioni di governo cui si ispira lo Statuto del partito democratico e l'esigenza di valorizzare una nuova generazione di amministratori quarantenni che hanno già dimostrato inventiva e capacità, altrimenti destinati a restare coperti dall'ombra prodotta da figure inevitabilmente più autorevoli di loro.

Claudio Merighi, vicesindaco di Bologna, risponde con una nota, riportata dalla stessa agenzia di stampa che aveva dato conto dell'intervista radio di Vassallo, in cui letteralmente dice: "Salvatore Vassallo, non contento dei danni che ha già provocato con lo Statuto devastante con il quale stiamo andando verso la scelta del nuovo segretario, si scaglia con violenza ed arroganza contro uno dei pilastri del buon governo nazionale e dell'alternativa seria a Silvio Berlusconi, e lavora per distruggere il PD con cinismo e freddezza".

Le parole, i ruoli e l'idea di partito.

Prima di tutto rileggiamo gli aggettivi. Da un lato Vassallo usa espressioni come opportuno, salutare (il ricambio), motivata e non automatica (la deroga al limite dei 2 anni). Dall'altro Merighi applica a Vassallo parole quali: devastante, violenza, arroganza , cinismo e freddezza nell'opera di distruzione del PD.

Il salto di tono è evidente: uno parla a voce bassa di principi, l'altro grida, lancia accuse offensive e personali, attribuisce ad uno solo le vere o presunte storture di uno statuto attualmente in vigore e approvato all'unanimità. Il semplice fatto che un esponente del PD esprima un'opinione, peraltro educata nei modi e dubitativa nella forma, provoca una reazione rabbiosa da parte non di un segretario di circolo qualsiasi, non di un consigliere di quartiere, ma addirittura della seconda carica cittadina.

Merighi e quelli come lui vivono evidentemente il partito in senso militare, come una organizzazione con rigide gerarchie, assetti indiscutibili, carriere predeterminate, disciplina basata sul terrore d'essere considerato fuori dalla linea ufficiale. E' questo il "partito da combattimento" di cui parla Bersani? Se questo è il tipo di partito che si ha in mente ha ragione Merighi: Vassallo è un distruttore e un irresponsabile (e la sua esperienza politica dovrebbe essere già segnata dalla fatwa dello stesso Merighi che lo addita come "nemico del popolo"). Se il PD deve essere invece, come dice il suo nome, un partito democratico, in cui conta la capacità di esporre civilmente le proprie idee e confrontarsi, è vero il contrario.

Merighi, valido soldato oggi al servizio della causa Bersani, nella sua nota ci tiene a sottolineare che il pestifero Vassallo sostiene Franceschini. Ha fatto bene a ricordarlo, di questo lo ringrazio. Perché lui stesso riconosce in questo modo che siamo effettivamente davanti a due stili e due idee di partito, e quindi a due prospettive di azione politica, tra loro molto diverse. Personalmente non ho dubbi su quale sia la più adatta all'oggi e al domani. Spero invece che qualche dubbio sorga in quanti, sulla scia della stima personale per Pierluigi Bersani (stima che condivido), dimenticano che la domanda da farsi il 25 ottobre non è "chi tra i candidati mi è più simpatico?", ma "cosa voglio che diventi il PD?".

5) IL MIO APPELLO PER LE PRIMARIE DEL 25 OTTOBRE.

Concludendo, ecco il mio triplice appello.

1. Andate a votare alle primarie di domenica 25 ottobre (sul sito www.pdbologna.org trovate la dislocazione dei seggi elettorali).

2. Se volete bene al PD e all'Italia, votate per Franceschini. (a sostegno del quale troverete stampate sulla scheda due liste).

3. Se volete incalzare Franceschini verso un partito autenticamente democratico e verso un rinnovamento della classe dirigente, votate la lista "Semplicemente Democratici" per Franceschini. Incidentalmente, tra i candidati all'Assemblea Nazionale in questa lista ci sono anch'io (nel collegio elettorale 3, che copre parte della provincia di Bologna).

Ancora un grazie per la vostra pazienza, e buon lavoro a tutti.

Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it
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