Andrea De Pasquale

Home > Bologna e dintorni: riflessioni da libero cittadino > Bologna e dintorni, dicembre 2009

Bologna e dintorni, dicembre 2009



23 dicembre 2009

Cari amici,

eccomi al mio riassunto degli eventi politici di dicembre, dedicato stavolta a 4 argomenti che vi elenco come indice, in modo che possiate saltare quanto vi annoia e scorrere quanto eventualmente vi potesse interessare.

1) CITTADINI IN CONSIGLIO: UN RADDOPPIO, DUE DIMEZZAMENTI. 
2) COME TI SPENDO IL DENARO PUBBLICO: 3 STORIE NON ESEMPLARI.
3) DOPO MILANO: LUPI ED AGNELLI, SCIACALLI E COYOTE
4) E INFINE GLI AUGURI...

Rammento a tutti quelli che ricevono questa Newsletter che per essere eliminati dal mio indirizzario basta chiedermelo con una mail.

1) CITTADINI IN CONSIGLIO: UN RADDOPPIO, DUE DIMEZZAMENTI.

Continua l'esperienza di ascolto e rendicontazione di quanto accade nel Consiglio Comunale, che abbiamo denominato CITTADINI IN CONSIGLIO. Continua e raddoppia: come potete verificare sul sito www.cocobologna.blogspot.com, da qualche settimana riusciamo a "coprire" anche le sedute di Consiglio del venerdì mattina, dedicate alle domande dei consiglieri agli assessori (cosiddetto Question Time).

Se tra di voi che leggete c'è qualcuno interessato a dare un contributo, scrivetemi, perché a breve è prevista una riunione organizzativa del gruppo, e la prossima tappa vorrebbe essere quella di individuare 2 o 3 temi amministrativi da seguire in maniera più approfondita, anche al di là della discussione in Consiglio.

Dopo il raddoppio, i dimezzamenti. Il primo riguarda la presenza della Giunta in Consiglio, che appare normalmente dimezzata: raro vedere contemporaneamente presenti più di 4 o 5 assessori. Dal mio osservatorio mi pare che i più presenti siano Luciano Sita (Attività produttive), Milena Naldi (Casa e politiche abitative), Plinio Lenzi (Lavoro, Commercio, Sicurezza), e Simona Lembi (Scuola e pari opportunità). Gli altri, chi più (Maurizio Degli Esposti), chi meno (Nicoletta Mantovani, quasi mai apparsa il lunedì) compaiono quando c'è un atto che li riguarda direttamente, e talvolta nemmeno lì. Il sindaco normalmente non passa più di 15-20 minuti in Consiglio, verso le 15.30, per uscirne di solito con il telefono all'orecchio.

Il secondo dimezzamento riguarda l'organo stesso del Consiglio di fronte alla nomina, avvenuta a fine novembre, di un Comitato di Saggi, chiamato ad elaborare proposte per un Piano Strategico Metropolitano. Oltre al numero (23 membri, la metà esatta dei consiglieri comunali), la sensazione di diminuzione del ruolo dell'Assemblea Elettiva cittadina è evidente, a fronte di un gruppo di persone cooptato dai vertici istituzionali e sottratto al pubblico controllo.

L'idea di chiedere alla città proposte per un Piano Strategico, ovvero per individuare le cose più importanti che un territorio deve darsi come obiettivi per i prossimi anni, è certamente buona. Ma era appunto la città a dover esprimere questo gruppo, composto da rappresentanti scelti dal basso dalle diverse componenti sociali, economiche, culturali di Bologna. Dovevano cioè essere gli artigiani e i commercianti, le imprese e i sindacati, l'università e gli altri centri culturali a individuare al proprio interno le figure che li avrebbero rappresentati in questo Comitato. E' andata diversamente, anzi all'opposto: sono stati i vertici istituzionali locali a nominare i 23, cioè a dire alla città "scelgo io chi ti rappresenta". Il risultato è un gruppo di persone che, salve le due componenti accademica e tecnico-urbanistica, hanno in comune l'appartenenza a un certo "giro" e, in qualche caso, il fatto di lavorare con (o grazie a) gli stessi enti pubblici che li hanno nominati. E' abbastanza naturale che una fetta consistente (direi maggioritaria) di città si senta poco rappresentata.

Una piccola proposta per rimediare all'errore fatto: aprite le sedute del Comitato alla stampa e alla cittadinanza, in modo che sia possibile seguirne pubblicamente i lavori. Noi "Cittadini in Consiglio" ci candidiamo a farlo, gratuitamente.

2) COME TI SPENDO IL DENARO PUBBLICO: 3 STORIE NON ESEMPLARI.

L'uso del denaro pubblico è il primo banco di prova della serietà e dell'affidabilità di una amministrazione, e delle forze politiche che la sostegnono. Anzi, come ho detto più volte, è anche il primo ambito di responsabilità etica verso la collettività (in senso laico), e quindi verso il prossimo (in senso cristiano, vangelo e dottrina sociale alla mano).

Spesso invece le scelte di spesa sono vissute e rivendicate come esercizio di un potere arbitrario di chi ha vinto le elezioni, o addirittura trattate come affare privato e personale degli amministratori. Anche a Bologna, non solo ad Arcore. Ecco tre storie in proposito, che titolo così: Festa di Capodanno, Misure Anticrisi, Trasporto scolastico.

2.1 - Festa di Capodanno: trasparenza offensiva?

L'assessore Nicoletta Mantovani si è dichiarata offesa dalla domanda di trasparenza rispetto ai costi e agli sponsor della festa di capodanno, che complessivamente andrebbe ad assorbire circa 500 mila euro. Le ha ben risposto Aldo Balzanelli dalle colonne di Repubblica Bologna, rammentandole che la trasparenza è un dovere per chi amministra la cosa pubblica. Aggiungo una osservazione: la Mantovani dice che, al massimo, lei risponde solo dei 100 mila Euro messi dal Comune, mentre dei circa 370 mila che dovrebbero mettere gli sponsor privati non dovrebbe interessare a nessuno. Sbagliato, cara assessora: io come piccolo imprenditore ho sponsorizzato microiniziative culturali, e l'ho fatto con una strategia, mirata all'interesse della mia azienda (nel mio caso: farmi conoscere in un certo ambiente, accreditare la mia struttura, creare le condizioni per acquisire nuovi clienti). Uno sponsor normalmente ha in mente un ritorno del proprio investimento: come promozione, come pubblicità, come scambio di servizi o di favori. Per questo è importante conoscere nomi e cifre di chi sponsorizza iniziative pubbliche. Altrimenti si affaccia il sospetto che lo "scambio" che fisiologicamente sottosta ad ogni sponsorizzazione riguardi beni o interessi poco chiari, in barba al pubblico interesse. Di questo è consapevole il regolamento redatto a suo tempo da Paruolo: bene migliorarlo, bene accelerare i tempi, ma mai a costo di trattare la sponsorizzazione di un privato ad un ente pubblico come "fatto privato", che non dovrebbe riguardare il pubblico interesse. Al contrario, lo riguarda assai.

2.2 - Misure anticrisi. Estese alle partite iva, purché defunte.

Speravo che Silvia Bignami, nell'articolo apparso su Repubblica Bologna l'11 dicembre, si sbagliasse e venisse smentita. La notizia che riportava era infatti questa: il Piano Anticrisi del Comune di Bologna, di cui era stata con enfasi annunciata l'estensione degli aiuti anche ai lavoratori autonomi, di fatto si applicava solo agli autonomi che avessero chiuso la partita iva. Su 200 famiglie che ne avevano beneficiato solo 1 era il caso di un lavoratore autonomo, che appunto per ottenere sconti ed esenzioni aveva dovuto cessare l'attività autonoma. Meraviglioso. Con la stessa logica quindi potremmo dire che la carriera militare è aperta alle donne, purché cambino sesso. Quindi l'estensione (che io stesso avevo salutato con favore) non riguarderebbe i lavoratori autonomi, ma gli ex autonomi; non le partite iva viventi, ma i cadaveri delle stesse. E' mai possibile?

Ebbene, nella seduta di Consiglio di lunedì scorso 21 dicembre, l'assessore Rossi ha confermato tutto, sia pure affermando la volontà di superare questa situazione nel 2010. Ma intanto ha ammesso che nel 2009 il Comune ha davvero pensato di aiutare il lavoro autonomo condizionando l'aiuto alla chiusura della posizione professionale autonoma. Un capolavoro. Che non riesco neanche a commentare.

2.3 - Trasporto scolastico. Il diritto e il privilegio.

Cosa direste se scopriste che un Comune riserva ad una certa scuola un trattamento di favore che invece nega a tutte le altre? Che drena su di essa risorse e denari mentre alle altre chiede sacrifici e rinunce? E se infine scopriste che quella scuola, oltretutto, è frequentata da figli di benestanti? Personalmente penserei che si tratta di una ingiustizia palese, e nella mia fantasia avrei già distribuito le parti in gioco: scuola privata, difesa da forze di destra, con la sinistra indignata in piazza a chiedere una distribuzione equa delle risorse.

Invece non è così. La scuola è pubblica, chi la difende è la sinistra, mentre la destra dorme o pensa a dove appendere il crocifisso.

Perché il caso è reale, e riguarda le scuole Longhena, quelle ubicate in collina, fuori dal traffico e in mezzo al verde, frequentate da circa 370 bambini provenienti un po' da tutta Bologna. Che usufruiscono di un servizio unico ed esclusivo: il taxi scolastico. Ogni mattino infatti una decina di pullmini fa il giro della città e raccoglie i piccoli alunni direttamente sotto casa. Per la modica cifra di 900 Euro di spesa pubblica a bambino (a cui si aggiungono circa 180 Euro di contributi della famiglia). Che fa un totale di circa 340 mila Euro di costo all'anno. E le altre scuole? Tutte insieme (una trentina) hanno a disposizione un fondo di circa 180 mila Euro.

Sono scuole molto ambite, le Longhena: un po' per la posizione esclusiva, un po' per il trattamento privilegiato sul trasporto. Entrarci non è facile, e non è facile nemmeno capire i criteri di ammissione. Certo una volta entrati è facile arrivarci: perché mentre per tutte le altre scuole è la famiglia a farsi carico del trasporto, qui è il Comune ad accollarsi il servizio. Curiosamente, tra gli alfieri di queste scuole si distinguono in Comune alcune figure di sinistra, impegnate a difendere questa assurda disparità.

Si tratta forse di una scuola frequentata da famiglie disagiate? Che dà risposta ad emergenze sociali? Tutt'altro. Tra i 370 piccoli studenti non mi pare figuri nemmeno un figlio di immigrati: caso unico a Bologna, dove la popolazione studentesca è sempre più multietnica. Ma non alle Longhena, diventate bandiera di una sinistra disorientata, schierata a difesa di una spesa pubblica che fa regali ai ricchi mettendoli sul conto dei poveri. Dobbiamo aspettare che sia la Lega, che già sta conquistando le fabbriche, ad accorgersene e ad occuparsene? Amici consiglieri, sveglia. La giustizia sociale inizia da queste cose.

3) DOPO MILANO: LUPI ED AGNELLI, SCIACALLI E COYOTE

Mi sto dilungando e devo tagliare. Ma non posso tacere il disagio vissuto a valle della sassata in faccia a Berlusconi di domenica 13 dicembre. Il gesto di un folle, da condannare senza se e senza ma, è servito al centrodestra per accreditare la tesi per cui il vero responsabile dell'aggressione sarebbe "il clima di odio", unilateralmente attribuito dal coro di ministri, capigruppo e portavoce PdL all'opposizione, alla libera informazione, alla magistratura, esplicitamente indicati come complici e mandanti dell'aggressione.

A mio giudizio troppi, anche nel PD, si sono adattati a questa tesi, mentre voci libere e obiettive come la Bindi sono state additate come estremiste. Ma cosa aveva detto la Bindi? Una cosa a mio giudizio evidente a chiunque sia obiettivo, ovvero che del clima di odio Berlusconi non poteva dirsi solo vittima, ma anche artefice.

Basta riguardarsi i giornali e i telegiornali dei giorni precedenti per rendersi conto di come il presidente del Consiglio avesse deliberatamente intrapreso una escalation di toni e di linguaggio contro quelli che considera suoi nemici personali: l'opposizione parlamentare, la magistratura, la stampa da lui non controllata, la Corte Costituzionale e la Presidenza della Repubblica.

Parliamo insomma dell'uomo che da quando ha vinto le elezioni ha sempre dichiarato che con questa opposizione è inutile dialogare, perché è priva di ogni credibilità e legittimazione. Che ha dato dei coglioni agli elettori del centrosinistra e dei disturbati mentali ai magistrati, per il solo fatto di aver scelto quel mestiere. Che ha definito la Corte Costituzionale un organo politico e non di garanzia, e che ha sprezzantemente respinto il richiamo all'equilibrio del Quirinale, suggerendo a Napolitano di occuparsi piuttosto dei magistrati da lui giudicati eversivi. Che ha letteralmente rivendicato come merito politico quello di "avere le palle", mentre un suo ministro ha simpaticamente invitato l'opposizione di sinistra ad "andare a morire ammazzata".

Senza andare troppo indietro, sul Corriere di domenica 13, il giorno stesso dell'aggressione, il rispetto da parte di Berlusconi e dei suoi uomini per le istituzioni è così espresso: Gaetano Pecorella, deputato PdL ed avvocato del premier, intervistato afferma "La Corte Costituzionale agisce da organo politico, e si sovrappone alla volontà popolare" (pag. 11), mentre lo stesso premier dice "le riforme devono essere fatte ad ogni costo, chi ci sta ci sta", e definisce l'invito al dialogo con l'opposizione "tentativo di mettergli i bastoni tra le ruote" (pag. 5).

Va bene allora la solidarietà all'uomo ferito, e la condanna chiara e netta della violenza. Ma non perdiamo la memoria dei fatti.

Quelle che Berlusconi ha definito, appena rientrato dal San Raffaele ad Arcore, calunnie e campagne di delegittimazione nei suoi riguardi, sono spesso semplici dati di fatto, pubblici ed accertati, anche se oscurati dal coro dei media a lui compiacenti. E' un fatto, non una calunnia, che il premier ha trovato naturale ricompensare con cariche pubbliche sue privatissime compagne di letto. E' un fatto, come ha ben sintetizzato Paolo Serra, che Berlusconi si sia salvato dalla condanna (nei pochi processi scampati a prescrizioni, impedimenti e ostacoli vari), riparandosi nel ruolo di "mero proprietario di aziende i cui dirigenti, a sua insaputa, hanno certamente corrotto la Guardia di Finanza ed il cui legale, a sua insaputa,  ha certamente corrotto due giudici ed un testimone, il tutto senza essere oggetti di richiesta di danni morali da parte sua, bensì di lucrose ricompense e carriere, anche politiche".

Queste non sono calunnie e campagne d'odio, sono pezzi di storia personale e imprenditoriale dell'uomo che ci governa, e che ha sempre evitato di fare chiarezza sul suo passato e sulle strade (o scorciatoie) che l'hanno condotto al successo. Poi ci sono sicuramente anche dei magistrati di parte e degli oppositori sguaiati, ma non confondiamo la pagliuzza con la trave.

E ricordiamoci dell'apologo di Fedro, dove il lupo (che sta a monte) accusa l'agnello (che sta a valle) di intorbidargli l'acqua del ruscello. Non caschiamoci anche noi. Impariamo a smascherare gli sciacalli, che dell'episodio di Milano hanno cercato di fare un'occasione di beatificazione del premier e di demonizzazione di tutti quanti non si battevano abbastanza il petto per non aver sufficientemente amato e difeso il Capo. E impariamo anche a diffidare dei coyote che, nel nostro campo, accettano questo gioco riproponendo inciuci e accordi. Sono dotati di sensi finissimi, i coyote: hanno baffi sensibili, fiutano l'aria, colgono le opportunità. Tramontata una poltrona a Bruxelles, eccone sorgere una a Roma, per la quale è consigliato abito scuro e sostegno bipartisan. E si fanno trovare pronti.

L'opposizione però è un'altra cosa. Bene hanno detto Veltroni e Franceschini in proposito. E tutto sommato bene si è comportato Bersani, che si sta rivelando meglio di quanto io non temessi. Perché non possiamo permettere che la storia venga rovesciata. Come ha cercato di fare il ministro Sacconi 4 giorni fa a Bologna, quando ha detto che Marco Biagi fu vittima di un clima di odio simile a quello che ha armato la mano del giovane milanese contro Berlusconi. Rammento a Sacconi che Marco Biagi, uomo di centrosinistra, fu lasciato indifeso dal governo Berlusconi, e segnatamente dal ministro Scaiola, che definì "rotture di coglioni" le ripeture richieste di protezione del professore bolognese nel mirino delle BR. Non possiamo accettare che nel nome del "dialogo" passino distorsioni così macroscopiche della realtà. 

4) E INFINE GLI AUGURI...

Ci sono varie altre cose (le vicende del trasporto ferroviario in questi giorni, la richiesta di matrimoni gay, le "scuse" di Feltri a Boffo...), su cui mi piacerebbe condividere con voi qualche riflessione: diversi di voi infatti mi rispondono (alla newsletter di fine novembre ho ricevuto una ventina di repliche, e mi scuso con quelli a cui non ho ancora risposto). Ma è tardi e sono già stato lungo: spero di poter riprendere qualcosa a gennaio.

Chiudo allora con gli auguri di Buone Feste, conditi quest'anno da un doppio invito, rivolto in particolare agli amici politicamente impegnati, a sinistra e a destra.

A sinistra, l'invito è a guardare laicamente ai simboli cristiani del Natale. E a non averne paura. Perché anche togliendo ogni aggancio con il divino, la rappresentazione di un parto in un ricovero di fortuna, protagonista una coppia di profughi respinti dalla gente perbene e soccorsi da barboni e briganti (parlo del presepe), è qualcosa di molto attuale (la stalla odierna potrebbe essere un barcone di immigrati, il bagno di una stazione, il capannone dismesso...) Qualcosa - direi - molto "di sinistra", certo socialmente più graffiante del faccione di Babbo Natale, certo emotivamente più provocatorio delle palline dorate e dei pacchi regalo, certo antropologicamente più inclusivo e accogliente, anche verso altre religioni e culture, rispetto al feticismo consumista che ovunque esponiamo. Nella scena del presepe credo che anche l'ateo intellettualmente libero possa leggere un richiamo importante, e universale, in grado di parlare al nostro tempo e alla nostra condizione, al di là di razze, religioni e culture. E questo stando in piedi, senza genuflessioni, e tenendo in mano il giornale anziché la bibbia. 

A destra l'invito è a non strumentalizzare i simboli cristiani e a non deformarne i significati. Se si dichiara un giorno sì e l'altro pure che si vogliono "difendere" certi valori, bisogna poi averne un minimo di rispetto sostanziale. E invece cosa abbiamo visto? La condizione di clandestino definita in sé come reato, l'epurazione razziale ribattezzata "Bianco Natale", ma anche la leggerezza con cui si sono premiati furbi e sfruttatori (con lo Scudo Fiscale, con la depenalizzazione del falso in bilancio, ecc.) che hanno accumulato fortune personali sottraendole alla collettività e ai lavoratori. Su questi temi la cultura e la dottrina cristiana hanno parole nette e chiare: siete disposti a rileggerle? 

A tutti, l'augurio è di trascorrere buone feste, e di guardare all'anno nuovo con rinnovata fiducia. Da credente, questa fiducia mi viene da un Dio che ha scelto di cambiare la storia facendosi piccolo e fragile come nel Natale, in modo da assumere ogni nostra piccolezza e fragilità, e trasformarle in arma potente di cambiamento. E' dal vagito dell'onnipotente che le nostre parole possono trarre forza e speranza. Questo soprattutto mi affascina e mi seduce, del Natale. 

Auguri a tutti.

Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it

Per contattarmi: scrivi@andreadepasquale.it - Per ricevere il mio rendiconto mensile: aggiornamenti@andreadepasquale.it
Home Home