Andrea De Pasquale

Bologna e dintorni, giugno 2010

Bologna, 1 luglio 2010

Cari amici,

eccomi alla mia nota mensile sugli eventi politici del mese appena trascorso. Rammento che per non ricevere questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista, mentre se avete amici interessati segnalatemi la loro e-mail. Quattro gli argomenti di questa nota:

1) CONGRESSO PD. RISULTATI E NUOVA SEGRETERIA: CHE FACCIAMO SU URBANISTICA E TRASPORTI?
2) POLITICA E MATEMATICA: VITALIZI REGIONALI E BILANCI DELLA FIERA.
3) SBALLO NOTTURNO E DIRITTO AL RIPOSO: UN CONFRONTO E UNA RIFLESSIONE.
4) GERMOGLI DI SPERANZA: GIOVANI PDL SICILIANI, SALVATORE CARONNA, PAPA BENEDETTO.

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1) CONGRESSO PD. RISULTATI E NUOVA SEGRETERIA: CHE FACCIAMO SU URBANISTICA E TRASPORTI?

Il congresso del PD si è concluso, come sapete, con la annunciata vittoria di Raffaele Donini, nuovo segretario provinciale, ma soprattutto con una affermazione della nostra mozione - nata contro tutti i maggiorenti del partito - decisamente superiore alle attese: sui 5.806 votanti totali, ben 1.376 (ovvero il 24,23%, praticamente un militante su 4) ha scelto Licciardello, bandiera di rinnovamento e discontinuità. Se si pensa che questo risultato è stato raggiunto all'interno dello "zoccolo duro" del partito, (i 5.806 votanti rappresentano solo il 20% dei 28.800 iscritti), si capisce come il nostro messaggio abbia avuto una risposta molto positiva (gli "esperti" avevano indicato nel superamento del 10% la soglia di successo di una iniziativa come la nostra, nata senza il sostegno di nessuna area organizzata del partito).

Oggi la mozione ha esaurito il suo compito, e Raffaele Donini è il segretario di tutti. Ma le persone insieme alle quali abbiamo pensato, organizzato e vissuto questa avventura sono attive e in contatto, e con loro intendiamo continuare a lavorare per il rinnovamento e il rilancio del PD, ripartendo dalla sigla "Verso un nuovo PD per Bologna" nata nel gennaio scorso per presentare il Decalogo, ovvero 10 proposte concrete per riformare dall'interno il nostro partito. E rifiutando ogni logica di corrente, che ragiona chiedendo posti in nome del risultato fatto: noi, come ha ben detto Giulia Bernagozzi intervenendo il 12 giugno, non si sentiamo minoranza, ma portatori di proposte e idee rivolte a tutto il partito. Anche per questo abbiamo preferito non entrare nell'esecutivo, che tecnicamente non è il luogo della rappresentanza delle varie sensibilità del partito, ma è il gruppo di persone di fiducia del segretario.

Ma sabato 12 giugno, giorno di proclamazione del nuovo segretario, è stato appunto anche il giorno di presentazione dell'esecutivo, ovvero del gruppo di persone con le quali il nuovo leader del PD bolognese intende lavorare. Il fatto che più ha colpito i presenti alla presentazione della squadra è stata la mancanza, tra le 13 persone incaricate di seguire le principali materie su cui la politica locale deve esprimesi, di una figura dedicata ai temi della mobilità e della pianificazione territoriale: la cosa è stata notata da tanti, anche tra i sostenitori di Donini, che hanno immediatamente percepito l'assenza di questa delega come un problema. Personalmente non ho esitato a porre la questione con un intervento nella stessa assemblea del 12 giugno, al quale Donini ha risposto che le deleghe su questi temi le assume lui di persona.

In cambio l'esecutivo abbonda di deleghe relative a temi molto, forse troppo cari alla liturgia del PD: penso a questioni di generico coordinamento della vita di partito (Luca Rizzo Nervo coordinatore della segreteria, Sergio Lo Giudice coordinatore dei forum, Rossella Lama coordinatrice delle donne, tema in parte sovrapposto a quello affidato a Daniela Vannini, ovvero diritti civili e di cittadinanza, e infine Simona Lembi - una delle figure politicamente più conservatrici che io abbia incontrato in questi anni - delegata addirittura alla riforma del partito...).

Al tema scuola, università, cultura e ricerca sono dedicate addirittura tre figure, Graziella Giorgi e Fabrizio Festa nell'esecutivo, Matteo Lepore tra gli incarichi di lavoro. Nulla in contrario, per carità: ma è difficile per me non collegare l'enfasi data dal neosegretario - anche in diverse interviste - al tema "cultura" (uno di quelli dove è più arduo distinguere tra indirizzo politico e sottobosco clientelare: vedi il recente caso di Nicoletta Mantovani, al tempo stesso committente pubblico di eventi come assessore, e socio privato di aziende di gestione degli eventi stessi...) con il nulla dedicato a urbanistica, viabilità e trasporti, che al contrario sono argomenti su cui la politica locale è chiamata a scelte nette, e dove non è possibile distribuire incarichi e contentini a pioggia.

Il fatto che Raffaele Donini abbia dichiarato che i temi relativi a trasporti e urbanistica sono saldamente nelle sue mani da un lato può essere rassicurante, ma dall'altro esige da lui una posizione chiara sulle scelte infrastrutturali, e anche sulla questione relativa alla metrotramvia posta da un gruppo consistente di tecnici e politici di area PD (tra cui il sottoscritto), i quali chiedono chiarezza sui costi di esercizio, a fronte della sempre minore disponibilità finanziaria in capo agli enti locali.

Siamo infatti di fronte ad una situazione simile a quella, per capirci, di chi oggi valutasse l'acquisto di una stampante considerando solo il costo della macchina ed escludendo quello delle cartucce di inchiostro che consumerà. Nessun padre di famiglia saggio, come nessun imprenditore accorto, credo accetterebbero di acquistare una macchina, sia pure parzialmente finanziata da fondi governativi, il cui costo di esercizio, altissimo, ricadesse nel tempo sulle spalle della sua famiglia o impresa.

Questo è il punto, cari sostenitori della "necessità di non perdere i fondi" per la realizzazione del metrò, tra cui Maurizio Marchesini, persona che stimo e in più presidente di Unindustria, alla quale sono iscritto come imprenditore. A lui chiedo: se si trattasse della sua azienda, lei accetterebbe davvero di prendersi in carico un macchinario - anche se le venisse regalato, mentre il metrò è finanziato solo in parte - capace di mandarle in crisi i bilanci futuri per la differenza enorme tra costi e ricavi generati? Perché di questo, non di altro, stiamo parlando.

2) POLITICA E MATEMATICA: VITALIZI REGIONALI E BILANCI DELLA FIERA.

Nei giorni scorsi si è parlato ancora del taglio  dei vitalizi ai consiglieri regionali. Come abbiamo dichiarato come Mozione Licciardello, sarebbe compito di una forza riformista come il PD intervenire per primo su situazioni che allontanano troppo i politici dalle condizioni materiali e dai problemi dei comuni cittadini, costretti a versare contributi più alti per periodi più lunghi al fine di maturare pensioni di gran lunga inferiori.

Un consigliere regionale infatti, che già durante il mandato percepisce un lordo di oltre 11 mila euro al mese, per un netto di 7.500 (dalle 3 alle 5 volte uno stipendio normale), e a fine mandato beneficia di una buonuscita da 24.000 Euro, oggi matura in soli 5 anni, e versando meno del 20% di contributi (contro il 30% abbondante di un lavoratore qualsiasi) una pensione che va da un minimo di 1.500 fino a 3.500 Euro al mese. Un introito cumulabile con altri trattamenti pensionistici, elargito già dai 60 anni, che già oggi genera per la Regione un costo di 4.300.000 Euro all'anno, destinati a crescere.

Se vogliamo che la politica torni ad essere un servizio alla collettività, e quindi selezionare persone motivate ed appassionate al bene comune, occorre ridurre privilegi come questo, che rischiano di alimentare ambizioni di carriera che nulla hanno a che vedere con le idee, le competenze e le capacità politiche. Occorre invece recuperare la capacità di capire e interpretare problemi e aspirazioni di tanta parte di società che fa sacrifici per pagare il mutuo o l'università ai figli. Agli occhi di questi cittadini la politica non deve apparire come un'alternativa comoda e ben pagata alla fatica di un lavoro vero, con tanti saluti alla credibilità della politica stessa.

Non tutti però nel PD la pensano così. Prima infatti due consiglieri regionali, il capogruppo Marco Monari e il campione di preferenze Maurizio Cevenini, hanno fatto dichiarazioni secondo le quali - se ho capito bene, ma spero di avere capito male - la credibilità della politica è messa in crisi non dai privilegi, ma dal fatto che sui giornali si parli di ridurli.

Poi è stata la volta dell'ex assessore Duccio Campagnoli, che dal 2012 percepirà dalla Regione una pensione di oltre 4.100 Euro al mese, che in una memorabile intervista al Carlino (sabato 19 giugno, pag. 18) motiva la sua contrarietà al taglio retroattivo dei trattamenti previdenziali privilegiati in questo modo: se un politico facesse ricorso contro detto taglio, la Regione rischierebbe di dover restituire - attenti ai numeri - "il 25% di circa 9.000 Euro mensili di stipendio, che sono circa 3.000 Euro, quindi 40.000 all'anno, e per me che sono stato in Regione per 15 anni sono oltre 600.000 Euro". Un salasso insomma, per quanto un po' gonfiato, da cui il premuroso ex assessore intende preservare l'ente pubblico.

Vasco Errani però fiuta il vento e va avanti con piccole ma simbolicamente significative riduzioni, come il taglio del 10% agli stipendi della giunta (così gli assessori passano dai 13.200 Euro mensili dello scorso mandato a "soli" 12.000 del mandato presente), e come la proposta di eliminare l'indennità di missione, lasciando solo il rimborso delle spese.

Vedremo se riguardo ai vitalizi il PD saprà mettersi nei panni dei propri elettori, che nella stragrande maggioranza lavorano molto di più per guadagnare molto di meno, oppure se ragionerà ancora in modo autoreferenziale, confrontandosi un po' con le regioni meno virtuose, un po' con gli stipendi dei grandi manager privati, e insomma cercando di giustificare la propria indisponibilità ad una cura dimagrante dei costi della politica. Cura di cui non si potrà fare a meno, se è vero, come ci ricorda Gian Antonio Stella, che ogni francese contribuisce al mantenimento dei partiti con circa 1,25 Euro all'anno, ogni tedesco con 1,61, ogni americano con 0,12, ogni italiano con 3,38 negli anni normali, e ben 4,91 negli anni in cui si cumulano i rimborsi per la legislatura interrotta e quelli per la nuova.

Chiudo questo capitolo con i conti della Fiera di Bologna, che registra nel 2009 una perdita di esercizio di quasi 7 milioni di Euro. Ricordo che quando ero consigliere provinciale avemmo un paio di audizioni con l'allora Amministratore Delegato Federico Minoli, ex Ducati, che ci presentò un piano di forte riorganizzazione, orientato al risanamento del bilancio, di un ente che spesso ha dato l'impressione di fare scelte non guidate da logiche di impresa e di efficienza.

Sappiamo come è finita, con Minoli allontanato per divergenze con il presidente, Fabio Roversi Monaco. Il quale credo dovrà dare qualche spiegazione, alla città e agli azionisti (almeno a quelli pubblici, tra cui Comune, Provincia e Regione), su cosa stia facendo per porre un rimedio a questa falla da cui continua ad uscire denaro anche pubblico (pure nel 2008 mi pare che i conti fossero negativi, sia pure per cifre inferiori). Quali sono le manifestazioni in utile e quali in perdita? Perché? Si misura la produttività del personale, dirigenti compresi? Con quali logiche sono scelti i fornitori?

La mia sensazione è che da qualche tempo la Fiera sia diventata un comodo rifugio sia per dirigenti profumatamente pagati, sia per società di servizi protette dalla concorrenza, dove il cattivo risultato economico è trattato come la polvere da nascondere sotto il tappeto, senza che nessuno ne risponda, e dove i consiglieri di amministrazione vengono sostanzialmente pagati (con il lauto gettone, non penso a nulla di illecito) per starsene buoni e zitti senza nulla chiedere e nulla obiettare riguardo la gestione. Il PD ha qualcosa da dire al riguardo? Va tutto bene così?

3) SBALLO NOTTURNO E DIRITTO AL RIPOSO: UN CONFRONTO E UNA RIFLESSIONE.

L'arrivo dell'estate riacutizza il conflitto urbano tra i residenti di alcune vie del centro e i gestori e gli avventori di pub e osterie ubicati nelle stesse vie. Un conflitto che vede contrapposti da un lato il diritto al riposo e al silenzio notturno, dall'altro il desiderio di bere e divertirsi insieme all'interesse degli esercenti a vendere.

Non ho esperienza recente della situazione di via del Pratello, dove pure in passato ho avuto modo di notare episodi di "esproprio alcolico" della via e dei portici da parte di torme di consumatori ai danni di chi volesse semplicemente uscire dal portone e camminare sotto il portico. Ho avuto invece modo di attraversare a tarda sera, fino all'anno scorso, Piazza Verdi e soprattutto via Petroni, dove talvolta gli abitanti erano in difficoltà a tornare al casa, prima per la difficoltà di attraversare la folla con la macchina (senza contare la probabilità di botte e segni, visto il tasso etilico), poi per la necessità di scavalcare bivacchi appostati fino sul portone di casa, e poco propensi a cedere il passo.

Il fatto poi di subire fino alle 3 del mattino il rumore dato dalla somma di centinaia di voci ammassate in pochi metri di strada, e amplificate dallo spazio stretto, configura a mio giudizio una violenza fisica bella e buona. Non capisco quindi il tentennamento del nostro partito riguardo le priorità da salvaguardare e i diritti da anteporre. E il diritto al silenzio notturno e al decoro della strada prevale nettamente, a mio giudizio, sugli altri, che possono venire esercitati nella misura in cui non ledono quelli di rango superiore.

Benissimo volere una città vivace anche di sera. Benissimo favorire l'aggregazione e il divertimento dei giovani. Ma la vivacità non può diventare il pretesto per calpestare il diritto al silenzio e al riposo di altri cittadini. E il divertimento dei giovani non può diventare la foglia di fico con cui si nascondono ripetuti gesti di inciviltà, come lo sballo chiassoso, le bottiglie lanciate, l'urina contro i muri, il vomito sotto i portici.

Riferisco in proposito un'esperienza recente, utile per un confronto. Ero a Parigi per un weekend lungo di vacanza con la mia famiglia lo scorso 21 giugno, solstizio d'estate e giorno in cui nella capitale francese si celebra la Festa della Musica, per cui centinaia di gruppi musicali tengono concerti per le strade, nelle piazze, lungo i marciapiedi, fuori e dentro i locali. Pensando ai problemi che una iniziativa simile avrebbe comportato a Bologna, mi sono messo dopo cena a girare per strada, nella zona di Montmartre, curioso di come sarebbe stato gestito il conflitto tra il bistrot con il dehor organizzato a palco musicale, e gli inquilini dei palazzi soprastanti. Anche perché il depliant di presentazione dell'iniziativa parlava di musica fino all'alba, e di biglietti validi tutta la notte sulle reti del metrò, dei bus e della RER.

Per quanto ho potuto vedere le cose sono andate così. Mentre fino alle 23.30 ad ogni angolo di strada risuonava un motivo, un ritmo, una melodia, un fracasso,  tra le 23.30 e la mezzanotte tutte le iniziative all'aperto (concerti, spettacoli, danze, distribuzione di birra e vino fuori dai locali) sono terminate e nelle strade è sceso il silenzio. La festa della musica è effettivamente continuata, ma dentro ai locali, mentre nelle piazzette e lungo i marciapiedi i gruppi hanno raccolto armi e bagagli e hanno lasciato campo libero. Idem i gestori dei pub e delle brasseries, che hanno smontato i tavoli su cui avevano servito in strada salsicce e birra, e si sono ritirati all'interno.

Di certo qualcuno si sarà ugualmente lamentato, perché qualche gruppo vociante o qualche risata ad alto volume scappa sempre in questi casi. Ma vi assicuro ch la sensazione è stata quella di un ordine non scritto, ma spontaneamente eseguito da tanti e negli stessi minuti, in nome del rispetto delle regole di convivenza urbana. Una ricetta semplice ma efficace, che ne dite?

Credo pertanto che abbia ragione l'amico Paolo Serra, che sull'Unità del 16 giugno ha scritto: "(...) Proviamo a fare una simulazione sostituendo i locali notturni con un'altra attività economica conflittuale con i residenti, ad es. officine di riparazione motociclette. Che succederebbe se i meccanici pretendessero di lasciarle sotto i portici col motore acceso per collaudarle? Gli artigiani sarebbero dichiarati responsabili di rumori molesti, inquinamento atmosferico, ed occupazione abusiva di suolo pubblico ed immediatamente sanzionati. Qualsiasi attività economica ricade sotto lo stesso tipo di leggi e regolamenti. Dalle osterie, al posto di motorini accesi, esce troppo spesso un tipo di prodotto, esseri umani non in possesso di tutte le facoltà mentali (infatti è loro proibito guidare un veicolo), che ha goduto di uno storico privilegio: se ne deve far carico esclusivamente la comunità, mentre il "produttore" può infischiarsene. (...) Per questo non c'è alternativa alla progressiva responsabilizzazione dei proprietari dei locali iniziata ai tempi di Cofferati. La porta dell'osteria e la relativa responsabilità del gestore va spostata progressivamente verso l'esterno, sia singolarmente sia sotto forma di consorzi di gestori, per recuperare un decente tasso di civiltà. Chi gestisce locali di questo tipo deve rassegnarsi ad allargare l'orizzonte del suo vecchio conto costi-benefici (cioè i benefici economici a lui ed i costi sociali alla comunità) e dotarsi degli strumenti adatti ad ottenere un riequilibrio nei rapporti con la sua clientela e con i cittadini".

4) GERMOGLI DI SPERANZA: GIOVANI PDL SICILIANI, SALVATORE CARONNA, PAPA BENEDETTO.

Chiudo questa nota con 3 notizie molto eterogenee tra loro ma accomunate dall'apparirmi germogli di speranza.

La prima ha per protagonista Mauro La Mantia, 29 anni, laureando all'Università di Palermo e presidente dei Giovani del Popolo della Libertà della Sicilia. Un militante del partito di Berlusconi dunque, che però, davanti alle affermazione di Marcello dell'Utri, che ha ripetuto di considerare un eroe Vittorio Mangano, lo stalliere assunto da Berlusconi di cui sono stati accertati i legami con la mafia, si ribella e dice: "Questa definizione rischia di inquinare la mente dei giovani siciliani. Vorremmo sentire da Dell'Utri che il suo eroe è Paolo Borsellino".

La seconda riguarda l'europarlamentare e compagno di partito Salvatore Caronna, che dopo un anno di lontananza dal consiglio Regionale, intervenendo a metà giugno ad una festa dell'Unità, ha rilanciato temi importanti e condivisibili, come la necessità di avere "una sola fiera e un solo aeroporto" a livello regionale. Certo sarebbe stato meglio se questa lucidità e chiarezza di obiettivi lo avesse contraddistinto durante il suo mandato di consigliere regionale, e ancora di più di segretario regionale del PD, che essendo il partito al governo praticamente in tutti i territori dell'Emilia Romagna, gli avrebbe forse consentito una maggiore efficacia, su questi temi, di quanto non possa averne ora da Bruxelles. Ma è comunque una buona notizia che, dopo anni di silenzio sulle grandi questioni amministrative del nostro territorio, anche il nostro Salvatore stia riportando al centro del dibattito politico questi temi. Bisogna che altri lo seguano, da via Aldo Moro, magari senza attendere di approdare al parlamento Europeo.

La terza riguarda il papa Benedetto XVI, che nel giorno dei santi Pietro e Paolo (29 giugno), fondatori della Chiesa, parlando delle persecuzioni a cui la chiesa è costantemente sottoposta, e della certezza che su di essa non prevarranno le forze del male, spiazza i teorici del complotto anticattolico affermando che il pericolo maggiore per la fede non viene da nemici esterni, ma dal peccato interno alla Chiesa. Se penso che il cardinale Biffi si irritò con Giovanni Paolo II quando lo sentì chiedere perdono per gli errori (non disse peccati) commessi dalla Chiesa nella storia, posso immaginare che effetto devastante possano avere oggi queste parole del papa - per altri versi tradizionalista e conservatore - sui moderni clericali, che identificano seccamente la gerarchia ecclesiastica con la verità della fede e vedono in ogni ammissione di errore storico un cedimento al Maligno.

Mi sembra di poter constatare che questo papa, in materia di pulizia interna alla Chiesa, stia facendo alcune scelte e affermazioni di inaudito rigore: commissariamento di compagnie religiose, sostituzione di vertici episcopali e vaticani, lettere pubbliche di condanna dell'omertà e di invito a non sottrarsi alla giustizia terrena, richiamo al "bastone" per i comportamenti indegni, ecc. Scelte ed affermazioni che segnano un deciso sganciamento dalla lettura apologetica portata avanti da alcuni difensori interessati della "cristianità", i quali sostengono che lo scandalo pedofilia (ed altri minori, ma ugualmente gravi, come le complicità con affari poco trasparenti) sono tutte montature ordite da nemici della fede e negatori di Dio (si veda ad esempio Marcello Pera sul Corriere dello scorso 17 marzo, che sotto il titolo "Un'aggressione al papa e alla democrazia" apre così il suo ragionamento: "Caro direttore, la questione dei sacerdoti pedofili o omosessuali scoppiata da ultimo in Germania ha come bersaglio il Papa"). Faccio notare che tali zelanti "difensori" della fede cattolica rischiano di essere oggi i principali sabotatori della chiesa stessa, e di farsi bestemmiatori del nome di Dio, schierandolo a difesa di ciò che è indifendibile sia sul piano umano che cristiano.

In proposito mi ritrovo in quanto ha recentemente scritto l'amico Marco Calandrino: "Alla luce di quanto sta emergendo, credo sia necessaria un'operazione di verità dentro la Chiesa cattolica e dentro la comunità cristiana. (...) I fatti ci pongono un grande e angosciante interrogativo: come è potuto accadere? Di che cosa è frutto tutto ciò? Singoli pervertiti e criminali? O un fenomeno più diffuso e "strutturale"? Lo scandalo è il non avere denunciato i colpevoli alle autorità civili e alla magistratura, è il non avere posto in essere azioni che avrebbero potuto impedire il reitearsi del reato (che senso ha spostare un sacerdote da una parrocchia a un'altra, lasciandolo a contatto con minori?), è l'avere talvolta "coperto" certi criminali (perché chi commette violenza sessuale su un bimbo è un criminale). Dobbiamo affrontare il tema del rapporto fra l'Autorità Ecclesiastica e le leggi degli Stati, la Magistratura, la giustizia terrena: è su questo che serve chiarezza, verità storica ed onestà intellettuale. (...) A mio parere la pedofilia è una perversione e un crimine, e non è in correlazione con altri temi: celibato dei preti e/o omosessualità. Il tema è serio".

E' talmente serio che a mio giudizio non si deve fare l'errore di declassarlo a problema esclusivo "della Chiesa". Sono centinaia di migliaia infatti i nostri concittadini che frequentano abitualmente mete turistiche, soprattutto in estremo oriente, dove la principale attrattiva è data dal poter abusare sessualmente di bambini e bambine. E temo siano ancora in diversi a pensarla come la pensava una ventina di anni fa Niki Vendola, oggi stimato (anche da me) leader di sinistra, ma allora convinto sostenitore della pedofilia come espressione di libertà sessuale, quando dichiarava (su Repubblica del 19 marzo 1985) cose simili a quelle recentemente dette dal cardinal Bertone, sia pure dandone un giudizio opposto, a proposito dell'analogia tra omosessualità e pedofilia: "Libertà comunista è dinamismo, è contaminazione, con le nostre coscienze e i nostri corpi, è buttarsi nella mischia. Io l' ho fatto, sono diventato coscientemente omosessuale, per poi recuperare l'eterosessualità, per poi trovar la sessualità, senza aggettivi. ... Certo l'età conta, ognuno forma la propria cultura in un momento storico preciso. Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti - tema ancora più scabroso - e trattarne con chi la sessualità l'ha vista sempre in funzione della famiglia e dalla procreazione".

Se siamo convinti che la pedofilia, a differenza dell'omosessualità, sia un crimine, bisognerà fare chiarezza e mettere ordine, anche nelle nostre visioni culturali e nelle nostre mappe valoriali, tra ciò che è espressione di libertà da tutelare e ciò che è abuso violento da reprimere, e bisognerà essere coerenti con questa distinzione, iniziando a colpire con durezza e con la forza della legge anche il consumo sessuale di minori, quotidianamente organizzato sia da operatori turistici dei nostri civilissimi paesi occidentali, sia nelle nostre periferie (vedi la lettera-denuncia di Cecilia Laudisio sul Corriere del 12 giugno riguardo le baby prostitute di piazza Aspromonte a Milano).

Mi scuso per la solita lunghezza, e vi saluto tutti: parto infatti per un periodo di ferie, sarò di nuovo on line da metà luglio. Buona estate a tutti.

Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it

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