Quanto è successo alle primarie va superato, nella verità. Si è trattato di un errore, e questo va riconosciuto. Un errore pilotato dall'esterno, e finalizzato a un obiettivo chiaro: privare di rappresentanza un'area, escludere dal nuovo pacchetto di parlamentari PD una figura libera, autonoma e competente, difficilmente riconducibile ad una linea di conformismo e di obbedienza. Obiettivo raggiunto. Abbiamo fatti e dichiarazioni in questo senso. Non possiamo ignorarle.
Ma guardiamo al futuro. Iniziando da una domanda.
Quando è nato il PD? 5 anni fa, ottobre 2007, oppure 90 anni fa, nel gennaio 1921, data di nascita del PCI, "una storia che continua oggi, dopo tanti cambiamenti", come scrive Andrea De Maria?
La domanda è stata posta da Claudia Castaldini, membro dell'esecutivo provinciale con delega ai temi ambientali, fresca di dimissioni. Ma è una domanda che iniziamo a farci in tanti, dopo aver visto l'esito delle primarie e soprattutto le liste per Camera e Senato.
"...Se il PD prende la strada di escludere delicatamente ma insistentemente e progressivamente le componenti diverse, allora abdica al suo stesso ruolo e ragione di esistenza", concludeva Claudia.
Condivido purtroppo questa analisi.
Anche per quello che vedo io, qui a Bologna il PD ha scelto di essere la prosecuzione del PCI-PDS-DS con qualche innesto di figure esterne, a patto che rinuncino alla loro autonomia, si adeguino alla "ditta" e non pretendano di incidere sulla linea. Sono figure catalogabili in 3 categorie:
1 - post democristiani legati da ferrei patti spartitorii, detentori di quote garantite sia pur minoritarie, e in forza di questo divenuti strenui difensori della ditta in quanto tale.
2 - giovani senza storia politica (sono nati dopo...) e soprattutto senza mestiere, che diventano servitori della ditta particolarmente fedeli.
3 - "figurine Panini" (come le definii io) tipo "l'economista liberista", "la figura cattolica", "l'imprenditore", "l'immigrato", ecc., figure isolate e irrilevanti che accettando di candarsi (è sempre un onore) permettono alla ditta di fregiarsi di una (falsa) pluralità. (Storia di Marco Guerra, LUDOVICO - ORSINI, invitato a non fare campagna, sedi negate per incontri).
Sento la necessità di una rappresentanza politica diversa da quella che sta assumendo il PD.
Ma sento una necessità ancora più urgente di svolta sui contenuti, ovvero sulla proposta programmatica. Faccio l'esempio dei convegni sul lavoro (conferenza programmatica, seminari, forum...), dove come relatori troviamo politici, sindacalisti, docenti universitari. Nessuno che abbia mai lavorato in una azienda. Così escono poi le chicche come quelle di Gallino (professore di Bologna, ideologo CGIL) che classifica il part time femminile come precariato (e invece è una conquista fragile, che consente di conciliare lavoro e famiglia, ma ancora penalizzante per le aziende), e quelle di Palladini (professore di Roma, consigliere di Fassina) che cataloga l'IRAP come tassa sui redditi di impresa (mentre tassa il numero di dipendenti). Per non parlare della lotta al precariato (dualismo del mercato del lavoro difeso da sindacati di pensionati, ecc).
L'impressione è che noi stiamo affidando la guida del paese a una classe dirigente che dice di voler dare priorità al lavoro ma non conosce le dinamiche del lavoro, non le frequenta, non le vive. Come affidare la pittura di un quadro a un daltonico, o la direzione di una enoteca a un astemio. In materia di economia e di lavoro noi stiamo facendo proprio questo (basta un'occhiata alle liste). Non gente cattiva, semplicemente "ignara" della materia, e affezionata ad una retorica "laburista" sostanzialmente inutile.
Personalmente vorrei che i miei figli potessero trovare lavoro in Italia, magari anche a Bologna, e andare all'estero per scelta e non per necessità. Vorrei che il mio tempo dedicato alla politica servisse, da ora in poi, soprattutto a creare le condizioni (culturali e politiche) per generare e redistribuire ricchezza mediante il lavoro. Personalmente mi sono convinto che a Bologna si sia cristallizzato un sistema chiuso di interessi e di scambi finalizzato a garantire nomine, appalti e voti agli "amici", e di farlo a costo di bloccare lo sviluppo e paralizzare la città, da ormai 20 anni. Questo sistema va svelato, combattuto e rimosso (o almeno ricondotto a pubblica utilità).
Per questo, personalmente, sono in cerca di una compagnia di azione politica che abbia una chiara identità riformista, non solo sui temi nazionali, ma anche locali. Un gruppo disponibile a una battaglia di cambiamento, a partire da Bologna. E credo che il mondo che si è mobilitato dietro a Renzi possa essere un bacino di pescaggio adatto per formare questa compagnia, indipendente-mente da quello che farà Renzi (in questo momento e per questo scopo non ci interessa).
Mi basta il fatto che il programma di Renzi ha costituito, nei mesi scorsi, un motivo di aggregazione tra persone che si sono trovate in sintonia su certi temi riformisti. Molte di queste persone non hanno appartenenza partitica, non erano abituate a occuparsi di politica, ma si sono mobilitate, hanno dato prova di disponibilità a impegnarsi, a mettere del proprio per una causa comune.
Queste persone sono a mio giudizio un patrimonio prezioso, da non disperdere. Perché rappresentano una opportunità di rinnovamento della politica, soprattutto a Bologna dove PD è sinonimo, oggettivamente, di conservazione. Vorrei quindi che potessimo offrire a queste persone un luogo dove raccogliersi e confrontarsi, una rete per tenersi in contatto, uno strumento per incidere almeno sulla politica locale.
Non mi imbarazza affatto che qualcuno mi accusi di voler fare una corrente, o un'area, o comunque qualcosa che abbia una consistenza, una organizzazione, e possa essere utilizzato per una azione politica. Non la considero una accusa, anzi al contrario: di uno strumento per un'azione politica riformista e insieme ancorata agli ideali di solidarietà e uguaglianza c'è un grande bisogno.
La mia proposta è dunque quella di costruire una rete, organizzata nel senso di presente sia sul territorio, sia nei diversi ambienti (sociali, economici, culturali) di Bologna, con 3 obiettivi precisi:
1) Riallargare i confini della rappresentanza del centrosinistra, per correggere la piega identitaria e di continuità con le radici PCI impressa dagli ultimi passaggi del PD, tenendo alta la bandiera riformista e la vocazione inclusiva, e lavorando nel PD ma anche fuori dai confini stretti di partito.
2) Rimettere al centro il lavoro in tutte le sue accezioni: subordinato, autonomo, di impresa, di cura. Questo vuol dire ridefinire radicalmente, a sinistra, il significato della parola "lavoratori", includendovi figure finora escluse (come le partite iva), ed escludendo figure finora immeritatamente incluse (come i dirigenti ASL in malattia ai Caraibi). Questo vuol dire anche bilanciare, nel partito e nelle istituzioni, professionisti della politica con lavoratori temporaneamente prestati alla politica (ricambio e compresenza tra insider e outsider).
3) Iniziare una "operazione verità" su Bologna, su scelte (o non scelte) della politica locale: fare luce su interessi, vincoli, relazioni che condizionano o bloccano l'azione amministrativa (vedi la paralisi in campo infrastrutturale), domandandoci "chi è che governa davvero Bologna?" e iniziando da qui a combattere rendite, clientele e costi improduttivi, per rilanciare il merito, l'impegno, lo spirito di iniziativa.
Chiedo a voi di esprimervi su questa proposta, per capire se la condividete e se siete disposti a impegnarvi per portarla avanti.