Andrea De Pasquale

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PD e Primarie: ancora non ci siamo

PD e primarie: 3 considerazioni e un'ombra


Bologna, 4 dicembre 2008

Si avvicina il 14 dicembre, giorno in cui il PD chiama i suoi elettori a esprimersi sul candidato a sindaco di Bologna, e come prima considerazione desidero far notare ai tanti critici, soprattutto di altre forze politiche, che il PD, con tutti i suoi difetti, è per ora l'unico partito che a Bologna ha avuto il coraggio di percorrere la strade delle primarie, e di sopportare i rischi e i costi (politici e umani) di questo sano quanto duro momento di competizione interna. Poi è vero che siamo all'inizio, e che il nostro partito ancora non riesce a comportarsi da arbitro, nè a sentirsi a suo agio in una gara aperta, ma avverte all'opposto il bisogno di "dare indicazioni" come classe dirigente al suo popolo, e quindi di indicare "il percorso", che tradotto in italiano significa "il nome del candidato ufficiale del partito". Ne deriva che il 14 dicembre l'elettorato del PD verrà soprattutto chiamato ad esprimersi sulla linea tracciata dal partito, più che ad effettuare una scelta su un foglio bianco. Ma se l'alternativa a queste primarie "imperfette" è tornare alla scelta nel chiuso della segreteria di partito, ben vengano primarie anche evidentemente "squilibrate", che rappresentano pur sempre un passo avanti nella direzione di un partito meno presuntuoso, meno convinto di dover pilotare un elettorato con l'anello al naso, e più disposto a rimettere al suo "popolo" la sovranità sulle scelte fondamentali, senza risultati scritti in anticipo. Ancora non ci siamo, ma sono convinto che ci arriveremo.

La seconda considerazione riguarda il diverso peso che molti dirigenti del PD attribuiscono al fattore "nome" e al fattore "proposte programmatiche" nel ragionamento con cui approcciano le primarie. In proposito risulta illuminante  una intervista rilasciata dal segretario regionale Caronna a un quotidiano locale nei giorni scorsi, nella quale dichiarava apertamente la propria indifferenza rispetto alle posizioni programmatiche espresse dai candidati (sulle infrastrutture, sugli assetti territoriali, sui conflitti tipo il Pratello...), ma insieme dichiarava il proprio aperto schieramento a favore di un candidato. In altre parole: per le proposte concrete, per cosa fare a Bologna, c'è tempo, si vedrà, non è importante adesso. Sui nomi invece "sarebbe tartufesco", afferma Caronna, stare equidistanti. Peccato che sia vero l'esatto contrario: un partito dovrebbe essere netto sulle idee e le proposte, e aperto ed equidistante sui nomi. Invece concentrare lo sforzo di chiarezza sui nomi (anzi, sul nome), e nello stesso momento dichiarare irrilevanti le proposte, significa ammettere di avere a cuore non i contenuti dell'azione politica e amministrativa, ma gli assetti, ovvero l'incastro tra cordate da sistemare e poltrone disponibili. E non è una bella ammissione.

La terza considerazione
riguarda i candidati: concordo con quanti osservano che sarebbe bello poterli "smontare" per prendere da ciascuno le parti migliori e ricomporle in un "candidato ideale" costruito come un mix di tutti e quattro. Siccome l'ingegneria politica non arriva a tanto, occorre esprimersi su quanto ci offre la natura e la storia. Delbono era partito come mio candidato naturale per provenienza e competenza, e resta persona certamente dotata sul piano amministrativo, ma di fatto per le modalità con cui è stato presentato e con cui viene sostenuto è diventato il simbolo di quanto le primarie non dovrebbero essere, ovvero un avallo di scelte compiute (in 36 ore) dal vertice, e chi non ci sta viene additato come un pazzo oppure un traditore. Di Cevenini ho già detto e confermo: la sua vocazione credo sia diversa da quella di sindaco. Rimangono quindi Merola e Forlani, che nelle ultime prese di posizione e sottolineature risultano più vicini (per la chiarezza programmatica, per l'attenzione rivolta alle piccole cose che fanno bella o brutta una città, per il taglio "civico" e concreto dei loro interventi), cosa che renderebbe plausibile la scelta di unire le forze. Pur riconoscendo a Merola uno stile capace di fare squadra, e il merito essenziale, con la propria candidatura, di aver reso un servizio di laicità e maturità al nostro partito, rendendo più vere e interessanti queste primarie, ritengo più corretto e coerente da parte mia mantenere il sostegno ad Andrea Forlani, che tutto sommato diceva già lo scorso maggio, rispetto all'amministrazione Cofferati, cose che altri hanno iniziato a dire solo dopo il gran rifiuto del sindaco in carica. Siccome credo che il coraggio della verità, la capacità di esporsi e la chiarezza programmatica siano un valore di cui la politica, anche bolognese, ha grande bisogno, confermo la mia preferenza al presidente del quartiere Santo Stefano.

Prima di chiudere non posso tuttavia trascurare un'ombra che accompagna questa campagna per le primarie. Si tratta dello strano fenomeno per cui nei giorni scorsi molti bolognesi (alcuni di mia diretta conoscenza) hanno ricevuto a casa propria, e intestate al proprio nome, lettere elettorali da parte di un candidato (guardacaso, quello sostenuto dal vertice del partito) spesso senza nemmeno essere iscritti al PD, ma avendo semplicemente votato alle primarie del 14 ottobre 2007. Siccome le regole che ci siamo dati prevedono che gli elenchi degli iscritti (a Bologna circa 13.000) siano soltanto consultabili presso i circoli, con divieto di trarne copia fotostatica o elettronica, mentre addirittura gli elenchi dei votanti alle primarie (circa 45.000) sono riservati e indisponibili, il fenomeno suddetto, se non chiarito, costituisce un problema serio. Non una "bega da cortile", nè una "sterile polemica personale", come si affannano a definirla alcuni dirigenti, ma un pericoloso precedente che non potrà non avere conseguenze nel tempo.

Davanti al fatto che nella buchetta e nella posta elettronica di molti simpatizzanti del PD siano materialmente arrivati, nominativamente connotati, materiali promozionali di uno solo dei candidati, vedo tre spiegazioni possibili.

A - i promotori del candidato interessato hanno setacciato gli elenchi disponibili presso i circoli per ricopiarne nomi e indirizzi. Ma non si ha notizia di questa massiva azione da amanuensi, né tale azione spiegherebbe il recapito di buste con nomi e cognomi di destinatari che hanno avuto, come unico rapporto col PD, il voto del 14 ottobre 2007 (cosa della quale ho anche in famiglia qualche evidenza).

B - i destinatari di tale pubblicità elettorale non si ricordano di avere avuto in passato rapporti diretti con il candidato, che li ha contattati in forza di una relazione diretta. Mi pare una spiegazione improbabile, visti i numeri.

C - qualche dirigente del PD, preso da sacro zelo per la causa, ha passato al comitato promotore del candidato in questione l'elenco dei votanti alle primarie, che è stato utilizzato magari a insaputa dello stesso candidato. Penso che sia la spiegazione più realistica. Che avrebbe dovuto spingere i responsabili ad una serena ammissione: abbiamo sbagliato, chiediamo scusa. Sarebbe stato un modo signorile e leale per chiudere l'incidente e al tempo stesso contenerne gli effetti.

Invece sia il candidato interessato, sia la Commissione di Garanzia per le primarie del PD hanno scelto una strada diversa. Hanno cioè dichiarato il primo, e preso atto la seconda, che "non vi è stata alcuna violazione delle regole". Si tratta di una dichiarazione impegnativa, e piuttosto rischiosa, dato che sia il buonsenso, sia il regolamento di autodisciplina (articolo 6), dicono che: "... la Commissione di Garanzia (...) può prescrivere che, in caso di mancata adozione delle misure impartite, i candidati ai quali è attribuibile la violazione, siano esclusi dalle Elezioni e dichiarati decaduti nel caso siano stati eletti". E un partito che ci tiene alla propria credibilità non può permettersi di scrivere certe regole e poi di lasciare che vengano calpestate senza battere ciglio, e senza applicare i provvedimenti che il partito stesso ha stabilito.

Siccome non credo che all'interno del PD (e tantomeno al di fuori) ci siano molte persone disposte a credere alla Fata Turchina e a Mago Merlino, il fenomeno del recapito postale misterioso resta un oggettivo punto oscuro nel percorso verso le primarie, che non può essere liquidato come “polemiche strumentali, che colpiscono l’onorabilità e l’immagine personale di un candidato su questioni tutte da dimostrare". I fatti stanno lì, nudi e crudi. Quello che resta da dimostrare non sono i fatti, ma il processo che li ha determinati. Ovvero occorre spiegare quale combinazione astrale o quale forza paranormale abbia provveduto a distribuire migliaia di lettere, cartacee ed elettroniche, a persone la cui identità e il cui recapito non potevano né dovevano essere a disposizione di un candidato alle primarie. L'onorabilità e l'immagine che rischiano di essere calpestate sono quelle del partito, se non saprà, o non vorrà, fare rispettare le regole che si era date.

E la cosa più grave, cari amici, non sarebbe tanto l'indebito vantaggio per il candidato che avrebbe utilizzato risorse negate agli altri (cosa che si potrebbe risolvere "in famiglia", con un riconoscimento dell'errore e un qualche atto di riequilibrio), ma la scelta del partito di mentire. Perché negare la verità (parlo di quella storica e fattuale, con la "v" minuscola, ma proprio per questo importante e in certo senso "sacra") è sempre una pessima scelta, anche in politica.
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