Andrea De Pasquale

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Passante Nord, multe, primarie, e sostegno a Vassallo e Gieri: Bologna e dintorni, dicembre 2012

Bologna, 27 dicembre 2012

Cari amici,

eccomi alla mia nota periodica sulla politica bolognese. Trovate le note precedenti sul mio sito. Rammento che per non ricevere questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista, mentre se avete amici interessati segnalatemi la loro e-mail.

5 gli argomenti di questa uscita "bimestrale" (novembre e dicembre):

1) PASSANTE NORD: "ADAGIO CON RINVIO" (E LETTERA UE SVELATA)

2) MULTE E CONTROLLI STRADALI: NUMERI E PRIORITÀ.

3) PRIMARIE DI IERI: L'AFFERMAZIONE DEL "RECINTO"

4) PRIMARIE DI DOMANI: DA NOMINATI A DEROGATI?

5) IL MIO SOSTEGNO A SALVATORE VASSALLO E VIRGINIA GIERI

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1) PASSANTE NORD: "ADAGIO CON RINVIO" (E LETTERA UE SVELATA)

Il 30 novembre scadeva "l'ultimatum" per l'impiego dei 1.300.000.000 € dedicati al Passante autostradale di Bologna. Il termine è trascorso senza che sui giornali ne venisse data notizia. Cosa è accaduto nel frattempo? In sintesi, è accaduto che gli Enti locali hanno presentato una controproposta al progetto di "Passante corto" ufficializzata lo scorso 20 agosto da Autostrade, e questa si è presa tempo fino al 20 di gennaio per esprimersi. Ma vediamo passo dopo passo lo svolgersi degli eventi.

Venerdì 9 novembre si è tenuto l'incontro pubblico, organizzato da Il Mosaico, "Passante Nord: a che punto siamo?" L'incontro è stato integralmente ripreso, e trovate i video dei vari interventi a questo link (grazie ad Andrea Turchi). 

Consiglio soprattutto di ascoltare i 21 minuti della relazione iniziale, di Rudi Fallaci, che racconta l'origine del Passante come progetto territoriale, per collegare al resto del Paese quella "città diffusa" da circa 200 mila abitanti sparsi nella "bassa bolognese" tra San Giovanni, San Giorgio di Piano, Budrio, ecc. (di fatto la seconda città della Regione, più grande di Parma), sede dei principali insediamenti industriali del nostro territorio, mal servita dall'impianto radiale degli assi storici (stradali e ferroviari).

In quell'incontro, oltre a ricostruire lo stato dell'arte del Passante, abbiamo dato lettura collettiva della famosa lettera (finora mai resa pubblica) dell'Unione Europea di luglio 2010 (la trovate a questo link), ovvero quel documento che, nella versione offerta dalle istituzioni locali, avrebbe bocciato il tracciato originale chiedendone una drastica riduzione (*). Con questa bocciatura è stato giustificato tutto, anche la vicenda un po' tortuosa e opaca del nuovo progetto di "Passantino" presentato da Società Autostrade in agosto, la cui esistenza era stata seccamente smentita da Provincia e Regione ad aprile.

Ebbene, il testo della lettera (ottenuta con qualche difficoltà) dimostra invece che l'Unione Europea non prescrive, ma prende atto di un nuovo progetto, a lei presentato il 10 giugno 2012 (a quanto si capisce dallo stesso dr. Crocco, funzionario ministeriale a cui la lettera è indirizzata). Questo progetto interpreta il concetto di "variante all'attuale percorso autostradale" non come "spostamento", ma come "strumento ausiliario", ovvero aggiuntivo rispetto all'attuale, "la cui sede e la cui natura rimangono immutate", e dice inoltre che "la tariffa applicata sarà la stessa attualmente utilizzata dal concessionario" (cosiddetto "isopedaggio", ovvero si paga uguale in entrambi i percorsi).

L'aggettivo "ausiliario" è sostanziale: l'obbiettivo non è più quello di "spostare" l'autostrada dall'attuale sede (in mezzo alla Tangenziale) in una nuova, più vicina alle industrie e più lontana dall'abitato di Bologna (lo stesso Amministratore Delegato di Società Autostrade a fine 2007 parlava, a proposito del Passante, di una "variante intesa come spostamento dell'autostrada attuale"). Ora invece l'autostrada resterebbe dov'è, e il Passante sarebbe solo un "braccio ausiliario", aggiuntivo, di sole 2 corsie (non più le 3 del progetto originale): salta quindi il raddoppio della Tangenziale (che sarebbe diventata a 4 corsie), come salta anche il sovra-pedaggio per finanziare il Servizio Ferroviario Metropolitano.

Quindi, se capisco bene, da oltre 2 anni le nostre istituzioni (Regione, Provincia, Comune) sapevano di questa rinuncia, evidentemente contenuta nel "nuovo progetto di Passante" inviato "a" Bruxelles (non "da" Bruxelles). E non solo non hanno - a quanto sappiamo - sollevato obiezioni, ma hanno chiuso in un cassetto questa lettera, avallando una sua lettura strumentale (comoda soprattutto a Società Autostrade), che per anni ci ha raccontato che il Passante originario non si poteva fare perché la UE lo aveva bocciato.

Martedì 13 novembre si è tenuto il secondo incontro del Forum "Territorio sostenibile" del PD dedicato al Passante, alla presenza (più volte richiesta e più volte rinviata) dell'assessore regionale Alfredo Peri, il quale, ad una mia domanda sulla lettera, ha risposto che la Regione ha sempre fatto fronte comune con le amministrazioni locali per ribadire che non avremmo accettato un progetto di Passante che non includesse un significativo potenziamento della Tangenziale. Ha inoltre affermato che la lettera era di pubblico dominio (eppure per noi è stato piuttosto difficile averla...), e che il progetto a cui la lettera fa riferimento (del 10 giugno 2010) lui non l'ha e non gli interessa nemmeno (ha invitato me a fare una richiesta di accesso agli atti del Ministero). Ho domandato se di questo dissenso della Regione rispetto alla mancata banalizzazione della tangenziale vi sia qualche traccia scritta, nei 28 mesi trascorsi, se insomma esistano atti (lettere, pareri, ordini del giorno...) riguardo a questo tema; mi ha risposto che nulla è stato messo per iscritto, perché non ce ne è stato bisogno, ed è stato sufficiente per lui (testuale) "guardarmi negli occhi con Castellucci" (l'Amministratore Delegato di Società Autostrade).

Peri infine ha confermato che entro il 30 novembre (data dell'ultimatum) avrebbero presentato un progetto di Passante con tracciato intermedio tra quello "largo" dell'origine e quello "stretto" caro ad Autostrade, ma per il resto con caratteristiche coincidenti con quello di Autostrade: due corsie per senso di marcia; "isopedaggio" (ovvero nessun finanziamento al SFM); niente fascia di mitigazione ambientale ("Ne discuteremo solo se troviamo l'accordo sul tracciato..." si è giustificato l'assessore); dismissione dell'attuale Terza Corsia Dinamica; due diversi limiti di velocità (130 sul Passante, 90 sul vecchio tracciato).

Insomma, nemmeno l'ombra dei contenuti del progetto originario, che prevedeva 3 corsie per senso di marcia, la totale liberalizzazione della tangenziale (raddoppiata a 4 corsie) e del tratto di A13 tra Arcoveggio e Interporto; che aveva ottenuto la condivisione di tutti gli enti locali (Regione, Provincia e Comuni, i cui strumenti urbanistici si sono attenuti a quel tracciato) e l'approvazione formale di Anas - Autostrade; che garantiva una forte compensazione ambientale (ampia fascia boscata su ogni lato, e lunghi tratti in trincea a tutelare il paesaggio) e il sovra-pedaggio per finanziare il trasporto ferroviario locale.

Infine venerdì 21 dicembre a Roma si è tenuto un vertice tra le istituzioni locali, il Governo e Autostrade, nel quale quest'ultima chiede "un ulteriore approfondimento" sulla controproposta presentata a fine novembre dagli enti locali, e viene fissato il termine del 20 gennaio 2013 per una decisione definitiva.

In attesa del 20 gennaio, possiamo tuttavia già trarre una morale chiara: la decisione sarà quasi irrilevante per i problemi di Bologna. Infatti, che si faccia il "Passantino" o non si faccia nulla, in ogni caso ci terremo l'autostrada in mezzo alla tangenziale, non avremo nessuna fascia di mitigazione ambientale né alcun gettito per finanziare l'esercizio del Servizio Ferroviario Metropolitano. Il "bilancio territoriale" del Passante, già in bilico con il progetto del 2004 (dato il forte consumo di territorio agricolo richiesto, pari a centinaia di ettari), senza quei benefici per le nostre comunità locali diventa oggi irrimediabilmente negativo. Ma la cosa peggiore, a mio giudizio, è che se a Bologna ci terremo la tangenziale intasata diverse ore al giorno e non avremo soldi per far girare i treni locali, lo dobbiamo non alle procedure arcigne della UE, o all'ostilità di forze oscure, ma alla scelta (da oltre 2 anni) di dirci mezze verità e tenere una linea approssimativa ed opportunistica, che ha come scopo poter dire ogni mattino, rivolti ai costruttori, "Vedi quanto siamo decisi a fare il Passante?", e ripetere ogni sera, rivolti ai territori, "Vedi quanto siamo inflessibili sui principi?"

Forse non è un caso se, con questo metodo, da 25 anni a Bologna non si realizza una sola opera significativa di mobilità.

(*) NOTA. La riduzione del tracciato era stata giustificata al fine di poter considerare il Passante una "variante", non una "nuova autostrada", opera che, richiedendo una gara tra concessionari, avrebbe fatto saltare lo scambio con Società Autostrade, titolare della concessione sull'attuale tracciato, la quale solo se certa di avere la concessione del nuovo Passante avrebbe ceduto l'attuale autostrada e permesso il raddoppio della Tangenziale.


2) MULTE E CONTROLLI STRADALI: NUMERI E PRIORITÀ.

Diversi quotidiani di Bologna hanno pubblicato, tra fine ottobre e primi di novembre, alcuni dati relativi alle multe stradali nel Comune di Bologna. I dati mi sono sembrati interessanti e degni di una riflessione.

Innanzitutto i numeri: in un anno (tra settembre 2011 e agosto 2012) sono state comminate a Bologna 545.000 multe, quasi 1.500 al giorno. Benché i numeri siano molto alti, la tendenza appare in calo: si tratta infatti di 38.000 sanzioni in meno dell'anno passato (circa 100 al giorno in meno).

Ma vediamo i dettagli, in multe all'anno.

  • Eccesso di velocità: 244
  • Infrazioni contro i pedoni: 143
  • Guida sotto influenza di alcool o droghe: 171
  • ..... (altre motivazioni varie, per qualche centinaia di sanzioni...
  • Divieti di sosta mediante mezzo Scout (ovvero sosta in seconda fila, davanti ai cassonetti, in senso contrario a quello di marcia, ecc.): 14.803
  • Violazioni corsia preferenziale (Rita): 151.561
  • Violazioni alla ZTL (Sirio): 210.727

Ora la riflessione. Le multe conseguenti a controlli "umani", sommando tutte le voci, non arrivano a 5.000 (meno dell'1 per cento sul totale). Il resto (oltre 99%) lo fa l'elettronica. Ma a ben vedere, i comportamenti più "socialmente pericolosi" sono riconoscibili e sanzionabili solo da un occhio umano (e nelle cronache recenti abbiamo purtroppo un'ampia galleria di casi: donne travolte e uccise sulle strisce, anziani centrati da auto in velocità, ecc). L'occhio elettronico invece colpisce soprattutto violazioni formali, certamente da scoraggiare, ma obiettivamente meno dannose. E soprattutto, non è in grado di discriminare tra condotte volontarie in spregio alle regole della strada, e situazioni di bisogno: un'auto che sale su un marciapiede può farlo perché deve caricare un anziano o un disabile, o perché il conducente, volendo farsi una bevuta al bar, molla l'auto dove gli capita: l'elettronica li sanziona alla pari, il buonsenso direbbe di distinguere.

Considerando le dimensioni del Corpo di Polizia Municipale (circa 600 agenti, a quanto mi risulta), si potrebbe tranquillamente chiedere di più in termini di "controllo della strada". Invece si preferisce delegare alla tecnologia questo controllo, con risultati discutibili: resta difficile in questo modo individuare e colpire i comportamenti autenticamente pericolosi. L'impressione è che non si utilizzi la potenzialità della Polizia Municipale, come leva flessibile per perseguire determinati comportamenti ed orientare la sensibilità dei cittadini e la crescita del senso civico, ma si preferisca una gestione burocratica delle risorse umane e tecnologiche, con criteri indifferenti ai problemi reali e al danno sociale patito dai cittadini.

Mi auguro che su questo possa sorgere in città un ampio dibattito, per ridiscutere pubblicamente le priorità e i criteri di impiego di questa preziosa risorsa civica che sono i "Vigili Urbani": su cosa devono innanzitutto vigilare?

 

3) PRIMARIE DI IERI: L'AFFERMAZIONE DEL "RECINTO"

Nelle due domeniche del 25 novembre e del 2 dicembre si sono tenute le Primarie per la scelta del candidato premier. Ha vinto Pierluigi Bersani, segretario del PD, con circa il 60% dei consensi, su Matteo Renzi, sindaco di Firenze, che ha raccolto il restante 40%. Secondo diversi studiosi tuttavia la misura giusta (al netto del travaso di voti di Vendola) è quella del primo turno, ovvero 44% (1.400.000 voti) a 35% (1.100.000 voti).

La partecipazione è stata di 3.100.000 al primo turno, 2.800.000 al secondo (il 10% in meno). Misurata sull'elettorato di centrosinistra 2008 (circa 15 milioni di voti), possiamo dire che alle primarie ha votato un 21% del "corpo elettorale" di centrosinistra al primo turno, e un 19% al secondo.

Si è trattato, per la prima volta, di primarie vere, ovvero "di selezione", non "di ratifica", nel senso che il risultato era aperto: pur essendo evidente il vantaggio di Bersani (segretario del PD, sostenuto in blocco da tutto l'apparato di partito e dal 95% di amministratori e parlamentari eletti), la sfida di Renzi ha scosso le certezze ed ha finalmente reso davvero contendibile la leadership.

Su composizione e caratteristiche di chi si è mobilitato per Renzi e per Bersani sono stati fatti studi molto interessanti. Tra i tanti, suggerisco di scorrere "Questioni Primarie", osservatorio nato dalla collaborazione di alcune università e della rivista Il Mulino, che trovate su questo sito www.candidateandleaderselection.eu (ringrazio Saverio Vecchia per la segnalazione), da cui estraggo alcuni passaggi chiave.

"...Da una parte un elettorato fatto di Veterani, cioè elettori abituati a mobilitarsi nelle primarie, che devono la loro informazione soprattutto al partito di appartenenza o alla stampa quotidiana, sostanzialmente impermeabile alle sollecitazioni di una campagna..., costituito in larga maggioranza da persone sopra ai 55 anni e da pensionati, mediamente poco istruiti, che esprime un voto di appartenenza di tipo identitario. Dall'altra un elettorato fatto di Matricole, cioè elettori che partecipano per la prima volta nella loro vita ad una consultazione primaria, che devono la loro informazione soprattutto alla televisione e al web (oltre che alla carta stampata)..., costituito in larga maggioranza da persone fra i 35 e i 45 anni, collocati soprattutto nel mondo delle libere professioni e degli studenti, in gran parte diplomati e laureati, che esprime un voto di opinione più volatile e di recente formazione. Il primo è il popolo di Bersani e il secondo è il popolo di Renzi. Due famiglie elettorali antropologicamente differenti". (Lucia Fasano)

 "...Il PD di Bersani è identificabile come un partito erede diretto della sinistra tradizionale, di profilo socialdemocratico e laburista, facilmente coalizzabile con i partiti (post?) comunisti collocati alla sua sinistra, che d'altra parte non disdegna pratiche parlamentari di entente cordiale (intesa) con il centro post-democristiano. Il PD di Renzi avrebbe probabilmente assunto altre sembianze: il partito di una sinistra nuova e diversa, dai rapporti distaccati con il sindacato, a forte vocazione maggioritaria, orientato a sfondamenti elettorali al centro piuttosto che a patteggiamenti in sede parlamentare..." (Fulvio Venturino)

 "... All'incirca nove elettori renziani sui dieci erano liberi da vincoli o tessere di partito, mentre questa percentuale si abbassa al 65% per Bersani. In maniera speculare, si può notare come circa un terzo dell'elettorato bersaniano sia composto da iscritti. (...) Dove i consensi al PD languono e latitano, cioè nel centro-sud e nel nordest, gli elettori renziani si fanno sempre più evanescenti. Per chi pensava che Renzi fosse un cavallo di Troia mandato in avanscoperta dai dirigenti di centrodestra per conquistare il fortino del centrosinistra, questi risultati hanno il sapore del paradosso. (...) Renzi è riuscito a intercettare in particolar modo il voto di coloro che vivono ai margini, ai confini o sul crinale del Partito Democratico. Si tratta, spesso, non di elettori infedeli o "salterini" (da una coalizione all'altra), ma di persone deluse, stanche di essere usate alle elezioni e trascurate subito dopo. Sono elettori periferici rispetto ai centri decisionali del PD che usano il megafono delle primarie per far sentire la propria voce. Nelle regioni del centro-sud, dove il PD è organizzativamente ed elettoralmente fiacco, questo elettorato marginale e periferico semplicemente non c'è. Nelle regioni del centro, invece, i "periferici" stanno diventando sempre più centrali. (Marco Valbruzzi)

Una riflessione a parte merita lo schieramento in massa dei funzionari e degli eletti del PD (ovunque e a tutti i livelli) per Bersani, in proporzioni bulgare rispetto agli esiti del voto: con Renzi si è schierata una manciata di parlamentari (su oltre 300), pochi isolati casi di segretari regionale e provinciali, pochissimi sindaci (nella provincia di Bologna ad esempio solo due su 50). Del resto, "Renzi è un uomo di destra che parla alla destra e inquina le primarie", ha affermato il 13 settembre Raffaele Persiano, responsabile organizzativo del PD di Bologna, all'indomani della candidatura del sindaco di Firenze. La "Ditta", ovvero il partito inteso come organizzazione, ha evidentemente "chiamato". A rispondere a questa chiamata sono stati, per quanto ho potuto osservare, due tipi diversi di elettore, talvolta distinguibili, talvolta sovrapposti. Da un lato l'elettore "credente" nei valori della sinistra, senza tornaconto personale, sincero nella convinzione che Renzi fosse portatore, dentro la sinistra, di un virus, di una malattia già troppo diffusa nel mondo esterno. Dall'altro, soprattutto qui a Bologna, gli esponenti di quella sedicente "sinistra di governo" che io ho ribattezzato "sinistra di collocamento", dove la vicinanza al partito è garanzia di continuità politica e professionale, nelle istituzioni o nelle loro periferie, dove la consonanza non è solo o tanto di idee, ma di interessi e di appoggi.

Entrambi i profili hanno però un forte tratto in comune: la centralità del "recinto", ovvero di quella linea di demarcazione tra un "noi" (figlio di una storia di sinistra) e un "loro" (il resto del mondo) che precede e condiziona ogni giudizio di merito. Per gli uni un confine più ideale, per gli altri più materiale, ma comunque un confine.

In proposito ha scritto Giorgio Armillei: "Il partito di Bersani è una versione adattata dei partiti socialdemocratici del novecento, ovviamente meno rigida, disponibile alla contaminazione, non più piramidale, che si può anche aprire a forme di consultazione diretta. Ma in ogni caso un'idea di partito recintato, con ingressi sorvegliati, sospettoso verso le presenze impreviste o intermittenti, dentro il quale si deve stare con una fedeltà identitaria rigida, un partito nel quale se non si riesce a votare ci si deve dimostrare "addolorati". Un recinto dal quale ci si può affacciare solo per guardare, guai a entrare senza aver superato i controlli: si rischiano infiltrazioni e inquinamenti. Non più un partito chiesa ma certo ancora un partito burocratico. Un partito poco adatto alle primarie. Il partito di Renzi è il partito a membership variabile, a più strati, strumento per dare ordine al processo elettorale, al servizio di un'idea di democrazia governante, non comunità che organizza pezzi di società ma rete che attiva e si lascia attivare. Un partito per le primarie".

Ho avuto personalmente la prova di questo, nelle settimane precedenti il voto. Nei confronti pubblici a cui ho partecipato, come rappresentante di Renzi, mi sono trovato di fronte rappresentanti di Bersani che hanno impostato il dibattito facendo leva sulla paura dei militanti: "L'importante non è vincere o perdere le elezioni, essere al governo o essere all'opposizione: l'importante è rimanere noi stessi, non lasciarci invadere da estranei, rimanere padroni della nostra storia e del nostro partito", diceva ad esempio Marco Monari, capogruppo PD in Regione. Quando facevo notare che Renzi attraeva voti non tanto di destra, quanto dall'area dei delusi che oggi si dividono tra astensione, Grillo, Di Pietro ecc., mi è stato risposto: "Grillo è di destra e chi lo vota è di destra. Non ci interessano i voti di tutti". Viva la democrazia!, mi veniva da commentare...

Quindi, come mi hanno scritto alcuni amici, "Siamo rimasti a difendere il fortino, diffidenti nei confronti di chi sta pensando di entrare. Resteremo minoranza, sempre. Ma a molti questo va benissimo, così potranno continuare a sentirsi un'élite". Oppure "La sinistra preserva la purezza del proprio DNA, come facevano gli spartani con una endogamia strettissima . Quando i romani conquistata la Grecia li vollero al proprio fianco in combattimento si ritrovarono a fianco dei malaticci. Auguri..."

Il culmine di questa concezione si è raggiunto con lo sbarramento alzato sul voto al ballottaggio, dove grazie ad una "interpretazione" sfornata il 26 di novembre (dopo il primo turno) si è pensato di chiedere a chi intendeva votare al secondo turno (senza averlo fatto al primo) non più una "dichiarazione" sull'impossibilità a votare, ma addirittura una "giustificazione" di tale impossibilità. Col risultato di respingere circa 150.000 nuovi elettori. Insomma, un raddoppio della guardia intorno al recinto, che ha riproposto una somiglianza tra lo stile del PD e quello delle peggiori burocrazie pubbliche: stesse frasi ("stiamo solo applicando le regole..."), stessi comportamenti ("la sua domanda non è ammissibile..."), stessa furbizia ("non sono tenuto a rilasciarle nulla di scritto..."). Una sorta di Tribunale dell'Inquisizione, chiamato ad indagare le pieghe della coscienza "democratica" dell'elettore: "Figliolo, perché non ti sei registrato nei 21 giorni precedenti il voto? Cosa te l'ha impedito?"

Chiudo questo capitolo con un messaggio ricevuto in risposta ad una mia mail di sostegno a Renzi, indicativo dell'atteggiamento con cui alcuni (non tutti, fortunatamente) hanno vissuto le primarie:

"Siete infiltrati in un partito di sinistra e Renzi è un burattino di Berlusconi costruito e filogidato da Giorgio Gori. Avete perso. Il PD è l'eredità del PCI di Berlinguer e voi non siete che infiltrati. Non rubi le parole ed il programma valoriale della sinistra; ora vediamo se con questa sconfitta del vostro cavallo di troia non si riesce a cacciarvi". Ho risposto che resto convinto delle nostre buone ragioni, della nostra piena cittadinanza nel centrosinistra, e del fatto che il tempo lavori per noi.

 

4) PRIMARIE DI DOMANI: DA NOMINATI A DEROGATI?

Domenica prossima 30 dicembre si vota di nuovo, stavolta per stilare le liste dei candidati PD a Camera e Senato. Come ho scritto in una recente occasione, si tratta di un'ottima idea giocata male.

Da un lato infatti diciamo di essere l'unico partito che sottopone agli elettori la scelta di chi mandare in Parlamento, dall'altro emaniamo regole per cui, come ha colto Andrea Segrè e qualche altro milione di italiani, solo chi è già nel giro della politica (e dispone di visibilità, e dell'accesso agli elenchi degli iscritti, e di tempo libero e pagato dal partito) può di fatto correre (500 firme in 3 giorni, e di soli iscritti; campagna elettorale di 1 settimana con Natale in mezzo; votazione a metà delle vacanze natalizie con metà italiani dei parenti a centinaia di chilometri dal luogo dove potrebbero votare...)

Abbiamo insomma sprecato un'occasione di apertura: lavoratori, professionisti, imprenditori, figure comunque esterne all'apparato non hanno alcuna possibilità nemmeno di pensarci (se non previo accordo con il Partito).

Poi ci sono le famose deroghe (siamo davvero il PD, Partito delle Deroghe). Perché le primarie sono per tutti fuorché per un listino di un centinaio di garantiti, che saranno paracadutati nei primi posti in lista, davanti ai nomi scelti con le primarie (e siamo al primo livello di deroga). Perché, nel sottogruppo che corre alle primarie (un 70% degli eletti), non possono entrare consiglieri regionali né sindaci di comuni oltre i 5.000 abitanti, tranne naturalmente quelli per cui si decide una deroga (secondo livello). Perché, tra i rimanenti, tutti devono raccogliere le firme fuorché qualcuno a cui, motu proprio, il segretario provinciale decide di togliere l'onere (deroga di terzo livello).

Il succo è che le regole servono per rendere difficile la vita agli "outsider": per gli "insider" ci sono appunto le deroghe. Alla fine i neoparlamentari entrati "secondo le regole" (ovvero senza deroghe) saranno una minoranza. La maggioranza sarà, appunto, frutto di una tutela speciale, di una sospensione "ad personam" delle regole del gioco (con effetto fidelizzante rispetto ai voleri della "ditta"). Per dirla con uno slogan: da un parlamento di nominati a uno di derogati, con qualche eccezione (passata attraverso le primarie).

"Non tutte le primarie escono con il buco e queste, temo, ci si ritorceranno contro" mi scrive Davide Fraulini, giovane amico impegnato nel PD. Temo che abbia qualche ragione.

Resta però un merito importante a queste primarie: sono un precedente vincolante, indietro non si torna, in futuro si potrà e si dovrà fare meglio.

Intanto, come abbiamo fatto con Renzi, mentre contestiamo le regole siamo decisi anche a giocare la partita, come dirò nel prossimo ed ultimo capitolo.

 

5) IL MIO SOSTEGNO A SALVATORE VASSALLO E VIRGINIA GIERI

Innanzitutto va detto che, con tutti i limiti visti, il PD rimane l'unica forza politica ad offrire spazi (per quanto ristretti e "controllati") al suo elettorato per influire sulla scelta del personale politico. Per questo domenica prossima 30 dicembre ritengo importante andare a votare.

Il mio voto andrà con convinzione a Salvatore Vassallo, uno dei pochi parlamentari apertamente schierato con Matteo Renzi (per il quale ha scritto consistenti parti di programma), ma soprattutto, ancora prima di Renzi, uno dei pochissimi a impegnarsi (dal 2008) su fronti "scomodi" per chi vive "dentro" il palazzo: la riduzione dei costi della politica, la maggiore trasparenza, la riforma delle istituzioni e dei partiti per restituire potere agli elettori e ridurre quello degli apparati, ecc.

Sul suo sito (www.salvatorevassallo.it) trovate rendiconti precisi della sua attività parlamentare (eliminazione del bicameralismo con tutti i costi, "di struttura" e di inefficienza che questo comporta; riforma delle retribuzioni ai parlamentari in modo che non sia più possibile il fenomeno dei "collaboratori in nero" con fondi destinati ai collaboratori che diventano reddito personale del politico, senza alcuna rendicontazione; trasparenza nel finanziamento ai partiti; ecc.)

Conosco Salvatore da anni, da prima che entrasse in Parlamento, come persona limpida, competente e coraggiosa; ritengo molto importante sostenerlo perché la sua presenza in parlamento è stata determinante per molte battaglie che ci stanno a cuore. Banalmente, senza la sua determinazione anche nei momenti (non rari) in cui si è trovato solo (pure nel PD), ci saremmo scordati le primarie tra Bersani e Renzi. Inoltre è una persona disponibile e alla mano, e in questi anni non ha mai lasciato inevasa una domanda o una richiesta che gli sia stata fatta (a costo di rispondere all'una di notte). Insomma, una bella persona, a mio giudizio.

Analogamente, come secondo nome sulla scheda indicherò quello di Virginia Gieri (virginiagieri.wordpress.com), presidente del Quartiere Savena (dopo 8 anni di mandato), anche lei figura coraggiosa nel prendere posizioni spesso non in linea con il Partito, incline all'ascolto e molto dotata di sensibilità e intelligenza politica.

Si vota dalle 8.00 alle 21.00 di domenica, e possono votare gli elettori delle primarie del 25 novembre e 2 dicembre oppure gli iscritti al PD nel 2011 che abbiano rinnovato l'iscrizione nel 2012 entro domenica 30 dicembre (anche il giorno stesso).

*****

Concludo facendovi gli auguri di un nuovo anno pieno di pace, di intraprendenza e di lavoro.

Andrea De Pasquale

www.andreadepasquale.it

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