Andrea De Pasquale

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Sicurezza stradale: per arginare gli incidenti (e i costi...)

Da un Forum (intervista collettiva) di maggio 2007, pubblicata su Portici n. di giugno 2007.

A valle del Consiglio Straordinario sulla Sicurezza Stradale del 23 aprile, che ha visto la partecipazione del viceministro Cesare De Piccoli e del direttore dell'ACI di Bologna Riccardo Cuomo, i primi di maggio si tiene un Forum sullo stesso tema, a cura di Mauro Sarti. Che formula 3 domande: di seguito le mie risposte.

Sulle strade del mondo ogni 3 minuti muore un bambino. E’ stato calcolato che le morti dovute ad incidenti stradali nei Paesi più poveri cresceranno dell’80% entro il 2020. Gli incidenti stradali sono la principale causa di morte nei giovani in Europa e negli Stati Uniti. Nel mondo, solo l’Hiv/Aids, miete più vittime. Nel 2005 in Italia gli incidenti sono stati in leggero calo rispetto all’anno precedente, meno 1,8%, mentre i morti sono calati del 4,7% e i feriti del 2,7%. Nonostante questo sensibile miglioramento, il bilancio resta pesante: in media 617 incidenti al giorno, con 15 morti e 860 feriti. Cosa ha fatto, e cosa può fare di più la Provincia di Bologna per intervenire in modo concreto, e per quelle che sono le sue competenze, nella prevenzione di questa strage quotidiana? Si confrontano e ne discutono, i consiglieri provinciali Luca Finotti (Forza Italia), Sergio Guidotti (An), Andrea De Pasquale (Margherita), Anna Cocchi (Ds) e Plinio Lenzi (Italia dei Valori).

Concordo pienamente con la lettura economica che dà Guidotti, perché a Bologna i 5.000 incidenti del 2005, con 7.000 feriti e 94 morti sono costati alla collettività circa 650 milioni di euro. Quante opere infrastrutturali (come ad es. il nodo di Rastignano) si fanno con cifre del genere? Il modo in cui gestiamo le risorse è eticamente molto rilevante.

Dovremmo avere il coraggio di misurare in modo più scientifico le fonti di pericolo e le statistiche di rischio. Per questo penso a un’anagrafe dei cittadini coinvolti in incidenti, con relativa gravità. Ma anche a una raccolta dati sui modelli di auto coinvolti negli incidenti. La Provincia sta già realizzando una mappatura degli incidenti, ma bisognerebbe farlo anche per il mercato dell’auto. È evidente che alcuni modelli sono più pericolosi, non tanto per la quantità di incidenti che provocano, ma per la loro gravità. Veicoli che sono in grado di andare da 0 a 100 km/h in 7 secondi e che pesano una tonnellata e mezzo provocano incidenti 8 volte più gravi rispetto a un’utilitaria. Bisognerebbe misurare queste cose al fine, ed è una proposta, di scaricarle dai costi assicurativi. Perché io, che compro un’utilitaria, devo pagare un rischio che è proporzionato a una media di cui fa parte il Suv che fa i 220 km/h? No, non è giusto. È una questione economica ed etica.

Controlli e autovelox: il vigile prima o dopo la curva?

Non sono d’accordo sull’idea del vigile “prima della curva” e sul concetto di un utilizzo preventivo e non punitivo del controllo. Il vigile, così come l’autovelox, non è una regola in sé, ma uno strumento per spingere il cittadino a osservare la regola. Dobbiamo stare molto attenti a fare in modo che lo strumento del controllo, sia fornito dalla forza pubblica che dalla tecnologia, non sostituisca il valore della norma. Questi strumenti ci devono ricordare, una volta ogni tanto, che la norma va osservata sempre. Il controllore non è lì per far cassa, ma non è neanche lì per dire: “Ora che ci sono io devi stare attento. Ma, appena me ne sono andato, puoi fare quello che ti pare”. Sono molto contento di quello che la Provincia sta facendo, però credo che nei prossimi anni dovremo andare verso un controllo e una repressione ancora più capillari e costanti. Capisco che per noi italiani l’accettazione del controllo come elemento di miglioramento della qualità di vita è un passaggio delicato. Però credo che dobbiamo passare da un’attenzione sporadica su violazioni piccole ad un controllo stabile e costante su violazioni più significative: occorre sanzionare i comportamenti più pericolosi, e non qualsiasi comportamento che non risponde alla norma. Oggi sono disponibili le tecnologie per individuare elettronicamente solo i comportamenti più pericolosi. L’importante è che la Provincia abbia imboccato questa strada e, insieme ai Comuni, continui a percorrerla.

L’educazione stradale: dalle scuole guida alla pubblicità.

Sulla proposta educativa ho un’osservazione da fare: il lavoro nelle scuole è importante ma non è sufficiente. Non credo sia un problema di mancato apprendimento il fenomeno del diciottenne che si sente onnipotente alla guida del veicolo. Lì interviene un meccanismo di trasgressione o di spavalderia che va contrastato sul piano culturale. Ho un’idea di cui ho parlato da tempo con diversi amministratori. Si potrebbe, anzi si dovrebbe inserire come obbligatorio nel percorso formativo delle scuole guida una visita alla struttura di riabilitazione di Montecatone (Imola). Lì sono ricoverati ragazzi che, nella loro posizione di disabilità acquisita, talvolta temporanea, talvolta permanente, nella loro fatica di ritrovare una ragione di vita hanno scelto di divulgare agli altri la stupidità di determinati comportamenti e di determinati modelli e valori. Recarsi a Montecatone non significherebbe semplicemente andare in visita a un reparto di persone incidentate, ma creare un’azione positiva, che tra l’altro valorizzerebbe anche chi si trova a Montecatone, per far acquisire ai ragazzi, con un realismo maggiore e più diretto, le implicazioni di un utilizzo irresponsabile dell’automobile.
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