Andrea De Pasquale

Bologna e dintorni, estate 2011

5 settembre 2011.

Cari amici,

rieccomi, dopo la pausa estiva, alla nota periodica sugli avvenimenti politici di Bologna e dintorni, che mando a vecchi amici e nuovi corrispondenti.

Nei mesi scorsi ho saltato qualche "edizione", complici le vacanze: ora mi concentro su 3 temi di attualità, ma ci sono fatti di questa estate, soprattutto economici, su cui torneremo, perché nella loro gravità costituiscono occasioni, come lampi nel buio, per comprendere la realtà nella quale ci troviamo, e forse immaginare una via d'uscita. Che non credo possa essere né lo sciopero di domani, né il modello di lavoro che ha in testa la CGIL, ma ben altro. 

Rammento che trovate le note precedenti sul mio sito, e che per non ricevere questi messaggi è sufficiente chiedermi la cancellazione da questa lista, mentre se avete altri amici interessati potete segnalarmi la loro e-mail o girare loro questi dispacci.

Questi gli argomenti del mese:

1) CITTA' METROPOLITANA: DIRE, FARE, VARIARE (SUL TEMA).

2) PEOPLE MOVER: IL RISCHIO DI UN "BIS" DEL CIVIS?

3) CONTRO IL PARLAMENTO DEI NOMINATI: FIRMIAMO IL REFERENDUM (ENTRO IL 20 SETTEMBRE).

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1) CITTA' METROPOLITANA: DIRE, FARE, VARIARE (SUL TEMA).

Il sindaco Virginio Merola ha proposto, nei mesi estivi, una ipotesi di Città Metropolitana radicalmente diversa dai modelli che per anni si erano confrontati (e che erano stati richiamati in campagna elettorale).

L'idea di Merola è certamente semplificativa: nessun intervento sul Comune di Bologna, nessun riassetto istituzionale, nessun "trasferimento di sovranità" dai comuni al nuovo Ente Sovraordinato. La proposta è di costituire in "Città Metropolitana" l'Assemblea dei Sindaci della provincia (sessanta), chiamati ad eleggere al loro interno un rappresentante per ogni Associazione o Unione di Comuni (una decina), in modo da formare così una Giunta Metropolitana, con al vertice un Sindaco Metropolitano che è poi il sindaco della città capoluogo, ovvero Bologna. Questo permetterebbe, nell'idea dei proponenti, di superare senza battere ciglio la Provincia come livello istituzionale elettivo.

Questa soluzione presenta diversi vantaggi: puntando a formare un Ente di secondo grado (ovvero non eletto direttamente dai cittadini, ma nominato dai chi è già eletto), non crea nessun livello amministrativo ulteriore, anzi si candida a rendere superfluo quello provinciale. Politicamente ha ottenuto, con significativo tempismo, il consenso immediato di Imola (storicamente contraria alla Città Metropolitana) e la benedizione della Regione. Unica opposizione, la presidente della Provincia, Beatrice Draghetti, che però gioca una partita in salita, risultando difendere un ente percepito come non essenziale, e un po' sé stessa e il suo ruolo attuale.

Ma a ben guardare si tratta di una proposta che indebolisce, e non rafforza, il governo di un territorio vasto, e rischia di consegnare le scelte strategiche necessarie al futuro del nostro territorio ad una logica municipale e campanilistica. Vediamo perché.

Innanzitutto l'Assemblea di Sindaci assomiglia terribilmente alla Conferenza Metropolitana che esiste già, è presieduta proprio dalla Draghetti, e si riunisce periodicamente a Palazzo Malvezzi, sede della Provincia. Un luogo di concertazione, come si dice, dove si parla insieme e si cerca di andare d'accordo (nel mio mandato in Provincia ho assistito a decine di riunioni simili), ma da dove ciascuno torna al suo comune libero di fare quello che preferisce.

E qui si coglie il problema sostanziale. Un sindaco eletto a Vergato o a Baricella risponde innanzitutto agli elettori del suo comune, dai quali dipende la sua rielezione. Decisioni strategiche "di area vasta", come nuove infrastrutture di mobilità (strade, ferrovie), come centri di smaltimento rifiuti (discariche, inceneritori), come dislocazione dei servizi sociali (scolastici, sanitari, ecc.), insomma tutte le scelte che dovrebbero tendere a distribuire e riequilibrare oneri e onori a livello provinciale, difficilmente potranno essere affrontate da "Assessori Metropolitani" che non sono altro che sindaci "prestati" alla Città Metropolitana. Prevarranno certamente i veti, del tipo "Mai nel mio comune!", perché è ovvio che politicamente paga molto di più difendere l'interesse del territorio da cui dipende la tua carriera politica, piuttosto che quello di una comunità più vasta che però non può votarti.

Quindi sui grandi temi strategici come mobilità, trasporti, ambiente, distribuzione dei servizi, ci troveremmo davanti ad un ente più debole dell'attuale provincia, non più forte. Non a caso, per prendere decisioni di livello nazionale si eleggono amministratori nazionali, perché se l'Alta Velocità dipendesse dai sindaci ovviamente non si farebbe mai.

Ma c'è un altro aspetto negativo, che attiene al meccanismo di nomina. Che viene a dipendere totalmente dalle scelte di partito. Perché, senza una elezione diretta degli amministratori, questi verranno nominati sulla base di accordi e interessi prettamente locali, e prettamente politici. La caratteristica specifica degli "Enti di secondo grado" (es. le Comunità Montane), emersa in questi anni, è infatti quella di sottrarre i propri amministratori alla responsabilità davanti ai cittadini: non essendo eletti, ma nominati, gli amministratori rispondono a chi li nomina, e la regia delle nomine è normalmente partitica.

Quindi l'apparente "semplificazione" dei livelli istituzionali in realtà fa il contrario di avvicinare l'istituzione ai cittadini; anzi, la sottrae al loro controllo, impedendo anche solo di identificare le responsabilità delle scelte fatte. Una città metropolitana così fatta sarebbe al tempo stesso più castale nei modi e più campanilistica negli esiti rispetto all'attuale provincia. Senza contare che, se un Comune è "primo grado", l'Associazione di Comuni è già secondo, pertanto la Città Metropolitana sarebbe di terzo grado.

Infine, l'ipotesi Merola decreta che il sindaco di Bologna sia automaticamente il sindaco Metropolitano: rinunciando a dividere l'attuale Comune capoluogo in municipi (che era il disegno originale), rinuncia a mettere Bologna alla pari con i territori circostanti, consegnandole un primato che rischia di contraddire le dinamiche demografiche ed economiche degli ultimi 20 anni, che hanno visto spostarsi dal centro alla periferia la maggioranza degli abitanti (i 2/3 della popolazione provinciale vive fuori Bologna, che totalizza 370 mila abitanti su 1 milione complessivi) e la quasi totalità delle attività produttive.

Come ha scritto l'amico Piergiorgio Licciardello, "è come se il presidente del consiglio in Italia venisse eletto dalla sola regione Lazio con le altre regioni ad esprimere qualche parlamentare".

Insomma, analizzata in profondità l'ipotesi Merola presenta molti punti interrogativi e molte debolezze, tra cui quella della rappresentanza delle minoranze, che nel meccanismo descritto non avrebbero alcuno spazio.

Lasciatemi concludere con un piccolo esercizio di memoria. Negli ultimi anni, compresi i miei 5 da consigliere provinciale (2004-2009), la principale opposizione al percorso costitutivo della Città Metropolitana, già delineata nei dettagli da un lungo e approfondito lavoro seguito, tra gli altri, dal senatore Walter Vitali, è stata organizzata da Imola, che dai suoi alleati informali ma ben determinati e ben radicati nelle stanze della Regione.

Qualche mese fa, a margine della candidatura di Merola, il riassetto degli equilibri in Consiglio Provinciale porta ad eleggere come capogruppo del PD in Provincia una consigliera imolese.

Il 4 maggio esce un ennesimo veto di Imola al percorso costitutivo della Città Metropolitana, inserita come punto qualificante nel programma elettorale di Merola. Che reagisce al diktat con il silenzio, suo e dello staff.

Poi, quando a luglio Merola esce con questa "nuova" idea di Città Metropolitana, scatta il coro dei consensi da Imola. I nemici storici della Città Metropolitana "originale" esultano per la nuova versione di Città Metropolitana. Politicamente parlando, non è già questo un indizio?

L'impressione è che questo nuovo assetto sia in realtà un diversivo, un modo per "cambiare tutto perché non cambi nulla", con poca attenzione agli effetti concreti e anche con poca convinzione. Insomma, non un dire (cose chiare), tantomeno un fare (scelte impegnative), forse un variare sul tema.

2) PEOPLE MOVER: IL RISCHIO DI UN "BIS" DEL CIVIS?

Entro il 15 di settembre il Comune dovrà pronunciarsi sul progetto esecutivo di People Mover, la monorotaia che dovrebbe collegare l'Aeroporto alla Stazione Centrale, per una spesa complessiva di circa 100 milioni di Euro.

A luglio, leggendo i giornali, abbiamo assistito ad una strana accelerazione, tipicamente estiva, di dichiarazioni sulla necessità di procedere rapidamente a cantierizzare l'opera. Insieme alla fretta, ho osservato anche una forte approssimazione, anche da parte di autorevoli membri della giunta, che mi sembrano aver confuso alcuni dati (tra cui alcune stazioni del Servizio Ferroviario Metropolitano) pur di far uscire il messaggio per cui il People Mover sarebbe molto più rapido del treno nel collegare appunto Aeroporto e Stazione (vedi i giornali locali del 15 luglio).

Quest'ansia di assegnare l'opera, accompagnata da forti imprecisioni nelle dichiarazioni degli amministratori, mi ha ricordato molto la storia del Civis, anche lui baldanzosamente presentato alla città come gioiello tecnologico capace di curare i nostri dolori trasportistici, e poi, come sappiamo, arenato tra facilonerie progettuali, mancanza di omologazioni, scarico di responsabilità, e addirittura forse carte false (pare che i documenti che attestavano il funzionamento del Civis in alcune città francesi fossero bufale: in effetti ricordo che nell'estate 2006 mi trovai a passare da Rouen, città citata tra quelle servite dal Civis, che però non trovai: anche lì era già stato accantonato e sostituito da normali filobus).

Ho pensato allora che sul People Mover è forse il caso di approfondire ora l'analisi, e di suonare per tempo un campanello di allarme, alla luce del prezzo che, come comunità cittadina, stiamo pagando per il Civis: cantieri aperti da anni, città sottosopra, 180 milioni spesi, mentre ancora non si sa se e dove il mezzo potrà circolare, se la guida automatica funziona, con i 50 esemplari parcheggiati da qualche anno al CAAB a invecchiare e screpolandosi al sole e alla pioggia.

Ma c'è un'altra analogia tra la genesi delle due infrastrutture, ed è il protagonismo del CCC, alias Consorzio Cooperative Costruzioni, assegnatario dell'appalto sul Civis e candidato unico per quello sul People Mover. Poche settimane fa, il 27 luglio, il presidente di CCC, Collina, sentendosi bersaglio di molte critiche ha dichiarato ai giornali, "non vi libererete facilmente di CCC". Se intendeva come impresa presente sul mercato, sono d'accordo, e capisco, da piccolo imprenditore qual sono, l'orgoglio aziendale di chi, prendendosi responsabilità non piccole, affronta opere complesse e organizza il lavoro per centinaia, migliaia addetti, creando indubbiamente ricchezza e posti di lavoro.

Bisogna però che questi cantieri e questo lavoro siano orientati a progetti utili per la collettività, e che il denaro pubblico così impiegato sia speso non semplicemente per "far lavorare" imprese ed operai, ma per creare infrastrutture idonee alle esigenze della comunità. Appalti finalizzati a garantire lavoro a imprese edili, per quanto meritorie, non sono buona politica. L'impressione che si ha, invece, guardandosi indietro, nella storia del Civis e forse anche di altre "grandi opere", locali e nazionali, è che le priorità infrastrutturali abbiano avuto, come vero "decisore politico", l'interesse o la necessità di "far lavorare" alcune imprese, e che a questi interessi o necessità si siano piegate le amministrazioni. E questo può avvenire anche in modo "pulito", senza forme corruttive, ma semplicemente per un male inteso "senso di responsabilità", che porta a considerare "di pubblico interesse" quello che invece pubblico non è.

Per questo ho deciso di sottoscrivere un appello, che è stato inviato a fine luglio al Sindaco e agli assessori competenti, e che verrà presentato nei prossimi giorni alla stampa, che chiede sostanzialmente due cose:

A - di smascherare la finzione di un Project Financing che carica sulle casse pubbliche il rischio di impresa

B - di promuovere un confronto tecnicamente corretto e politicamente laico, non ideologico, tra le diverse soluzioni possibili di collegamento tra Aeroporto e Stazione.

Il testo dell'appello lo trovate sul sito www.tizianagentili.it: vi consiglio di leggerlo anche perché offre una ricostruzione sintetica del progetto di People Mover e delle modalità previste per la gestione del servizio.

Chi volesse sottoscriverlo, può mandare la sua adesione a Paolo Serra, all'indirizzo mad9921@iperbole.bologna.it

3) CONTRO IL PARLAMENTO DEI NOMINATI: FIRMIAMO IL REFERENDUM (ENTRO IL 20 SETTEMBRE).

E' già tardi, e sono già stato lungo. Su questo terzo e ultimo punto, ovvero la raccolta di firme per il referendum che punta ad abolire l'attuale legge elettorale, eviterò di argomentare, rinviando a siti che spiegano bene il senso dei quesiti.

Sulla genesi di questo referendum, nato originariamente a controbilanciare una analoga iniziativa animata dal prof. Passigli, che era però orientata ad una abolizione parziale, direi chirurgica, dell'attuale normativa elettorale, con un esito di tipo proporzionalista, ed ora unico rimasto in campo, dopo il ritiro del primo, rimando al sito di Salvatore Vassallo, che nelle sue note e in alcuni articoli spiega la differenza tra le due iniziative referendarie e argomenta, in modo secondo me convincente, perché sia importante sostenere questa seconda iniziativa.

Il sito del comitato promotore è: http://www.firmovotoscelgo.it/

Personalmente condivido il comunicato scritto da Vassallo, laddove dice: "L'iniziativa referendaria per abolire l'attuale legge elettorale e tornare ai collegi uninominali appare un'impresa difficile se non impossibile. Ma è oggi l'unica opzione realmente disponibile per eliminare, prima delle prossime elezioni, una legge assurda che erige un muro tra i cittadini e il Parlamento, degrada e inquina la nostra democrazia. Sapendo che è l'unica strada per ridare credibilità al Parlamento, non saremmo in pace con la nostra coscienza se non contribuissimo per quanto è nelle nostre facoltà, insieme a tanti altri cittadini, a rendere meno impossibile questo tentativo."

Per questo ho firmato e ho dato la mia disponibilità per aiutare la raccolta delle firme. Sarò nelle prossime sere al banchetto di raccolta firme presso la Festa Provinciale dell'Unità, a fianco della Sala Dibattiti Centrale e di fronte allo Spazio Luna Nuova.

Il tempo stringe: le firme vanno consegnate entro il 30 settembre, il che vuol dire raccolte entro il 20, massimo 25 del mese. 

Un caro saluto a tutti.

Andrea De Pasquale
www.andreadepasquale.it

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