Andrea De Pasquale

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Bologna e dintorni, febbraio - marzo 2010

Bologna, 11 marzo 2010

Cari amici,

ho atteso a comporre la mia newsletter mensile nella speranza di riuscire a fare un punto degli eventi accaduti in queste settimane. Non ce l'ho fatta. Il susseguirsi dei fatti (dalle reti di malaffare annidate nello Stato alla presentazione fuori orario delle liste Pdl a Roma) mi ha travolto.

Per capirci qualcosa bisogna leggere, e leggere a fondo, giornali e siti web. Perché i TG i fatti non li raccontano proprio. Ieri mattina ad esempio il giornale radio Rai ha aperto con l'opinione di ben 5 esponenti di maggioranza sulla mancata riammissione della lista del Pdl a Roma, "venduta" come decisione arbitraria di magistrati ostili a Berlusconi. Di cui hanno mandato in onda una dichiarazione in viva voce dove afferma letteralmente che "si vuole impedire a milioni di persone di votare per il nostro partito, con un sopruso violento e inaccettabile", e che "ai nostri delegati, che erano presenti in orario nell'ufficio preposto, prima è stato impedito di consegnare le liste, poi il Tribunale Amministrativo ha completato l'opera". Se io non sapessi da altre fonti che il verbale delle forze dell'ordine dice che la lista del Pdl è arrivata alle 12.40, ovvero 40 minuti dopo l'orario limite, e che la motivazione con cui il TAR non ha riammesso la lista è che il decreto interpretativo imposto venerdì dal governo ha interpretato la legge sbagliata (quella nazionale anziché quella regionale), avrei solidarizzato con il PDL. Ma chi innocentemente segue la Rai o Mediaset come può farsi un'opinione libera di quanto accade? Non saremo ancora in emergenza democratica, ma informativa sì.

E' in questo clima che matura questa newsletter, per la quale devo fare scelte difficili tra le montagne di materiale accumulato in poche settimane. Provo a organizzarla a su 3 livelli.

1) IL QUADRO LOCALE. IL COMMISSARIO IMPOLITICO. VIRUS BERLUSCONIANI NEL PD. L'ONESTÀ DI DELBONO.

2) IL QUADRO REGIONALE. I CANDIDATI DEL PD, TRA NOMADISMO ISTITUZIONALE E CARATTERISTICHE PERSONALI.

3) IL QUADRO NAZIONALE. ALLARME CORRUZIONE E DISINFORMAZIONE. LA GRANDE QUESTIONE ETICA NAZIONALE E IL RUOLO DELLA CHIESA.

Mi scuso in anticipo per la lunghezza. E rammento a tutti quelli che ricevono questa Newsletter che per essere eliminati dal mio indirizzario basta chiedermelo con una mail.

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1) IL QUADRO LOCALE. IL COMMISSARIO IMPOLITICO. VIRUS BERLUSCONIANI NEL PD. L'ONESTÀ DI DELBONO.

Con l'arrivo del Commissario Anna Maria Cancellieri si è chiusa (per ora) la nostra esperienza di Cittadini in Consiglio. L'unico osservatorio su quanto accade passa oggi dai giornali, e dalla rete di contatti con associazioni e comitati civici. Da alcuni dei quali ricevo un'impressione curiosa.

Ovvero che da quando la politica è stata esautorata dal governo cittadino, alcune piccole cose, di ordinaria amministrazione, sembrano funzionare meglio. Si tratta, se capisco bene, del fatto che i vigili hanno iniziato a fare controlli che prima non facevano, sul rumore e su altre violazioni del decoro urbano, e a presidiare luoghi che prima trascuravano. Quasi che la macchina comunale ritrovi adesso una normalità, di regole far rispettare e di controlli da esercitare, rispetto ai quali la politica funzioni normalmente da deterrente.

In effetti un Commissario, "impolitico" a differenza di sindaci, assessori e consiglieri, non ha il problema del consenso, e può applicare le regole in modo più diretto e libero, senza preoccuparsi di contraccolpi elettorali da parte dei controllati ed eventualmente sanzionati. Non ho dati sufficienti per suffragare questa ipotesi, e la riporto come tale, aperto alle vostre osservazioni. Certo che, se fosse vero, ne ricaveremmo una severa lezione sulla funzione della politica rispetto all'amministrazione.

Se l'ordinario va, i progetti invece sono fermi. La nuova stazione ferroviaria ad esempio, cuore pulsante della mobilità metropolitana, sarà bloccata per altri 2 anni in quanto la progettazione esecutiva necessita, al pari della realizzazione delle opere, di un piano di valorizzazione delle aree ferroviarie, mediante quel Piano Operativo Comunale (POC) che la giunta Delbono non ha fatto in tempo a produrre.

Quanto al rischio di un virus berlusconiano nel PD locale - mia tesi citata da Repubblica Bologna del 31 gennaio -, ecco di seguito un saggio di quello che intendo.

Si tratta dell'intervista rilasciata al Corriere della Sera (30 gennaio 2010) da Giovanni Consorte, ex amministratore delegato di Unipol già protagonista del tentativo di scalata alla Banca Nazionale del Lavoro, il quale lamentando di essere stato "sacrificato" dai vertici del futuro PD, che frenarono (saggiamente, a mio giudizio) su quell'operazione finanziaria, afferma:

"Il fallimento dell'operazione Unipol - BNL fu un errore dei DS. L'occasione mancata della vita, e non della mia. Avremmo potuto sostenere una politica degli investimenti e del credito soprattutto a favore della media impresa, in Emilia Romagna e non solo. Saremmo diventati un braccio finanziario a sostegno del governo, e mancava poco alle elezioni del 2006 vinte dal centrosinistra. I primi ad affossare tutto sono stati proprio i potenziali beneficiari, i dirigenti del costituendo Pd".

Secondo Consorte dunque un partito ha bisogno di una banca per governare meglio. Per finanziare le imprese (amiche), per manovrare direttamente in ambito economico e finanziario. Per fare cioè le cose che critichiamo in Berlusconi, leader politico e insieme attore economico, in campo radiotelevisivo, bancario, assicurativo, ecc. Per avere finalmente anche noi, insieme ad una banca, un conflitto di interessi come si deve. Dalla sinistra alternativa a quella imitativa? Perché Consorte, sui cui conti esteri sono emersi 25 milioni di Euro, si dice ed è considerato un uomo di sinistra. "In che senso?", gli avrebbe chiesto Gaber.

Infine lasciatemi spezzare una freccia a favore di Delbono, che per primo ho criticato ma che oggi, perse insieme al potere molte amicizie interessate, vedo bersaglio di un certo accanimento. Mi piace perciò ricordare che l'ex sindaco almeno in una cosa è stato più onesto dei suoi colleghi, di partito e di amministrazione. E fu quando, nella primavera 2008, da vicepresidente della Regione fece notare che il progetto di metropolitana bolognese aveva un problema di sostenibilità economica nel tempo. In altre parole, mentre tutti discutevano (e discutono) di come finanziarne la realizzazione, lui pose l'accento sui costi di esercizio, che apparivano (e appaiono) non coperti dalle entrate. Se quindi un esborso una tantum (per la costruzione) potrebbe essere affrontabile, diverso è il discorso per il disavanzo di esercizio, che costituirà una tassa annuale a carico dei bolognesi di domani, un'ipoteca sul futuro della città. Spero che questo ragionamento di Delbono trovi degli eredi.

E in ultimo un apprezzamento anche per i nostri De Maria e Caronna, a cui come sapete non ho lesinato in questi anni giudizi severi (basta consultare il mio sito...), ma ai quali voglio stavolta dare atto di due gesti positivi: il primo ha rinunciato alla candidatura in regione, il secondo ha riconosciuto (su Repubblica Bologna del 12 febbraio) di essere il principale responsabile della candidatura di Delbono. Entrambe le scelte (la rinuncia e l'ammissione) non erano scontate: credo che il partito ne abbia tratto un beneficio.

 

2) IL QUADRO REGIONALE. I CANDIDATI DEL PD, TRA NOMADISMO ISTITUZIONALE E CARATTERISTICHE PERSONALI.

Il prossimo 28 e 29 marzo si vota alle Regionali. Ho già dato conto (nella newsletter di novembre) della fatica con cui diversi ambienti che frequento si approcciano al terzo mandato di Errani. Alcuni addirittura ipotizzano il voto disgiunto (preferenza a un candidato PD ma voto a presidente diverso). Per quanto a livello locale l'alternativa (Bernini candidata del Pdl) sia debole e non in grado di insidiare la riconferma di Errani, resto convinto che sul piano generale la ricandidatura al tris non sia stata una mossa felice, sia sul piano dell'immagine (più difficile ora parlare di rinnovamento...) sia sul piano delle regole (ad esempio quelle statutarie, che ci siamo un po' aggiustati a nostro comodo).

Resta il fatto che le alternative messe in campo dagli avversari sembrano fatte apposta per assicurare ad Errani il successo a vita. E uno sguardo al quadro nazionale non può che farci apprezzare, nel confronto, anche i difetti dei nostri amministratori locali. Certo che con un governo meno arrogante e un partito meno servile a Roma, e con candidati dal profilo amministrativo più robusto a Bologna, il centrodestra avrebbe potuto giocarsi la partita, data la stanchezza dell'elettorato di centrosinistra e gli strascichi della vicenda Delbono. Ma così la partita sul governatore mi sembra chiusa in partenza. Diamo allora uno sguardo alle candidature del PD.

Sono 8 i candidati al consiglio regionale nel collegio di Bologna e Imola, che dovrebbe eleggerne 4. A partire dal capolista, Maurizio Cevenini, fino a ieri presidente del consiglio comunale e soprattutto aspirante sindaco, che a sorpresa sceglie di giocarsi la popolarità civica per un seggio in viale Aldo Moro. Abbiamo poi Gabriella Ercolini, consigliera regionale uscente e femminista storica, già conosciuta in provincia (fummo colleghi per un anno) ma di cui fatico a riconoscere l'azione svolta in regione. Viene poi Paola Marani, consigliera provinciale ed ex sindaco di San Giovanni in Persiceto, ruolo nel quale ebbi modo di apprezzarla come attenta sui temi urbanistici e del trasporto, e Claudio Merighi, uomo d'ordine e di disciplina, che dopo un onorato e duro servizio come capogruppo (con Cofferati) e come vicesindaco (con Delbono) approda ad una candidatura più tranquilla. Abbiamo inoltre Antonio Mumolo, già consigliere comunale piuttosto silenzioso, ma forte di un consenso personale e autonomo dal partito, e Anna Pariani, imolese, mia collega consigliera per 5 anni in provincia, dove ora è assessore e da dove spicca il salto, forte della tradizione che vuole gli imolesi compatti a votare in massa il loro candidato territoriale. E per concludere Giuseppe Paruolo, già consigliere comunale al tempo di Guazzaloca, assessore con Cofferati, e di nuovo consigliere con Delbono (rispetto al quale era all'opposizione interna, come si vide nella polemica con l'assessore Mantovani sulla trasparenza delle sponsorizzazioni), e Silvia Zamboni, appassionata e sincera ambientalista, già presidente del quartiere Reno, animatrice di varie iniziative Eco-Dem.

Su 8 persone, una sola al secondo mandato (Ercolini), un'altra senza incarichi politici (Zamboni), e ben 6 già titolari di cariche amministrative (un assessore e un consigliere provinciale, un assessore e 3 consiglieri comunali, almeno fino alle dimissioni del sindaco). L'espressione coniata in proposito dal circolo PD di Monteveglio, che ha parlato di "nomadismo istituzionale", mi è parsa centrata.

Un nomadismo spinto, oltre che dalla vocazione politica, anche da fattori retributivi. Va considerato infatti che mentre un consigliere provinciale arriva a prendere (lordi) sui 2.000 Euro, e uno comunale sui 3.000 (a patto di presenziare a tutti i consigli e le commissioni), e i rispettivi assessori intorno ai 4.000 e 5.000 Euro (parliamo sempre di lordo), un consigliere regionale riceve uno stipendio di 11.000 Euro lordi (circa 7.500 netti), senza firmare presenze in commissione e senza le responsabilità di un assessorato. Sono netti 90 mila Euro all'anno, 450 mila in 5 anni. Una discreta sistemazione.

Ma in attesa che le cose cambino e che qualche politico illuminato proponga una cura dimagrante al fine di riavvicinare gli stipendi regionali (e parlamentari) a quelli medi degli elettori, queste sono le scelte che abbiamo davanti. Per orientarmi ho pensato di farmi le seguenti domande: tra questi candidati, chi una volta eletto può meglio promuovere gli interessi di Bologna sul piano regionale? A chi vorrei poter telefonare per chiedergli notizia di una legge o di un piano regionale? Sulle materie di competenza regionale (sanità, infrastrutture strategiche, trasporto ferroviario...) chi vedo più disposto a combattere in nome della sempre dichiarata, ma poco praticata, centralità di Bologna?

La mia risposta è indubbia, e porta a due nomi: Marani e Paruolo. Perché hanno dimostrato di avere un giusto mix di senso di responsabilità ma anche di autonomia dal partito; perché nei loro mandati hanno cercato di affrontare i problemi, e non di evitarli; perché li ho visti interessati ad una coerenza programmatica più che a una convenienza tattica. E credo che Bologna abbia bisogno di consiglieri determinati a difendere le ragioni del loro territorio, come fanno tutti gli altri consiglieri, da Piacenza a Rimini, e come non hanno sinora fatto i consiglieri eletti a Bologna, preoccupati di non creare problemi al partito e ai suoi delicati equilibri regionali. Quanto a libertà di pensiero, anche Mumolo e Zamboni, pur con minore esperienza amministrativa, sono certamente figure positive.


3) IL QUADRO NAZIONALE. ALLARME CORRUZIONE E DISINFORMAZIONE. LA GRANDE QUESTIONE ETICA NAZIONALE E IL RUOLO DELLA CHIESA.

Mese duro, questo febbraio 2010, per chiunque abbia a cuore il bene comune e l'etica pubblica.

3.1 - Presi con le mani nel sacco.

Si parte con Milko Pennisi, consigliere comunale Pdl a Milano e presidente della commissione urbanistica, arrestato in flagranza l'11 febbraio mentre ritira una busta con 5.000 Euro di un costruttore per sbloccare una pratica edilizia. Dalle indagini emergeranno altre mazzette. Si prosegue con l'arresto del presidente della provincia di Vercelli, Renzo Masoero, pure Pdl, accusato di concussione per aver chiesto a un imprenditore soldi a sostegno della sua campagna elettorale, probabilmente in cambio di appalti.

Il 17 febbraio una microcamera piazzata dai carabinieri svela come un funzionario pubblico, Massimiliano D'Errico, responsabile dell'ufficio Antifrode di Varese, subito arrestato, chieda 60 mila Euro al titolare di un'azienda di impianti elettrici, minacciando controlli invasivi nei confronti della sua azienda. Pochi giorni dopo finiscono in carcere, a Trezzano sul Naviglio, un ex sindaco del Pd, un consigliere del Pdl e un funzionario comunale. Corruzione bipartisan.

3.2 - Protezione Civile: la funzione pubblica asservita all'interesse privato.


Dai palazzi della politica parte il ritornello sul caso isolato, sui "birbantelli" sempre presenti. Ma non è ancora nulla, al confronto di quanto affiorerà nei giorni successivi a proposito di Protezione Civile e appalti per le Grandi Opere. Difficile fare una sintesi. Ma ci provo.

Facendo due liste. Da una parte i funzionari pubblici: Angelo Balducci, presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici; Fabio De Santis, provveditore alle Opere Pubbliche della Toscana; Mauro Della Giovanpaola, funzionario della protezione civile. Dall'altra i costruttori: Riccardo Fusi, presidente della BPT di Firenze; Diego Anemone, proprietario del Salaria Sport Village oltre che imprenditore edile; Francesco De Vito Piscicelli, pure costruttore (quello che rideva nel letto la notte del terremoto pensando agli affari d'oro che la catastrofe gli assicurava). Dalle telefonate intercettate emerge con evidenza lo scambio tra favori personali e appalti pilotati, senza gare e senza concorrenza, grazie ai percorsi preferenziali previsti per le Grandi Emergenze, quali terremoti e inondazioni, ed estesi ai Grandi Eventi, quali il G8 alla Maddalena, ai Mondiali di Nuoto a Roma, al 150° Anniversario dell'Unità d'Italia, sempre gestiti dalla Protezione Civile, in deroga alle norme sugli appalti e alla trasparenza del mercato. Nel solo 2009 le Grandi Opere sono state 78, dal 2002 addirittura 500, per 10 miliardi di Euro di spesa.

Per tenere un riferimento sul valore del denaro, che in situazioni del genere può sfuggire, prendo a unità di misura il costo annuale di un lavoratore in regola, che se prende 1.500 - 1-600 Euro netti al mese costa all'azienda circa 40 mila euro all'anno. 10 miliardi sono 250 mila anni-lavoro.

Tra i favori assicurati dalle imprese esecutrici ai funzionari che gestivano gli appalti ci sono assunzioni in azienda e consulenze ben pagate a mogli, figli e parenti; voli con aereo privato e conti di alberghi di lusso pagati sempre dalle imprese. E scambi vari: il Salaria Sport Village di Anemone ad esempio è costruito sulle rive del Tevere, in zona preclusa all'edificazione, con parere negativo di Regione, Provincia e Comune. Tutti superati da un'ordinanza del Balducci, che dà anche la concessione ad Anemone per partire coi lavori. Il villaggio è frequentato da imprenditori e funzionari pubblici, tra cui anche Bertolaso. Che dalle intercettazioni cerca Anemone per proporgli appuntamenti.

Balducci ha uno stipendio dai Lavori Pubblici di 180 mila euro all'anno, ma ne guadagna 14 volte tanto, circa due milioni e mezzo. Possiede 20 case insieme ai giovani figli, uno dei quali, Filippo, viene assunto insieme alla fidanzata in una impresa esecutrice dei lavori assegnati dal padre. Sempre un'impresa impegnata nei cantieri delle Grandi Opere paga, con tanto di fattura, arredi e tappezzeria (di lusso) della casa di Filippo.

L'altro figlio di Balducci, Lorenzo, ha mire da attore. Compare in un film. Il padre ne parla al telefono con Minzolini, il direttore del TG1, che organizza un incontro con Vincenzo Mollica, giornalista Rai che cura il cinema. Dopo l'uscita del servizio in cui il suo TG parla del film, Minzolini chiama Balducci e gli chiede: "Volevo sapere se ti è piaciuto". "Moltissimo - risponde il direttore dei Lavori Pubblici - non ho parole". "E' stato proprio bello il servizio... Sai, è una specie di investitura in quel mondo lì", sottolinea il direttore del primo Telegiornale pubblico nazionale. Che il 18 febbraio fa un editoriale, nell'edizione più seguita, quella delle 20, contro le intercettazioni telefoniche, ree di esporre i cittadini alla gogna mediatica.

E sono solo frammenti del commercio spudorato tra uffici pubblici e appetiti privati che riempie 140 mila pagine di indagine. Ma c'è di più: in mezzo alle due liste (di funzionari pubblici e di imprese private) stanno Antonio Di Nardo, contemporaneamente funzionario del Ministero delle Infrastrutture e contemporaneamente socio di un'impresa di costruzioni, il Consorzio Stabile Novus; e Denis Verdini, uno dei 3 coordinatori nazionali del Pdl, con un eminente ruolopubblico ma anche in società con soggetti esecutori delle Grandi Opere (Fusi della BTP). In casi come questi non c'è nemmeno bisogno di scambi: un solo soggetto recita di persona due parti in commedia.

Negli stessi giorni avanza in Parlamento il progetto del governo (solo in parte abbandonato dopo l'esplosione dello scandalo) di trasformare la Protezione Civile in una Società per Azioni e di conferire immunità amministrativa ai suoi dirigenti, affinché non debbano rispondere a nessuno.

3.3 - Talpe in procura, al soldo dei corrotti

Da questa rete di malaffare emerge un cancro ancora più terribile: l'asservimento corruttivo non solo di pubblici funzionari, ma anche di magistrati deputati al controllo di legalità.

E' il caso di Achille Toro, procuratore a Roma, che avvisava delle indagini gli indagati, violando il segreto d'ufficio. In cambio il figlio Camillo veniva assunto all'Acea e il figlio Stefano faceva consulenze per l'ufficio di De Santis.

Se l'inchiesta è andata avanti è stato perché, ad insaputa di Roma (almeno fino a fine gennaio), stava indagando la Procura di Firenze. Si scopre infatti che da gennaio 2009 la procura di Roma aveva dai carabinieri notizie di sospetta corruzione sugli appalti del G8. Ma il procuratore capo Giovanni Ferrara e l'aggiunto Toro frenano, sopiscono, nonostante che il pm che ha in mano le carte insista per aprire un'indagine. La richiesta di intercettare le utenze di Anemone e Balducci viene negata nella primavera 2009. A settembre arriva però un'ulteriore segnalazione dalle Fiamme Gialle (operazioni illecite per 800 mila Euro su conti riconducibili al commercialista e al progettista di Anemone). La procura di Roma tiene tutto fermo per altri 2 mesi, e solo in novembre la Guardia di Finanza può muoversi. Intanto però è partita Firenze.

Questa storia getta una luce nuova sul recente duro attacco del procuratore Ferrara ai colleghi di Firenze, attacco al quale 80 sostituti (sui 100 in forze alla procura) si ribellano firmando un documento di presa di distanza. Sui giornali la notizia passa inizialmente come uno scontro di potere interno alla magistratura. Ma in seguito si capisce che non di questo si tratta.

Il 27 gennaio infatti Ferrara aveva chiamato la procura di Firenze che confermava l'esistenza di un'indagine sul G8 e la Protezione Civile. La sera stessa il procuratore Toro incontra Azzopardi, avvocato del gruppo di Anemone. Il giorno dopo tra gli indagati è una raffica di chiamate allarmate, "dobbiamo vederci subito". E' proprio in quelle ore - strana coincidenza - che Berlusconi annuncia pubblicamente l'intenzione di nominare Bertolaso ministro. E che il procuratore Ferrara si scaglia contro i colleghi fiorentini.

Gli arresti degli imputati arrivano a metà febbraio quando la fuga di notizie causata da Toro (che si dimetterà dalla magistratura) mette a rischio l'inchiesta: al telefono gli indagati sono agitatissimi, progettano di espatriare. La procura di Firenze se ne avvede, e scattano le manette. Quali danni all'indagine avrà comunque fatto la complicità di alcuni magistrati con corrotti e corruttori?

Ma Balducci era in contatto stretto non solo con Toro, ma anche con Pasquale De Lise, presidente del TAR del Lazio, e con Mauro Masi, direttore generale della Rai (con quali si sentivano spesso ma mai direttamente, bensì "triangolando" su un numero telefonico di Palazzo Chigi). Chissà se questo c'entra con la sordina messa da telegiornali e radiogiornali su questa inchiesta.

3.4 - Frode Telefonia e arresto del senatore Di Girolamo

Mentre si cerca di mettere a fuoco la portata dello scandalo che investe la Protezione Civile, un'altra vicenda irrompe in cronaca. L'indagine nasce per caso, da un'usura ai danni di un imprenditore romano, e passo dopo passo arriva a scoprire una truffa enorme, un sistema circolare di fatture del valore di 2 miliardi di Euro (4000 miliardi di vecchie lire), che mediante acquisti di traffico telefonico tra Italia ed estero, genera un surplus pari al valore dell'iva non pagata. Una buona descrizione del meccanismo è nell'articolo di Giovanni Stringa sul Corriere del 25 febbraio:

http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/25/Ecco_come_aggirava_versamento_Iva_co_9_100225003.shtml

Risultato: quasi 400 milioni frodati allo Stato, equivalenti a 800 miliardi di vecchie lire, e al costo annuale di 10 mila lavoratori in regola (10 mila anni-lavoro).

Soggetti coinvolti: Fastweb, una controllata Telecom, un faccendiere romano (Gennaro Mockbel), il boss della ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto Franco Pugliese, e il senatore Nicola Di Girolamo, eletto per il Pdl come rappresentante degli italiani all'estero. Costui appare nelle intercettazioni letteralmente al guinzaglio di Mockbel, che gli dice: "Se ti è venuta la senatorite è un problema tuo, Nico'. Puoi diventare pure presidente della Repubblica, per me sei sempre il portiere mio. Tu sei uno schiavo mio". Nelle case di Mockbel vengono trovate circa 4.000 opere d'arte, per un valore complessivo stimato in 40 milioni di Euro. Pari al costo annuale di 1.000 lavoratori in regola.

In un primo momento Di Girolamo nega tutto, ma spuntano foto che lo ritraggono festeggiante con boss della ‘ndrangheta. Sempre nelle intercettazioni viene detto a Di Girolamo: "Decidiamo noi con chi devi stare a pranzo, con chi devi stare a cena, chi devi incontrare. Se lo capisci bene, altrimenti mettemo un altro". Nei primi momenti i colleghi del Pdl lo difendono. Poi prevale l'imbarazzo e la linea cambia. Le dimissioni vengono accettate. Non era andata così tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, quando già Di Girolamo era stato accusato di avere falsificato la sua residenza, requisito essenziale per essere eletto come rappresentante degli Italiani all'estero: allora l'Aula negò l'annullamento della sua elezione, in un eccesso di garantismo, che definirei cameratismo parlamentare.

Ma oggi le intercettazioni sono troppo evidenti perché Di Girolamo possa cavarsela. Nella rete di connivenze appaiono ufficiali della Guardia di Finanza (come Luca Berriola, esperto di antiriciclaggio, che copriva operazioni di riciclaggio), funzionari dell'ambasciata (che copriva la sua falsa residenza in Belgio), e uomini della ‘Ndrangheta, che durante le operazioni di spoglio delle schede vengono ringraziati da Di Girolamo e che si vantavano di avere falsificato per lui il voto su centinaia di schede.

Di Girolamo possiede diverse auto come Jaguar e Ferrari, Bmw e Audi, una barca da 1,5 milioni di Euro, case a Roma e all'Argentario. Il suo compenso per aver favorito la rete fraudolenta sarebbe stato di 1,8 milioni di Euro. Pari a 45 anni-lavoro.

Negli stessi giorni in cui viene alla luce questo traffico, Berlusconi riafferma che le intercettazioni sono una barbarie da stato di polizia, e conferma l'intenzione del suo governo di porvi un freno.

3.5 - Corruzione e disinformazione. La sentenza Mills e il TG1.

La Corte di Cassazione si è espressa il 26 febbraio sul processo Mills-Berlusconi. Dicendo che il reato di corruzione ci fu (compenso di 600 mila dollari per deporre il falso nel processo per corruzione alla Guardia di Finanza e nel processo dei fondi neri di All Iberian,) ma fu commesso 4 mesi prima (novembre 1999) di quanto sostiene l'accusa. Quindi è prescritto. Grazie al fatto che nel 2005 l'attuale maggioranza, con la legge ex Cirielli, detta anche "salva Previti", ha ridotto il termine di prescrizione da 15 a 10 anni.

Maurizio Lupi
, vicepresidente della Camera, pdl, intervistato in proposito afferma: "Questa sentenza dimostra in modo evidente che l'accanimento giudiziario nei confronti del premier può portare a storture delle leggi vigenti o a interpretazioni creative. Riflettiamo sull'ingiustizia che si potrebbe commettere se non si ha certezza di quando viene commesso il reato".

Secondo la logica di Lupi, la giustizia è un problema di precisione temporale. Non importa tanto il fatto commesso, ma il giorno e l'ora. Perché, come dice l'onorevole cattolico e ciellino, non avendo certezza di quando viene commesso il reato, si potrebbero commettere drammatiche ingiustizie. Viva la prescrizione, abbasso il processo.

Nel frattempo Augusto Minzolini, direttore del TG1, fa dire nei titoli e nel lancio del servizio del Telegiornale del 26 sera che Mills è stato assolto. Berlusconi parla di "certi giudici peggio dei criminali, una banda di talebani che perseguono fini eversivi". Nelle stesse ore altri talebani a Kabul uccidono l'italiano Piero Colazzo.

Ghedini
e Berlusconi dichiarano pubblicamente di volere assoluzione piena. Chiunque sappia un poco di diritto sa che per averla basta rinunciare alla prescrizione. Finora Berlusconi non l'ha fatto, anzi negli anni passati si è avvalso della prescrizione 4 volte, sul lodo Mondadori, sul finanziamento illecito al PSI di Craxi, sul falso in bilancio Fininvest, sull'acquisto del calciatore Lentini con fondi neri. Che stavolta cambi linea ed affronti il processo? Al contrario, impegna la sua maggioranza sul "processo breve", ovvero interrotto dopo 3 anni, mentre il suo governo non fa nulla per coprire i buchi in organico nella magistratura, che annovera centinaia di posti vacanti, con evidenti conseguenze rallentanti o paralizzanti sui tempi della giustizia.

3.6 - La grande questione etica e il ruolo della Chiesa.

Sin qui, ahimè, i fatti. Ora una tesi, con due premesse.

La prima: i danni prodotti dalla corruzione vanno ben oltre le cifre pagate in mazzette, che sono piccola cosa, la punta dell'iceberg. Il grosso del danno è costituito da quello che viene dopo, ovvero: opere pubbliche mal costruite (es. la Casa dello Studente che crollò all'Aquila uccidendo i giovani ospiti), oppure inutili (gli edifici per il G8 alla Maddalena), oppure incompiute o inutilizzabili (gli esempi si sprecano). Fiumi di denaro pubblico mal speso e sprecato.

E poi c'è il danno del mercato alterato, il fatto che vengono estromesse imprese valide e oneste, e premiate imprese che investono in corruzione piuttosto che in qualità. Sono posti di lavoro bruciati, tessuto imprenditoriale indebolito, competitività e sviluppo mancati. Il danno economico e sociale è vasto e diffuso. La Corte dei Conti l'ha recentemente stimato in 60 miliardi di Euro all'anno. Circa 1.000 Euro per ogni cittadino. Pari a 1,5 milioni di anni-lavoro.

Seconda premessa. Siamo d'accordo sul fatto che la corruzione va affrontata come fenomeno trasversale ai partiti, che ha radici nella società prima che nella politica (Della Loggia sul Corriere ricorda ad esempio il tema dell'evasione fiscale e dei concorsi truccati, dove la politica c'entra poco). D'accordo quindi sul fatto che il malcostume va combattuto in modo bipartisan. Ma questo non significa che tutte le proposte politiche siano equivalenti in tema. Chi vuole depotenziare il controllo di legalità, con la delegittimazione quotidiana dei magistrati ("si devono vergognare"), con la volontà di introdurre la decadenza breve del processo e l'inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per le indagini, non può credibilmente dirsi impegnato per la trasparenza e contro la corruzione. Perché, come è stato detto, lavora per abbattere gli argini anziché rafforzarli. E' sul piano delle scelte legislative che vanno giudicate le differenze politiche in tema di corruzione. E su questo piano non tutti i partiti sono uguali.

E veniamo alla tesi. Che è la seguente: il grande tema etico nazionale è di tipo economico e ha due nomi, corruzione ed evasione. Su questi argomenti etici la Chiesa, che pure avrebbe molto da dire, non gioca appieno il suo ruolo.

Se la corruzione è fenomeno comunque di élite (bisogna avere un potere decisionale per accedere allo scambio corruttivo), l'evasione fiscale invece è di massa. Come è emerso da un dossier del Corriere della Sera, solo 3 italiani su mille dichiarano redditi sopra i 150 mila Euro, e sono quasi tutti dipendenti e pensionati. In numeri assoluti, su 41 milioni di contribuenti sono 149 mila quelli che dichiarano più di 150 mila euro di reddito annuale, e di questi 129 mila sono dipendenti e pensionati, cioè hanno la ritenuta alla fonte. Di professionisti e autonomi solo 20.000, lo 0,04 % (4 su 10 mila) di tutti i contribuenti. Tra questi: imprenditori, professionisti (avvocati, notai, commercialisti), commercianti (ristoratori, negozianti, albergatori), proprietari di terreni e di immobili. Sono numeri non credibili, non compatibili con la capacità di spesa e gli stili di vita che abbiamo sotto gli occhi.

Da qui una riflessione di "sociologia tributaria": se ancora vengono pagati gli insegnanti e gli infermieri, la pubblica illuminazione e gli asili nido, i carabinieri e gli assistenti sociali, è grazie a 4 milioni di italiani che, pur rappresentando solo un decimo dei contribuenti, versano oltre il 50% degli introiti tributari. E pagano anche per quelli che si nascondono al fisco. I quali, oltre a mentire, sottraggono denaro non solo allo Stato, ma in ultimo ai loro concittadini, ai vicini di casa, agli amici, costringendoli a pagare di più e privandoli di servizi pubblici non più coperti dalle entrate tributarie.

Stupisce allora che si fatichi a riconoscere nella vicenda economica e fiscale la prima e grande Questione Etica italiana, sia da parte laica, sia da parte ecclesiale. Perché in una visione comunitaria e non individualista della società - come quella cristiana e cattolica - è del tutto evidente come il tradimento del patto sociale commesso dal corruttore e dall'evasore sia direttamente causa di danno al "cittadino-prossimo" e di disgregazione del tessuto sociale.

E invece altri sono i "valori non negoziabili" indicati dalle gerarchie ecclesiali allo scopo di orientare il voto cattolico (che poi è il voto di tanti cittadini diversi, non di un blocco compatto). E sono ahimè (lo dico da credente) spesso gravitanti intorno alla sfera sessuale. Eppure l'avarizia viene prima della lussuria nella lista dei 7 peccati capitali, e addirittura 2 dei 4 peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio sono di natura economica, ovvero "opprimere i poveri" e "defraudare la paga ai lavoratori". Inoltre "non rubare" e "non dire (o dichiarare) il falso" sono due dei dieci comandamenti, per non parlare dell'abbondanza di riflessioni, giudizi e indicazioni prodotta negli ultimi 150 anni dal magistero sociale della Chiesa, in materia di economia e lavoro, giustizia distributiva e uso delle risorse.

E invece leggiamo e sentiamo di vescovi che pubblicamente minacciano di ritirare la patente da "politico cattolico" ai credenti impegnati nelle istituzioni che non accettano di conformare la loro azione politica - attenzione - non alla "morale cattolica" (che comprende tutti gli aspetti della vita personale e sociale), ma ad una certa fetta della morale cattolica, quella "dall'ombelico alle ginocchia", come diceva un mio vecchio amico prete.

E' un peccato, nel vero senso della parola, che questo avvenga. Perché rende difficile, anche a chi avverte il fascino del Vangelo e la forza rivoluzionaria della vicenda di cristiana, guardare seriamente ad una morale cattolica così deformata dallo strabismo di troppi pronunciamenti della gerarchia, che tende a drammatizzare ogni implicazione di alcune materie, e a trascurare al contrario responsabilità personali e conseguenze sociali in altre materie, economiche e fiscali.

Ed è un peccato per il discorso pubblico, che avrebbe tanto da guadagnare da un confronto laico e intellettualmente libero con la morale cattolica considerata nel suo complesso, non allo scopo di obbedirvi, ma di riflettervi per trovare una propria strada, una propria etica laicamente fondata. Ma spesso di questo patrimonio prezioso di pensiero, soprattutto sociale ed economico, che è la morale cattolica, viene rappresentata una caricatura, poco utile al anche sul piano educativo.

Perché oltre che contrastata sul piano penale la corruzione (e l'evasione) vanno combattute sul piano culturale, con un forte recupero dell'etica del lavoro. Davanti a frequenti casi di commercio della propria posizione pubblica, di distorta imprenditorialità che porta a sfruttare il "munus" pubblico per arricchimento personale, va riproposta con forza un'idea di professionalità orgogliosa e limpida, e del lavoro come una delle più alte espressioni dell'umano, motore di evoluzione sociale e di crescita personale.

Va ritrovato, e celebrato, l'onore del lavoro pulito dei funzionari pubblici che non si piegano al malaffare (le inchieste in corso rivelano anche storie belle, di persone che per essersi opposte hanno pagato con rimozioni e trasferimenti). Dell'autentico lavoro di impresa, che vuol dire avere un progetto, metterci le proprie energie ed assumersi i rischi del mercato senza scaricarli tutti sui lavoratori. Del lavoro di cura, di accoglienza e di rigenerazione della persona che viene fatto ogni giorno nelle nostre case e famiglie. Del guadagno sudato e onesto del salariato.

Davanti ai liquami che intridono tanta parte della vita pubblica e sembrano ammorbarci il futuro e soffocare la speranza, abbiamo il diritto, o forse il dovere, di sentirci diversi, di voler essere diversi. In attesa che la politica riscopra la bellezza e la centralità del lavoro (non a caso fissato al primo articolo della nostra Costituzione come elemento fondativo della Repubblica), iniziamo noi a riscoprire l'orgoglio e il valore del lavoro onesto e ben fatto. Potrebbe essere l'inizio di una grande reazione civile.

Buonanotte. E buon lavoro a tutti.

Andrea De Pasquale

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