Andrea De Pasquale

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Laicità: etica e legge


(Mail inviata al gruppo Democratici, ovvero sostenitori di Franceschini nell'area Semplicemente Democratici, in ottobre 2009).


Ringrazio Piergiorgio per la chiarezza e per la sintesi. Sono d'accordo con lui.

Occorre partire dalle priorità del paese (economia, lavoro, fisco, welfare), sulle quali siamo più uniti e insieme chiaramente alternativi rispetto al governo attuale: mi sembra una scelta intelligente, non solo tattica.

Aggiungo una nota per rasserenare il clima sul tema laicità.

Anni fa passai alcuni mesi all'istituto giuridico CICU a leggermi per la tesi gli atti della costituente, notando come le argomentazioni di Dossetti, Togliatti, Einaudi o Calamandrei fossero tutte laiche. Nel senso che puntavano a convincere gli altri non in nome di una fede o di una ideologia a cui aderire, ma di una visione del mondo proposta come giusta e condivisibile, e degna di essere fissata in una legge fondativa come quella costituzionale.

Per questo non è risolutivo dire che il credo religioso va distinto dalla legislazione: è vero, ma non basta. Sono pochi a dire che le leggi vanno fatte per accondiscendere una visione religiosa, e quei pochi lo fanno per opportunismo, senza nemmeno tanta convinzione. Il punto è un altro, ed è che qualsiasi legge non può prescindere dal confronto con un'etica, o se preferite con una antropologia (cioè una visione dell'uomo in rapporto con gli altri uomini e con la natura).

Dire no al razzismo implica una scelta di natura etica e antropologica, ovvero che siamo uguali in dignità al di là della razza. Questa scelta è vincolante per tutti: non lasciamo libero il nostro vicino naziskin di massacrare nel chiuso della sua cantina il compagno di scuola nero o ebreo, ma glielo impediamo con la forza della legge, perché crediamo che sia un valore tutelare l'uguaglianza. Quando un razzista ci dicesse: "Io non impedisco a te di trattare da uguali i negri, tieniti la tua etica dell'uguaglianza ma lascia me libero di avere un'altra etica ", noi risponderemmo che la tutela del valore dell'uguaglianza è per noi più importante della sua libertà. E quella dell'uguaglianza è una scelta totalmente culturale: per secoli si è pensato diversamente, e ancora oggi in diverse parti del mondo si pensa diversamente. Ma qui abbiamo preso una concezione (tra l'altro a sfondo religioso: quella dell'essere tutti uguali come umani) e ne abbiamo fatto una regola civile vincolante.

Idem per la scelta di impedire, qui in Italia (ma in generale nell'occidente) la pratica dell'infibulazione: in questo non siamo rispettosi della diversità delle tradizioni culturali e religiose delle comunità immigrate, perché scegliamo di tutelare il corpo della donna più di una cultura che ne permette la menomazione. Anche questa è una scelta etica, culturale. Idem con la poligamia: quando in veste di consigliere di quartiere andai a incontrare un responsabile della comunità islamica di Bologna e arrivammo a parlare di donne, lui mi ribaltò la frittata, e disse che eravamo noi occidentali gli immorali, praticando l'adulterio e coltivando relazioni clandestine con amanti varie: molto meglio la regola che se fai sesso con una donna te ne fai carico economicamente (donde la poligamia). E d'altronde la scelta di non accettare come normale attività professionale la prostituzione, ovvero lo scambio sesso-denaro, che cos'è se non una scelta valoriale che dice che il corpo della donna non può essere oggetto di commercio?

Non esistono insomma evidenze scientifiche ed oggettive a cui attaccare le nostre scelte valoriali, e dunque legislative. Siamo comunque nel campo della cultura, dell'etica, quindi della fede, che dal punto di vista storico-sociologico altro non è che una visione del mondo e una gerarchia di principi che ne consegue. La storia della sinistra è tutta basata su scelte etiche e valoriali, anzi su una fede precisa e condivisa, sia pure immanente, in certi valori e in certi meccanismi della storia. Quando in maggio 2007 organizzai su questi temi un seminario (http://www.andreadepasquale.it/interno.php?ID_MENU=15010&ID_PAGE=15011) questo emerse con chiarezza.
Anche in tema ambientale torna lo stesso problema: sono in molti a non sentire affatto la responsabilità verso le generazioni future, a non credere al riscaldamento globale e a chiedere la libertà di sversare nel torrente i liquami della loro attività. Ma noi, almeno qui, vogliamo impedirlo, e gli mandiamo i carabinieri, perché crediamo (nota il verbo) che la tutela dell'ambiente sia più importante.

Non illudiamoci quindi che il tema sia risolvibile distinguendo tra sfera pubblica (ambito della libertà) e dimensione privata (ambito dell'etica e della fede): per chiunque di noi la visione del mondo e l'etica che ne deriva devono investire la sfera pubblica, altrimenti non potremmo mai arrestare un pedofilo o un avvelenatore di falde idriche, che facilmente potrebbero chiederci di lasciarli in pace con la loro etica differente dalla nostra.

Quindi stiamo sereni, il tema non ci divide in quanto credenti o atei, ma in quanto cittadini diversi per storia ed esperienza, chiamati a riscrivere insieme le regole civili di questo paese, e di farle finalmente rispettare. A iniziare da quelle dell'economia e della giustizia sociale. Io sono pronto.

Buon lavoro a tutti.

Andrea De Pasquale
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