Andrea De Pasquale

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Gennaio - marzo 2007 (2 interventi)

Intervento del 6 marzo nell'ambito del dibattito consiliare su Romilia


CONSIGLIERE DE PASQUALE:
Grazie Presidente, grazie colleghi. Molte sarebbero le cose da dire anche se alcune sono già state dette da colleghi, quindi su queste sorvolerò rapidamente. Innanzitutto però prima di svolgere il mio intervento sento il bisogno di chiarire alcune ambiguità o alcune cose non corrette che ho sentito dire negli interventi che mi hanno preceduto.

La prima è quella rispetto alla primogenitura di questo dibattito: ho sentito diversi colleghi di centrodestra affermare che è grazie all’insistenza delle Minoranze che questo dibattito è approdato prima in Commissione e poi in Consiglio. Questo non è vero, e posso testimoniarlo, e per chi volesse ho le prove scritte del fatto che le prime richieste che mi sono giunte i primi giorni di dicembre dopo che la presentazione alla stampa (perché è stata alla fatta alla stampa la presentazione dell’ipotesi di progetto Romilia) sono state invece richieste di colleghi del Centrosinistra, posso nominarne alcuni: Zaniboni che è della Margherita, Grandi che è di Rifondazione e Sergio Caserta che è dei DS.

Quindi mi dispiace per i colleghi di Centrodestra, ma devo smentivi in questo, siccome già altre volte ho visto sui giornali dichiarazioni dei miei colleghi di Minoranza che dicevano "è grazie a noi, grazie a noi che Romilia è entrata in Consiglio..." non mi risulta, poi se avete altre informazioni che mi sfuggono smentitemi, però essendo io Presidente di una delle due Commissioni interessate posso dire che i primi tre sono stati i Consiglieri di Maggioranza.

Poi andando avanti un po’ rapidamente, continuo a vedere degli errori in cui continua a cadere anche il Presidente Cazzola quando dice - anche oggi c’era sul Corriere della Sera - "voglio una risposta veloce!"; quando in realtà ho l’impressione che anche qui in commissione abbia detto che presenterà la documentazione integrativa dovuta entro due – tre mesi.

Delle due l’una: o si vuole che noi diamo un giudizio pregiudiziale sulla base delle poche informazioni che abbiamo disponibili sulla sintesi del foglietto che ci è stato presentato e della proiezione che abbiamo visto, - e quindi allora è legittimo chiedere una risposta veloce. Ma se ci si chiede un esame attento, se ci si chiede una considerazione seria di questa proposta, che effettivamente anche io come il Consigliere Donini giudico interessante, allora però che questa proposta sia supportata dai documenti che la normativa richiede!

Io credo che i consulenti e anche alcuni soci del Presidente Cazzola sappiano molto bene che il PTCP, davanti alla ipotesi che un privato proponga un nuovo polo funzionale (quale questo è pienamente), dice appunto che va prodotta insieme alla proposta una serie di documentazioni (non necessariamente un progetto, perchè la parola progetto è molto impegnativa e molto anche costosa), però una serie di documenti che facciano capire se il proponente ha studiato un po’ quelli che sono gli impatti sull’ambiente, sul traffico e quelle che sarebbero le proposte per mitigarli.

Ora, tutto questo non l’abbiamo visto, e mi sembra strano che ci si chieda rapidità quando dall’altra parte ci si dice che la documentazione indispensabile al nostro giudizio arriverà tra due – tre mesi. Quindi mi va bene la rapidità, però che parta tra due, tre mesi, cioè quando effettivamente avremmo gli elementi per giudicare.

Su questo sono tra l’altro molto d’accordo con quanto ha detto prima di me il Consigliere Donini, che ha fatto tre passaggi che ritengo fondamentali: uno sulla competitività tra i sistemi territoriali, uno sulla scala del PTCP e uno sulla perequazione.

Parto dalla competitività. Qui, diciamocelo chiaramente, a parte il collega Guidotti che stimo per la coerenza, in quanto lui ha sempre combattuto il PTCP e dice che effettivamente nello scontro tra Romilia e il PTCP deve vincere Romilia e seppellire il PTCP  - e va benissimo, è una posizione coerente di una Minoranza, che ha anche nello scorso mandato ha votato contro questo strumento di pianificazione... Però vorrei ricordare ai presenti che la pianificazione laddove è stata fatta e applicata ha aumentato lo sviluppo, ha aumentato la competitività, ha aumentato la ricchezza non l’ha diminuita! E voglio fare un paio di esempi.

Prendiamo l’esempio del Veneto, cresciuto come ben sappiamo come modello di deregulation urbanistica, di assenza pianificatoria o comunque di minima programmazione: e l’esempio, invece, dell’area di Barcellona, che è cresciuta sulla base di una panificazione rigida (ma rigida dal punto di vista della pianificazione, non della decisione su cosa si fa nel singolo lotto) e i risultati sono i seguenti: che le aziende oggi dal Veneto stanno andando via, perché la tassa logistica che si trovano a pagare - cioè il tempo che i camion aspettano fermi in coda per portare la materia prima e poi per portare via le merci - è tale che fa crollare la competitività, soprattutto in un periodo di "just in time" come questo (cioè dove la logistica è fondamentale, la rapidità di servizio è fondamentale), tanto è che siamo preoccupati tutti perché il Veneto, locomotiva degli anni 80 e dei primi anni 90, sta effettivamente perdendo in grande parte la sua competitività.

Guarda caso, invece, un territorio pesantemente pianificato, pesantemente infrastrutturato come è il territorio della Catalogna sta attraendo investimenti perché oggi è questo che vogliono le aziende, è questo che vuole lo sviluppo, non il fatto che chiunque possa alzarsi una mattina e dire "io voglio fare questa cosa bella qui e ti do tanta occupazione e tanto investimento..." Andiamolo a vedere questo investimento, noi non diciamo di no di principio, ma abbiamo bisogno di capire se questo tipo di proposta aumenta o diminuisce la competitività del nostro territorio! E qui vengo ad alcune cose che mi hanno stupito.

Innanzitutto, da quando c’è stato questa audizione il 28 febbraio, come Presidente della Commissione che si occupa di traffico, di viabilità e che quindi riceve una montagna di segnalazioni di disagio da parte dei cittadini che abitano sull’asse della San Vitale, posso dire che fino a ora mi hanno ingannato, mi hanno raccontato delle balle, perché se è vero quanto ho sentito dire, ovvero che in 14 minuti si va da Bologna a Medicina e anche ritorno - questo è quanto è stato affermato, ed è nel verbale di deregistrazione dell’audizione che abbiamo avuto -, signori i casi sono due: o la San Vitale è una strada congestionata e quell’area è congestionata, e allora mi sembra difficile che Romilia possa essere raggiunta in 14 minuti andata e ritorno da Bologna; oppure ho capito male io in questi due anni e mezzo di Consiglio Provinciale e tutti coloro che da Medicina si lamentano che ci mettono 40 minuti o un’ora per arrivare a Bologna stanno sbagliando. Non è possibile che siano vere tutte e due le cose: o è vero “A” o è vero “non A” in questo caso.

Poi mi colpisce anche il fatto che il quartiere Saragozza, da quando si parla di Romilia, ha come principale sponsor, che esprime la massima preoccupazione per il benessere degli abitanti del quartiere stesso, nel comune di Medicina! Effettivamente a Medicina c’è questa preoccupazione, di salvare gli abitanti del Saragozza da questo disagio dello Stadio, e anche questo è un tema interessante... Però ricordiamoci che gli stadi, se andiamo un po’ in giro in Europa, raramente sono piazzati a questa distanza dai centri urbani; e ricordiamo anche che quindi l’esame di questo spostamento sarà da farsi, e sarà da farsi in maniera laica e in maniera non preconcetta, però l’entusiasmo iniziale di chi dice: "portare lo stadio venti chilometri ci risolve di colpo tutti i problemi" non tiene, perché ricordiamoci molto bene che poi i 20 mila posti saranno 20 mila automobili in andata e in ritorno, che moltiplicate per 40 chilometri ci produrranno qualche problemino a livello di inquinamento. Di tutto si può parlare, ma andiamo a vedere poi che effetti avremo sulla nostra qualità dell’aria, e come saremo felici di stare poi con le nostre macchine in garage anche il venerdì e il martedì oltre al giovedì per questo: pensiamoci!

Infine, concludo sull’intervento del collega Donini, che ha toccato anche il tema della scala del PTCP. Ora, in politica e in Amministrazione non c’è una Bibbia, il PTCP non lo è, di tutto si può ridiscutere, anche del PTCP: però se lo si ridiscute lo si ridiscute per intero, non per un pezzettino. E poiché la scala del PTCP è una scala che copre l’intero territorio provinciale, se ne discute da Porretta a Molinella, non se ne discute per Medicina o per il pezzo che interessa a Medicina: questo deve essere molto chiaro.

Stessa cosa per il discorso che è stato accennato (e su cui non entro perché l’esempio che Donini ha fatto è chiarissimo) della perequazione: poiché la scala è sovracomunale, tutto quanto può entrare nelle casse pubbliche come investimenti sul territorio non può essere definito a livello locale, ma deve essere definito a livello sovracomunale.

Faccio un’ultima osservazione sulla economia e sull’industria, perchè qua ho sentito usare diverse volte l’espressione "piano industriale", mutuandolo dalla presentazione che ha fatto il Presidente Cazzola in questa aula, come una definizione corretta per quello che abbiamo davanti. Ho qualche rapporto con le associazioni industriali di Bologna, e ultimamente da un po’ da interventi che ho sentito, fatti da esponenti provinciali e regionali dell’API in alcuni convegni pubblici, convegni interni organizzati ad esempio chiamando economisti come Giavazzi, ho sentito forte la seguente preoccupazione, che sintetizzo così non avendo qui il tempo di fare l’abstract del convegno: "Attenzione bolognesi, perché ogni Euro che viene investito nel mattone, nell’immobiliare, è un euro che non viene investito nell’industria, cioè nella ricerca, nello sviluppo tecnologico!"

Fortunatamente i nostri imprenditori, soprattutto quelli dei settori più tecnologicamente esposti (quindi la meccanica per esempio è una delle prime, la citava prima Leporati), cominciano a preoccuparsi dello sbilanciamento che si ha sul nostro territorio a investire i capitali quasi esclusivamente o comunque prioritariamente nell’immobiliare. Perché questo è rischioso?

Vi faccio notare il fatto che, nel momento cui noi investiamo nell’immobiliare, andiamo innanzi tutto a consumare una risorsa finita e non riproducibile che è il territorio, e secondariamente andiamo a portare lavoro certamente a stimate imprese, ma anche a centinaia o migliaia di albanesi o rumeni, comunque persone contro le quali - per carità - io non ho nessun tipo di preconcetto, ma sono manodopera dequalificata e sono molto distanti dal tipo di lavori, di mestieri che possono, invece, dare lavoro ai bolognesi, cioè ai nostri ragazzi che studiano nelle nostre scuole, che si laureano nella nostra università e che con la loro brava laurea in tasca di ingegneria, di chimica rimangono disoccupati perché i nostri capitali sul nostro territorio vanno a premiare invece il cemento, vanno a premiare, invece, le edificazioni! Stiamo molto attenti a chiamare progetto industriale Romilia, perché se vogliamo un giorno parlare veramente di che cosa sono gli investimenti industriali, facciamo un discorso molto più vasto e andiamo finalmente ad esaminare quello che poi diceva il Senatore Vitali al convegno citato da Finotti, il quale non diceva "Vorrei vedere del coraggio da parte degli imprenditori", ha detto "vorrei vedere che finalmente l’industria bolognese si sganci dalla priorità che da sempre o negli ultimi anni hanno i costruttori, hanno le aziende immobiliari ed edilizie, e ritrovi una propria dignità anche al di fuori del fare costruzione e fare cemento".

Questo è stato il senso del discorso di Vitali, che io ricordo bene, visto che a questo convegno io ero presente, come era presente Finotti, quindi stiamo molto attenti a non contrapporre da un lato la pianificazione, come uno strumento vincolistico, come uno strumento che si oppone allo sviluppo e dall’altra parte la bellezza di uno sviluppo deregolato per cui l’imprenditore arriva, chiama industriale il suo piano (e nessuno va a vedere perchè), dice che investe... E mi piacerà poi vedere che cosa vuol dire "investimento " in questo linguaggio, perché se se scoprissimo - io non lo posso ancora dire - ma se scoprissimo che da questa operazione i proponenti vanno a ricavare, come direttamente vendibili, superfici costruite che sul mercato hanno lo stesso valore dell’investimento dichiarato... allora questo non si chiama investimento, signori, perché un investimento contiene un rischio, invece un’operazione di questo genere, se i numeri fossero quelli che abbiamo letto sui giornali, di rischio non ne contiene nessuno, perché immediatamente uno va ad incassare ciò che inizialmente ha dovuto chiedere in prestito, e quindi questo sarebbe il senso dell’investimento...

A casa mia, cioè nel mondo industriale, non si chiama investimento questo, si chiama con altre parole che però non voglio stare qui a dire, perché potrebbe essere antipatico.

Concludendo, noi abbiamo davanti un percorso che ritengo lungo, ma non perché vogliamo remare contro e ritardare, ma perché dobbiamo essere davvero attenti ai contenuti di questa proposta. Questa proposta ci deve ancora essere documentata, come abbiamo detto, e non lo chiede la Provincia: lo chiede la normativa! Quindi è il caso che i proponenti, se vogliono che noi esaminiamo la loro proposta, si sbrighino a darci questa documentazione e concludo sottolineando che i contenuti, come ha già detto il collega Donini, interessano anche a noi, però effettivamente vogliamo giudicarli in un quadro complessivo, come dice l’ordine del giorno che noi oggi ci accingiamo ad approvare, spero ad approvare in un quadro complessivo e di lungo periodo, perché lo sviluppo di un territorio si deve giudicare nel lungo periodo e nel quadro complessivo, non semplicemente in ciò che può far bene ad un singolo comparto, ad un singolo territorio ristretto.

Un’ultima affermazione che mi è sfuggita prima: il Consigliere Mattioli ha detto un paio di cose che mi sembrano strane, però possono essere anche vere, forse è la mia ignoranza, per quanto riguarda il fatto che Medicina è uno dei territori ricompresi nella potenzialità di sviluppo del PCPT, anche se non ha una linea di Ferrovia. Mi risulta vero, ma esclusivamente per il residenziale, e lei capirà Consigliere Mattioli che è un po’ diverso dire "possiamo fare due, tre o 400 case in più", oppure "possiamo portare 3 milioni di utenti all’anno",  perché tra l’altro questi utenti sono cresciuti in maniera impressionante in due mesi e mezzo, a Medicina fu detto che erano 2 milioni, in due mesi e mezzo sono diventati 3 milioni, adesso vediamo se a fine aprile sono rimasti così o sono cambiati ancora... No, ricordo bene, c’ero ed erano proprio due, se avete una registrazione sono pronto a venire a vedere.

Infine dicevo sempre il Consigliere Mattioli ha detto che i sei criteri del PTCP sono fondamentalmente rispettati da questa proposta. Io oggi non voglio entrare nel merito, però ne ha già ricordati alcuni il Consigliere Donini, e trovo che effettivamente ci siano alcuni criteri che sono esattamente la fotografia in negativo della proposta di Romilia, perché - ve ne leggo uno solo - il PTCP dice che i nuovi si possono fare, non è così bloccante, dice potete proporre quel che volete, purché - tra le varie cose - le proposte siano contigue a dare già parzialmente insediate, non residenziali, evitando collocazioni isolate in contesti rurali non compromessi da insediamenti.

Allora, effettivamente qui, se ci vedete, è proprio l’esatto contrario, cioè se noi dicessimo "lontano delle aree parzialmente insediate e privilegiando le collocazioni insediate in contesti rurali", allora effettivamente avrebbe ragione Mattioli, però ho l’impressione che ci sia davanti un "meno" algebrico che rende difficile questo tipo di coincidenza. Però noi siamo qua e siamo laicamente pronti ad esaminare la documentazione che i proponenti ci devono produrre, credo che dobbiamo farlo con attenzione, quindi non pressati con nessuna pistola alla tempia da nessuna delle due parti come si diceva prima, e siamo disposti anche ad aprire un dibattito credo con qualsiasi tipo di interesse locale. Grazie.

Intervento del 16 gennaio su un ordine del giorno relativo all'accompagnamento ai malati nella fase terminale (in coda al caso Welby).



Grazie. Interverrò sull’ordine del giorno firmato dalla maggioranza e quindi anche dal mio gruppo per dichiarare la mia soddisfazione rispetto al lavoro che ho visto fatto, perché mi sembra che siamo di fronte ad un testo equilibrato che sa stare sul pezzo specifico, cioè sul diritto effettivo di un malato, rendere effettivo il diritto di un malato di rifiutare delle cure quando queste non fossero risolutive della sua condizione di malato. Apprezzo soprattutto il fatto che sia stato dedicato un capoverso sull’importanza di investire comunque risorse nella presa in carico dei malati.

Qui vorrei fare una parentesi che deriva dalla mia esperienza diretta di vita, io ho trascorso quasi due anni, il servizio civile, in un ospedale dove avevo contatto quotidiano con persone che stavano male, ma molto male, soprattutto sul piano psichiatrico. Devo dire che la malattia principale e la ragione principale per cui molte di queste persone soffrivano era il senso di abbandono, e per dirla sinteticamente la percezione di essere diventati in qualche modo un peso inutile per la società, un costo e non più una risorsa.

Per questo ritengo davvero importante che a fianco della legittima e doverosa libertà che questo ordine del giorno sottolinea vi sia l’altrettanta doverosa cura e presa in carico di tutti noi e della società di persone che si trovano in condizioni di non essere più produttive o di non poter neanche tornare più ad essere produttive.

Sono contento che questo passaggio sia presente in questo ordine del giorno perché ritengo che dobbiamo davvero guardarci da entrambi gli eccessi, da quello dell’accanimento terapeutico, al quale anche io sono personalmente contrario, e in questo la mia appetenza religiosa - che conoscete, e che rivendico anche con serenità e con orgoglio - non mi dà nessun problema, anzi.

Dall’altra parte però capisco anche i timori di chi, e io li ho visti in prima persona in questa mia esperienza, teme che in un certo senso vi sia una spinta psicologia alle persone che non sono più attive, produttive e produttrici di reddito, a - come dire - "beh, insomma... visto che sei diventato un peso... prendi le tue misure, insomma traine le conseguenze dovute".


Questo secondo me non deve accadere, dobbiamo stare molto attenti che ciò non accada per cui appunto valuto positivo questo testo perché affianca alla libertà di scelta quell’altro concetto, della presa in carico, perché sono convinto che molte persone, e mi metto anche io, e credo tutti noi tra queste, davanti ad una libertà di scelta, priva però di un aiuto, di una presenza, di una solidarietà di altri che ti dicono in sostanza "ma tu sei
importante lo stesso, sei ugualmente un pezzo della società, sei ugualmente fonte di relazioni, sei comunque una persona a cui non vogliamo rinunciare anche se ti trovi in condizioni di non produttività, di malattia, di immobilità.

Credo che la sola libertà senza questa seconda parte possa essere effettivamente qualcosa di incompleto, di insufficiente per la dignità della persona e la qualità della vita che invece è l’obiettivo di questo nostro ordine del giorno. Per questo appunto dichiaro il voto favorevole mio o del gruppo.

Per contattarmi: scrivi@andreadepasquale.it - Per ricevere il mio rendiconto mensile: aggiornamenti@andreadepasquale.it
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