Andrea De Pasquale

ottobre 2005

Seduta del 28 ottobre


Vengono presentate due convenzioni (tra Provincia, RFI e Comune di Sant'Agata in un caso, Crevalcore nell'altro) per la realizzazione di opere stradali necessarie a risolvere problemi di viabilità (intersezioni pericolose o tortuose che verranno sostituite da rotatorie).

Le due delibere passano all'unanimità, ma il dibattito che precede il voto sottolinea la necessità di approfondire il tema "rotatorie", in quanto alcune di quelle realizzate sul territorio appaiono o troppo grandi, o troppo piccole, o comunque non risolutive dei problemi. Al di là della "moda", occorre dunque individuare dei criteri per capire dove una rotatoria serve e dove no, e come deve essere fatta per essere utile.

L'ing. Parmeggiani, dirigente del servizio manutenzione stradale, spiega che le rotatorie possono avere due finalità: regolare un incrocio e rallentare il traffico. Talvolta queste finalità sono presenti insieme, talvolta ve ne è una sola. La linea della Provincia è quella di costruire rotatorie - in ambito extra-urbano - che impongano un avvicinamento cauto (attraverso innesti con curve abbastanza strette), ma che non rallentino troppo il flusso (raggio di curvatura mirato sui 40 Km/h anzichè sui 30 tipici delle rotonde urbane), e che non abbiano curve di uscita tali da costringere a rallenare in uscita (rischio di tamponamenti). In realtà la velocità degli utenti è sempre maggiore rispetto a questi parametri, che sono calcolati in modo molto restrittivo.

Le dimensioni preferite sono di 70-80 metri di diametro: ma dipende sempre dalle situazioni locali. Viene sottolineato anche come una rotatoria ha senso solo laddove i flussi di traffico delle strade che vanno ad incrociarsi sono abbastanza equilibrati: un incrocio tra due strada una delle quali ha 50 volte il traffico dell'altra non è risolvibile con una rotonda.

In coda l'assessore Venturi viene ad aggiornarci sull'avanzamento dei progetti infrastrutturali dell'area bolognese (pensiamo a SFM, passante nord, metropolitana, people mover tra aeroporto e stazione). Purtroppo dal governo non ci sono passi avanti rispetto agli impegni presi, ma tutte le istituzioni bolognesi stanno esercitando la loro pressione unitaria (ed è un caso unico in Italia questa sintonia tra tutti i livelli istituzionali locali) per concretizzare gli accordi con Roma, dato che intorno a queste grandi opere si stanno organizzando tutti i piani di sviluppo territoriale.
Per saperne di più: Verbale IV Comm 28-10-2005.pdf

Seduta del 26 ottobre


Seduta straordinaria, convocata in partecipazione alla prima commissione che aveva invitato ATC per un'udienza conoscitiva sulle "prospettive societarie sul territorio".

Il presidente Sutti snocciola molti dati, tra cui spiccano - a mio giudizio - quello sugli addetti (1.900), sul numero di mezzi (1.019), sul numero di chilometri annuali percorsi (36 milioni, di cui una parte in subappalto). Dal 2000 non vengono più acquistati mezzi a gasolio per il trasporto urbano, ma solo a metano o elettrici (filobus).

Ma soprattutto il presidente dichiara che ATC ha completato le pratiche per presentarsi come soggetto gestore di servizi ferroviari, candidandosi con questo all'esercizio della rete SFM e anche di altre tratte regionali, sia di passeggeri, sia di merci.

Seduta del 21 ottobre


Dedicata alla partecipazione ad un Comitato Consultivo sulle varianti urbanistiche.

La prima variante è richiesta dal comune di Medicina, e presentata dall'arch Franco Capra (circondario imolese), il quale sostiene che Il PRG vigente è vecchio e l'elaborazione del nuovo PSC è agli inizi. Nel frattempo sono emerse alcune necessità residenziali. C'è stato un aumento di 1.600 abitanti negli ultimi 10 anni, che hanno prodotto 25 nuovi alloggi nel '95, e 184 nel 2005, per una media annuale di 120 nuovi alloggi all'anno. Con questa variante andiamo a circa 1300 alloggi aggiuntivi rispetto al 1995, con un aumento della residenza del 40%.

Si tratta della trasformazione di una zona agricola (di proprietà comunale) di 40.000 mq lungo il canale di medicina a zona residenziale, con un indice di 0,20, per la realizzazione di circa 90 alloggi. C'è infatti il bisogno del comune di trovare risorse per costruire un nuovo asilo. Il canale di Medicina è parte importante di una rete ecologica, ed è dotato di una zona boscata di rispetto, che andrebbe al confine con questo insediamento. 

Tra le domande, ricorre lo "squagliamento" della forma urbana indotto da questa variante. Lo spostamento del baricentro è coerente con le linee del nuovo PSC? Quali sono i servizi insediati? Sono sufficienti ad accogliere tutti questi nuovi abitanti? L'indice 0,20 non rischia di consumare un'area comunale a fronte di una scarsa risposta sociale (90 alloggi su 4 ettari non sono certamente una risposta sociale...)?

La seconda variante è richiesta dal comune di Pieve di Cento (area ex Lamborghini). Misura 9 ettari, coperta da un'indice dello 0,45. Venne individuata già nel '95 come vocata allo sviluppo residenziale. L'amministrazione si trova davanti ad una nuova proprietà, all'esigenza di costruire una scuola materna, e di capannoni per la costruzione dei carri di carnevale, e all'esigenza di acquisto di un terreno (fuori dal comparto) per insediarci attività direzionali di interesse pubblico. Tutte condizioni che la proprietà è disposta onorare, a fronte dell'aumento dell'indice da 0,31 a0,36 (da 28.000 a 32.000 mq di SU) Il vincolo di un 70% residenziale e 30% direzionale viene eliminato (si può aumentare il residenziale). Il comune rinuncia anche al 35% di capacità edificatoria pubblica.

Di fatto, la variante produce i seguenti risultati: sul residenziale, la capacità edificatoria privata aumenta di 13.000 mq, mentre quella pubblica cala di 5.700. Il saldo residenziale è di + 7.200 mq. Per quanto riguarda la destinazione terziaria e direzionale, quella privata cala di 4.500 mq, quella pubblica aumenta di 1.300, per un saldo complessivo di - 3200 mq.

Le domande dei consiglieri (mie e di Caserta) vertono soprattutto sulla rinuncia ad una quota così significativa di edilizia pubblica, che sembra togliere al comune un potente strumento di contenimento dei costi delle case. 

Nella risposta il sindaco Milena Correggiari dice che la Lamborghini rappresentava la principale fonte di lavoro, e la sua chiusura ha fatto diminuire di molto la richiesta di alloggi pubblici: tra l'altro abbiamo ancora possibilità di recuperare edifici pubblici ad uso abitativo. Il Comune si è mantenuto intorno ai 6.000 abitanti recuperando spazi abitativi nel centro storico. L'area Lamborghini è un ammasso di cemento enorme molto vicino al centro. Come conto economico - da me sollecitato - l'amministrazione di Pieve presenta queste cifre. Il privato aumenta il valore di 3,4 milioni di Euro. Dall'altra parte, la scuola materna ne vale 800 mila, l'edificio per attivitò culturali (carri) per un milione di euro, il lotto edificabile ad attività di pubblico interesse 330 mila euro, il lotto terziario per altri 300 mila euro. Poi abbiamo caricato sul soggetto attuatore le spese amministrative. Il bilancio differenziale è di 1,1 milioni di Euro, che rappresentano la motivazione del privato a procedere.

L'arch. Sacchetti, membro del Comitato, sottolinea che noi - come Comitato - non possiamo sindacare sull'interesse della comunità, che è competenza dell'amministrazione comunale. Possiamo però chiedere le motivazioni strategiche della variante, secondo l'art. 18 della legge urbanistica. Personalmente obietto che la distinzione non è sempre facile...

Viene infine affrontata la variante richiesta dal comune di Sala Bolognese sulla frazione Osteria Nuova (Tavernelle). Si tratta di una variante corposa, nella quale viene ridisegnato il confine tra Sala Bolognese e Calderara, che verrà fatto correre lungo la persicetana.
Il comune intende utilizzare tutta la potenzialità espansiva conferita dal PTCP, tenuto conto che qui c'è la fermata del SFM. Si tratta di 265 alloggi, misurati in modo molto rigoroso (63 metri ciascuno), e tutti entro 600 metri dalla stazione, in 3 diversi comparti.

Viene anche inserito un vincolo nel campo antistante Villa Manzoni, per farne un cono visivo libero e verde. Verrebbe interrata anche una linea elettrica ad alta tensione nel tratto in cui attraversa il centro del borgo. Verrebbe realizzato un nuovo parcheggio accanto alla fermata SFM, aggiuntivo rispetto a quello esistente.

Viene realizzato un nuovo accesso dalla persicetana alla frazione, con corsie di accelerazione e decelerazione, e un nuovo svincolo per eliminare le svolte a sinistra (ed eliminando quindi gli attuali due incroci a raso).

Le osservazioni puntano soprattutto sul concetto che, se non si vuole aspettare il PSC, bisogna almeno che una variante come questa sia condivisa dagli altri comuni dell'associazione. Inoltre non sembrano omogenei le cessioni e le opere messe a carico dei diversi attuatori (c'è chi deve cedere e realizzare un'opera molto grande come il parcheggio per la ferrovia, a fronte di pochi alloggi da realizzare, c'è chi invece ne realizza di più e deve fare molto meno).

L'arch. Sacchetti sottolinea la necessità di collegare meglio gli insediamenti residenziali con la stazione SFM, che "non si legge" sulla mappa, a dimostrazione dell'assenza di un impianto di accessi (pedonali, ciclabili, automobilistici) con la fermata ferroviaria. Insomma, non basta che la fermata ci sia, deve diventare il centro visibile dell'insediamento.

Seduta del 14 ottobre


Dedicata alla visita ai cantieri dell'Alta Velocità ferroviaria sotto Bologna.

L'accesso è da Rastignano, dove c'è un centro visita attrezzato e molto interessante (aperto al pubblico, su prenotazione).
La nuova linea ferroviaria sotto Bologna correrà in tunnel a 2 canne da Rastignano alla stazione, e in canna unica dalla stazione verso Modena. Lo scavo è realizzato da 2 talpe meccaniche, che lavorano quasi affiancate, ad una distanza massima di 1.000 metri e minima di 300 metri.

Il diametro di scavo è 9 metri, la profondità alla base della galleria è 23 metri sotto terra, il "solaio" è quindi di 14 metri. La distanza assiale delle 2 canne è di 15 metri, che significa un diaframma minimo di 5. Ogni 250 metri vi è un collegamento tra le 2 canne, per motivi di sicurezza (via di fuga).

La fresa, che lavora iniettando nel terreno liquidi fluidificandi, e "grattando" il fronte di scavo con un disco dotato di 6 bracci con alcune centinaia di denti, è studiata soprattutto per evitare il rischio di cedimenti e di vuoti. Il sottosuolo bolognese infatti, di origine alluvionale, cambia continuamente composizione, col rischio di creare frane e quindi cedimenti in superficie. Ecco allora la camera di compressione, subito dietro la fresa, che raccoglie la fanghiglia di scavo (terra + liquidi inettati), e mantenendo una pressione controllata evita che eventuali falde idriche o terreni particolarmente fluidi crollino dentro la fresa creando vuoti davanti.
Questo controllo della compattezza del suolo intorno allo scavo è possibile perché il volume e il peso della massa estratta (mediante una tramoggia) viene costantemente misurato e monitorato da un sistema informatico.

Subito dietro la camera di raccolta vi sono gli stantuffi idraulici che hanno un doppio scopo: di spinta della fresa (100.000 kiloNewton!), e di posa dei conci che vanno a formare la galleria (prefabbricati in cemento di forma curva, 6 dei quali fanno una circonferenza, hanno spessore di 40 cm e bordi gommati in modo da diventare stagni una volta posati). Inizialmente vengono fissati con bulloni, ma una volta fissati tra gli altri stanno su grazie alla forma e al peso. Questo significa che il terreno, non appena scavato, viene rafforzato immediatamente con la costruzione della volta del tunnel, mentre in superficie una squadra di controllo verifica che le varie sonde infilate nel terreno e nelle fondamenta degli edifici sopra il tracciato del tunnel non segnalino movimenti o cedimenti.
Intorno al tunnel formato dai conci di cemento vengono poi inettate sostanze di riempimento dei vuoti che inevitabilmente possono restare tra lo scavo e i prefabbricati.

La volta di cemento, grazie ai giunti gommati e all'enorme pressione a cui vengono sottoposti i conci dopo la posa (dovuta alla spinta della fresa, che si appoggia all'ultimo anello posato), diventa così anche impermeabile.
La talpa meccanica è stata montata proprio nel cantiere di San Ruffillo, nell'enorme "pozzo" (scavo a forma di vasca) le cui dimensioni si possono intuire dalla grande tettoria in fondo a via Corelli: è lunga 200 metri perche' deve contenere gli impianti di refrigerazione, i motori elettrici che azionano le pompe oleodinamiche che danno energia alla fresa, le camere di sopravvivenza (dotate di ossigeno e generi di prima necessità per consentire di resistere in attesa dei soccorsi in caso di incidenti), e avanza tra i 20 e i 30 metri al giorno.
Nei giorni precedenti la nostra visita l'avanzamento è stato tanto rapido da mettere in crisi il sistema di smaltimento del fango di scavo (che viene prelevato da vagoni e trasportato fuori dalla galleria da un trenino dedicato a questo servizio; arrivato a San Ruffillo viene svuotato in una enorme vasca da dove viene prelevato da benne e caricato su altri vagoni, in grado di viaggiare su ferrovia normale, ma anche su camion perche' l'intasamento delle linee ferroviarie non consente di smaltire tutto il prodotto dello scavo).

Nel cantiere lavorano 350 operai (di cui 30 sono in servizio costante a bordo della talpa, su 3 turni, per un totale di 90 addetti al giorno). I turni di lavoro sono di 8 ore x 6 giorni consecutivi, con un giorno di riposo ogni 6. Ogni 3 settimane i giorni di riposto sono 4, per consentire il rientro dalla famiglia. Ci sono infatti molti lavoratori del meridione e molti stranieri. I loro stipendi sono del 35% circa più alti rispetto a cantieri ordinari a causa delle indennità di galleria e di ciclo continuo. Il vitto e l'alloggio sono forniti gratuitamente da TAV.

La fine dei lavori sotto Bologna è prevista per il 2008. Il via libera al progetto è del 1997, l'inizio effettivo dei lavori è stato nel 2001.

Seduta dell'11 ottobre (straordinaria)


Visto l'intenso calendario che ci occupa tutti i venerdì mattina, decidiamo di utilizzare il martedì mattina per proseguire il nostro viaggio nel Servizio Ferroviario Metropolitano, sperimentando il collegamento con Porretta, che corre in binario doppio fino a Casalecchio, poi in binario unico da Casalecchio a Porretta.

Viaggiando come noi fuori dagli orari di punta il servizio risulta buono: il treno parte con 10 minuti di ritardo ma ne recupera 5 durante il viaggio, che dura un'ora. All'arrivo a Porretta - splendido paese di montagna! - incontriamo però l'assessore Cesare Palmieri che ci espone i tanti problemi del collegamento con Bologna. Andando per punti:

- nelle ore di punta i treni ritardano regolarmente, anche di mezz'ora. Anzichè 60 minuti ne occorrono 90 per raggiungere Bologna, e questo fa saltare coincidenze e orari di lavoro (pensiamo agli insegnanti). Ecco allora che molti tornano all'automobile, intasando la Porrettana.

- l'introduzione di nuove fermate (Pian di Venola, a soli 2 km da Marzabotto, e Casalecchio Garibaldi) viene percepito come un ulteriore peggioramento (anche se ci pare che non sono i 2 minuti di una fermata a cambiare le cose).

- Mancano totalmente le corse serali, che almeno in estate sarebbero utili per evitare agli utenti delle tante manifestazioni serali il viaggio in macchina.

- Ci sono problemi di pulizia e di controlli (scarsi) sui treni (anche se noi, alla partenza dal Piazzale Ovest, abbiamo trovato una vigilanza privata che ci ha chiesto i biglietti già sul marciapiede, ad evitare che nel treno si raccolgano balordi: ma e' un servizio pagato da Trenitalia e saltuario, che si limita alla Stazione di Bologna e non sale sui treni).

- Negli orari critici le carrozze sono strapiene, occorrerebbe aggiungerne in modo da evitare viaggi in piedi. Il nuovo materiale rotabile (il Minuetto) non è adatto a questa tratta, perchè ha molti posti in piedi e pochi a sedere, quindi va bene per una tratta metropolitana (breve) ma non per questa tratta, che ha il 70 % dell'utenza tra Porretta e Vergato (quindi tra i 45 e i 60 km da Bologna).

- Il problema politico fondamentale è che "la montagna si sta allontanando dalla città". La richiesta di Porretta è quella di avere alcuni treni che "tirano dritto" e saltano le fermate da Marzabotto al capoluogo per "avvicinare" Bologna.

Nel dibattito della Commissione emergono due livelli di interventi: quelli urgenti e possibili in fretta (come l'aggiunta di carrozze e l'aumento di controlli e pulizia a bordo treno), e quelli infrastrutturali e possibili solo in prospettiva.

Tra questi emerge la necessità di aumentare le tratte di raddoppio tra Casalecchio e Porretta: il motivo dei ritardi pare infatti legato principalmente ai problemi di incrocio dei treni, che può avvenire solo nelle stazioni. 

Una maggiore flessibilità operativa, possibile solo aumentando le possibilità di incrocio dei treni lungo la linea, è condizione necessaria anche per dare corso alla proposta di distinguere due tipi di treni, quelli di collegamento metropolitano (tra Bologna e l'immediato Hinterland: Casalecchio, Sasso Marconi, Marzabotto), per i quali l'aumento delle fermate (come quella di Casteldebole e di Casalecchio Garibaldi) è importante per raccogliere una maggiore utenza, e i quelli di collegamento con la montagna, che effettivamente dovrebbero saltare le fermate più vicine alla città per abbreviare i tempi di collegamento con le zone più lontane (come avviene già in altri servizi ferroviari di bacino, tra cui quello di Zurigo, che ho visitato a luglio).

Seduta del 7 ottobre


La prima parte dei lavori riguarda la partecipazione ai lavori del Comitato Consultivo della Giunta sulle varianti urbanistiche richieste dai comuni: oggi tocca a Pieve di Cento e Crespellano.

Per quanto riguarda Pieve di Cento, la variante interessa un terraglio (l'ex fossato di cinta, ora interrato) nella circonvallazione nei pressi del centro storico. Si tratta di un vecchio capannone, un tempo adibito a magazzino agricolo, sul quale si chiede di variare la modalità di intervento (da ristrutturazione, con conservazione del fabbricato esistente, a possibilità di demolizione e ricostruzione). Gli indici restano quelli esistenti, si auspica però una tipologia più congrua rispetto alla vicinanza al centro storico.

Per quanto riguarda Crespellano, le varianti richieste sono in parte legate alla costruzione del nuovo casello autostradale a nord di Crespellano (a metà strada tra la via Bazzanese ed Emilia), che si porta dietro una serie di interventi di riqualificazione e di connessione (come il collegamento tra il casello e la via Emilia, e il rifacimento dell'incrocio tra la Bazzanese e la Valsamoggia, che verrebbe spostato verso sud-ovest e dotato di una rotonda). Vi sono poi richieste puntuali (una cinquantina!), su alcune delle quali i tecnici della Provincia chiedono approfondimenti (relativi al clima acustico, o al mantenimento della maglia della centuriazione, e così via).

Interessante il dibattito che si accende intorno ad una variante relativa ad una zona collocata sulla bazzanese, in prossimità di una fermata della Bologna-Vignola, dotata di un parcheggio, oggi ricettacolo di attività poco pulite, rispetto al quale si propone un intervento residenziale per "presidiare" la zona. L'arch. Sacchetti (membro del Comitato Consultivo), condividendo l'analisi del problema, propone però una risposta ancora più forte: un albergo, capace di un presidio anche notturno, e forte della vicinanza al centro di Bologna grazie alla linea ferroviaria posta di fronte.

La seconda parte dei lavori riguarda l'incontro con il Mobility Manager (dr. Andrea Valli, già sentito lo scorso 8 aprile) sulle iniziative dell'ente per favorire la mobilità sostenibile degli addetti.

Se in 3 anni (dal 2002 al 2005) è cresciuta dal 20 al 30 % la quota degli addetti che raggiungono la sede di lavoro in autobus (grazie anche al vantaggiosissimo accordo con ATC, che offre ai dipendenti abbonamenti annuali al costo irrisorio di 25,00 €, e a dirigenti e consiglieri a 40,00 €), dal documento consegnatoci emerge però come sia calata la quota di chi viene in bicicletta (dall'11,5 all'8,6 %). Motivo per cui nel mio intervento insisto sul problema della difficile accessibilità (e della carenza di parcheggio) per chi arriva in bicicletta alla sede di via Zamboni 13. 

Nel dibattito, emergono riflessioni interessanti, rispetto all'importanza dell'ubicazione delle sedi (alcune in centro storico, e comunque tra loro disperse), dell'importanza di estendere gli incentivi anche al trasporto ferroviario (sul quale non si è ottenuto più di uno sconto del 25%), della necessità di considerare, nel percorso casa-lavoro, anche la conciliazione (soprattutto delle donne) con gli altri impegni (figli da accompagnare, spesa da fare...), su un confronto con le politiche di mobility management delle realtà circostanti (Università, Banche...), e dell'opportunità di una informazione diretta agli addetti sulle varie possibilità di accesso al luogo di lavoro.

Per saperne di più: Verbale IV Comm 07-10-2005.pdf
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