Andrea De Pasquale

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Gennaio - aprile 2009 (3 interventi)

Interrogazione del 21 aprile sull'interramento della linea ferroviaria Bologna - Portomaggiore.


Secondo le notizie avute un anno fa (vedi la IV Commissione del 28 marzo 2008), il progetto di interramento della ferrovia Bologna - Portomaggiore nel tratto tra via Libia e via Rimesse, poi ancora in via Larga, sarebbe approdato ad una fase conclusiva, grazie anche al reperimento delle risorse necessarie da parte della Regione.

Chiedo al vicepresidente Giacomo Venturi, che al Servizio Ferroviario Metropolitano ha sempre dedicato un forte impegno, di aggiornarci in merito.

Intervento del 17 febbraio sul caso delle scuole Longhena, dove i maestri hanno dato un 10 in pagella a tutti gli alunni.


Grazie presidente,

farò un intervento che si differenzia parzialmente anche da alcuni colleghi del mio partito.

La scelta delle maestre delle scuole Longhena, di dare a tutti i bambini frequentanti la scuola un 10 in tutte le materie, mi è apparsa sbagliata sotto tre punti di vista. Due sono emersi nel pubblico dibattito, e mi limito a citarli. Uno invece mi pare sia stato poco approfondito, e ad esso dedicherò un breve ragionamento.

In primo luogo la scelta delle maestre è stata sbagliata dal punto di vista della protesta, legittima e dal mio punto di vista condivisibile, contro le scelte di politica scolastica del Governo, perché ha danneggiato quella protesta, indebolendone le ragioni e offrendo ai sostenitori della cosiddetta “riforma Gelmini” un ottimo argomento per attaccare, con accuse di faziosità e settarismo , il fronte di chi si oppone a tale riforma. Nelle azioni politiche gli errori sui modi ricadono sulla sostanza. Sbagliando i modi, gli insegnanti hanno fatto un grosso regalo al ministro Gelmini e al governo.

In secondo luogo la scelta delle maestre è stata sbagliata perché ha utilizzato in maniera inappropriata una funzione istituzionale, quella di valutatore delle competenze acquisite dagli alunni, e uno strumento tecnico-professionale, la scheda di valutazione, per esprimere una pure legittima (e nella sostanza condivisibile) azione politica, di manifestazione di dissenso. La scelta di strumentalizzare a questo scopo quella funzione istituzionale e quello strumento professionale è certamente sbagliata.

Ma c’è un terzo motivo più profondo che mi fa giudicare un grave errore il 10 collettivo alle scuole Longhena: ed è un motivo che tocca primariamente il ruolo della scuola, e secondariamente il ruolo di una forza politica progressista e riformista, che sono i caratteri distintivi (o forse avrebbero dovuto essere) del Partito Democratico.

Per spiegarmi parto da alcune citazioni, tratte dai passaggi fondativi del PD.

Il 27 giugno 2007, nel famoso discorso del Lingotto, Walter Veltroni (in questo momento ex segretario del PD, dato che si è dimesso proprio questo pomeriggio dalla carica) affermava:
Il Partito democratico si propone di affascinare quei milioni di italiani che credono nei valori dell'innovazione, del talento, del merito.
Abbiamo bisogno di un piano nazionale per la scuola e l'Università. Dobbiamo dare credito alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi. Dobbiamo offrire a tutte e tutti un'opportunità, con meccanismi di selezione trasparenti, che premino i più meritevoli.
Per cambiare la scuola italiana si deve muovere dalla constatazione dei circoli viziosi che la penalizzano e tradiscono le responsabilità della scuola pubblica.
La prima responsabilità della scuola pubblica primaria, secondo la Costituzione, è quella di dare a tutti l’opportunità di accedere ai livelli superiori dell’istruzione, indipendentemente dalle possibilità economiche, ma in coerenza con la capacità e il merito di ciascuno. Infatti l’art. 34 della Costituzione dice proprio:
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
Quindi la scuola non deve fare differenze tra ricchi e poveri, ma deve farle tra più capaci e meno capaci, tra più meritevoli e meno meritevoli.

Che cosa resta della responsabilità della scuola pubblica nella scelta di dare un 10 a tutti e in tutte le materie, di appiattire, livellare, omologare tutti in tutto?

E ancora, nel discorso alla costituente del Partito Democratico, del 27 ottobre 2007, leggo:
C’è una generazione che già oggi subisce, e che ancor più domani dovrà fare i conti, con la nostra distrazione o peggio il nostro egoismo. Con la nostra incapacità di scegliere secondo il merito e dare spazio al talento e all’impegno.
Cosa resta del merito, del talento e dell’impegno nella scelta di alcuni insegnanti di abdicare al loro dovere (si badi, non facoltà: dovere) di valutare ciascun alunno per le sue personali attitudini, abilità, competenze, e di esprimere al contrario un giudizio uniforme, spersonalizzante, massificato?

Ma questo errore nasce da una più radicale incapacità a distinguere tra due piani, che in questa vicenda invece sono stati ampiamente confusi e pasticciati. Il piano del valore, e il piano del rendimento. Un maestro delle Longhena ha dichiarato sui giornali: “ho dato il 10 convintamente, perché i miei bambini valgono tutti 10 e lode”.

Ma, caro maestro delle Longhena, il valore di ogni bambino – la dignità di ogni persona – è una cosa assoluta e indiscutibile, che non può essere minimamente scalfita o appannata da alcuno, insegnante o scuola che sia. E soprattutto è una cosa che non centra nulla con il rendimento scolastico, ovvero con la valutazione in termini di attitudini personali e di risultati raggiunti.

La valutazione non è e non deve mai essere un giudizio sul valore della persona, che è intangibile e assoluto, indipendentemente da qualsiasi “prestazione” fisica e intellettuale. Ma serve invece ad aiutare il bambino a prendere coscienza di sé stesso, delle sue predisposizioni e dei suoi interessi, dei suoi talenti e dei suoi difetti, insomma delle sue capacità personali, che lo rendono diverso da tutti gli altri. Il 10 a tutti e in tutte le materie priva i bambini di questo aiuto, ed è quindi profondamente dannoso sul piano pedagogico.

Perché la pedagogia, l’educazione, non è l’azione iper-protettiva di chi illude i ragazzi di essere tutti identici, di essere tutti ugualmente bravi in tutto (inventare storie o fare i calcoli, giocare a basket o dipingere), di chi ritiene che per i bambini sia“un trauma” l’esperienza del misurarsi con le proprie doti e i propri limiti, e a confrontarsi con gli altri. A tali sedicenti pedagogisti ricordo che privare i bambini di questo “trauma” significa privarli di un rapporto corretto con la realtà, significa negargli un prezioso strumento di conoscenza di sé e degli altri, significa condannarli ad una condizione di insicurezza psicologica (perché credono di valere solo in quanto sono bravi in qualcosa) e incertezza riguardo le proprie abilità e competenze (che esplode nel primo contatto col mondo del lavoro, questo sì sempre più traumatico).

Nessuno è uguale agli altri, nessuno è bravo a fare tutto, ciascuno ha le sue inclinazioni, le sue eccellenze e le sue debolezze. Ma ciascuno vale indipendentemente da queste, per il solo fatto di essere un bambino, un ragazzo, una persona.

Rendere lo studente consapevole delle sue doti e dei suoi limiti non è un’azione autoritaria, discriminatoria e antidemocratica, come abbiamo letto in alcune dichiarazioni e come vorrebbe un’ideologia miope che ha talvolta portato allo svuotamento pedagogico e all’incapacità educativa, ma al contrario serve a far crescere il bambino, ad accompagnarlo nell’accettazione di sé e nello sviluppo delle sue potenzialità, verso l’età adulta. In questo senso la pagella rappresenta quindi una indicazione non solo utile, ma preziosa, e quindi dovuta, sulle attitudini e le capacità del bambino.

Legittimo quindi criticare il fatto che la valutazione debba essere espressa in una scala numerica. Sbagliato farlo abdicando al dovere di valutare, e confondendo il valore delle persone con le loro competenze.

E su questa confusione faccio 2 esempi.

Cosa diremmo di un medico che, per non discriminare i suoi pazienti rilasciasse a tutti lo stesso certificato di idoneità all’attività sportiva? In effetti sentirsi dire che non si è adatti alla pratica di uno sport non fa piacere… E poi, tutti i pazienti non devono forse avere per il medico lo stesso valore? Meglio allora scrivere a tutti che sono adatti a fare tutto quanto desiderano, nuoto e pugilato, tennis e alpinismo. E pazienza se qualcuno si beccherà un infarto.

Oppure cosa diremmo di un elettricista che rilasciasse lo stesso certificato di conformità a qualsiasi impianto elettrico, in qualsiasi abitazione? In effetti dover cambiare impianto è costoso e seccante. E poi non è forse vero che tutte le case sono importanti allo stesso modo per chi le abita? Perché discriminare tra casa e casa? Meglio allora dire che tutti gli impianti vanno ugualmente bene, e pazienza se qualcuno resterà fulminato. L’importante è non fare differenze.

Concludendo.

La questione non è, cari colleghi consiglieri, e in particolare amici del PD, se si possa manifestare o meno il proprio dissenso verso la riforma Gelmini, e in particolare verso il ritorno ai voti numerici. Certo che si può. E secondo me anche si deve. Ma non si può e non si deve farlo forzando il proprio ruolo istituzionale e strumentalizzando il rapporto con gli studenti. La questione è che idea di scuola, e di educazione, vogliamo portare avanti come progressisti e riformisti, anche nel momento in cui protestiamo contro il governo e la Gelmini.

Sappiamo che la situazione italiana, economica e sociale, è caratterizzata da una crescente voragine di disparità tra gli inclusi e gli esclusi, tra garantiti e precari. E’ caratterizzata insomma da una grande immobilità sociale.

Una scuola baby sitter e iperprotettiva, che abdica al dovere di misurare le abilità effettivamente acquisite, una scuola che sceglie il livellamento e l’egualitarismo dei risultati, come hanno fatto le Longhena con la scelta del 10 collettivo in tutte le materie, contribuisce a perpetuare questa iniquità e questo immobilismo sociale.

Perché l’insignificanza del risultato scolastico è il grande, pervasivo e perverso brodo di coltura di questa disparità, di questa immobilità. In altre parole, è uno dei principali collanti di una società castale, come si avvia sempre più ad essere quella italiana, dove sempre più la carriera e la fortuna sono prerogativa dei figli di chi ha già fatto carriera e fortuna. Con buona pace del merito, del talento e dell’impegno. A partire dalla scuola.

Andrea De Pasquale
17 febbraio 2009

Intervento del 9 gennaio sulla guerra a Gaza


Grazie Presidente.
Il tratto che unifica, direi almeno tre su quattro ordini del giorno che
abbiamo davanti, è lo strabismo, e ci tengo a sottolineare alcuni passaggi in
cui questo strabismo emerge con molta forza. Parto da quello che è più
naturale, l’ordine del giorno presentato dai colleghi di Centrodestra, che fa un ragionamento, a mio giudizio, condivisibile sulle responsabilità di Hamas, di Hezbollah e in generale delle formazioni filopalestinesi più estremiste, ma
che dimentica completamente delle responsabilità di Israele, che sono
effettivamente davanti a noi, e sono quelle di un utilizzo effettivamente
sproporzionato della superiorità militare, che non può non avere una traccia in una presa di posizione onesta, intellettualmente onesta e equilibrata davanti ai fatti a cui stiamo assistendo.

A rovescio, devo dire invece, degli altri due ordini del giorno, cioè quelli degli amici di Sinistra Democratica e Verdi, e di Rifondazione e Comunisti Italiani. Qui invece, vediamo in campo solo le responsabilità di Israele, solo il tema della sproporzione, e per nulla, invece, le responsabilità dell’integralismo islamico che ha creato le premesse di questa guerra.

Tutto sommato anche nella sintesi necessaria a un ordine del giorno,
vedo invece in quello redatto da alcuni colleghi del PD, il tentativo di
maggiore equilibrio, perché è vero che siamo davanti a una guerra che, se
fossimo nati dieci giorni fa, ci vedrebbe, come diceva il Consigliere Grandi,
totalmente schierati a favore dei poveri palestinesi massacrati, però ricordo che se siamo arrivati a questo punto, è perché in mezzo alla Striscia di Gaza, ci sono formazione paramilitari, che non soltanto teorizzano, ma praticano, per quello che è possibile naturalmente, la tesi dell’annientamento di Israele. Io vorrei soffermarmi un attimo su questa tesi per provare a fare un
ragionamento breve, ma che possa un attimo coinvolgerci al
di là delle parti già prese.

Il Consigliere Giovanni Venturi, nel suo intervento di inizio seduta, ha parlato di annientamento di un popolo, di massacro atroce e intenzionale, e di fondamentalismo religioso al potere; se ho capito bene, lo ha fatto attribuendo queste tre espressioni a Israele. Beh, faccio notare che
possono essere altrettanto, se non meglio, attribuiti alla controparte, perché chi teorizza (e cito delle espressioni virgolettate di alcuni dei governi dell’area), chi parla di “popolo da annientare”, di “un insetto da schiacciare”, di “un cancro da sradicare”, sono stati appunto Akmadinejad ed esponenti di Hamas e di Hezbollah nei confronti di Israele.

Quindi non voglio fare quello che dice che la parte buona è quella israeliana e l’altra è cattiva. Dico soltanto che se tiriamo fuori il tema dell’annientamento, del massacro, e ancora di più del fondamentalismo
religioso al potere, io vedrei una bella gara tra quello che è il
fondamentalismo, se c’è in questo momento, al potere in Israele, e il
fondamentalismo che invece vedo operare in Libano con Hezbollah e a Gaza con Hamas. Questa è una prima osservazione: se non impariamo a essere il più possibile oggettivi davanti ai fenomeni che vediamo, non semplicemente sarà impossibile fare documenti condivisi (ma questo potrebbe essere un male piccolo, anche perché dei documenti della Provincia di Bologna sulla guerra in Medio Oriente, forse non è che siano tanti a essere interessati...),  ma la cosa brutta è che perdiamo la capacità di leggere la realtà davanti a noi, e ognuno si convince sempre di più di un’idea parziale, miope e limitata della realtà.

Perché, ragazzi, il tema dell’annientamento del popolo ebraico, il tema dell’eliminazione di Israele dalla faccia della terra, che è stato in queste esatte parole proposto, e viene costantemente riproposto da alcune di queste
formazioni, è un tema dirimente.

Alcuni di voi, nella discussione preconsiliare mi hanno fatto notare che il
numero delle vittime che questi razzi sparati da Hamas è molto limitato. Io
però voglio replicare a quest’osservazione con questa: che le idee, le idee
violente, hanno una loro pericolosità, al di là delle vittime che al momento
riescono a produrre. E faccio questo parallelo: noi spesso ci siamo trovati davanti a episodi di violenza neonazista in Europa. Se andiamo a vedere numericamente, quantitativamente, le vittime fatte dalla violenza neonazista in Europa negli ultimi dieci anni, sono poche, oggettivamente risibili, qualche rogo, qualche pestaggio, finito con l’uccisione del pestato, ma poche decine; allora potremmo dire: cosa ci stiamo a occupare del fenomeno neonazista, muoiono molte più persone per gli incidenti stradali, per la droga, per mille altre cause.

Ma che cosa ci fa paura della cultura neonazista? Che cosa fa sì che ci
mobilitiamo e facciamo degli ordini del giorno e politicamente teniamo le
antenne dritte? Sono le idee, la cultura, la proposta che c’è dietro, perché se oggi (io dico fortunatamente) queste idee possono produrre un male piccolo, perché sono appunto contenute, contrastate, quella cultura, quell’idea, quella proposta, quell’intenzione lasciata libera, fa paura, fa molta paura. È questa la mentalità con cui noi dobbiamo provare a metterci nei panni degli israeliani, che pure sbagliano, e l’ho detto, a scatenare la guerra che stanno scatenando. Perché loro l’idea dell’annientamento l’hanno già vissuta, non è che sia un’idea lì, buttata lì così, dicendo: questi sono nati ieri e dicono che adesso ci vogliono distruggere.

Israele ha già sperimentato sulla sua pelle che cosa vuol dire l’annientamento. Ha vissuto la Shoah, ha avuto 6 milioni di morti, e questa memoria è molto forte in questo popolo. Allora voi capite che anche se i razzi Kassam arrivano a fare poche vittime, ma qualcuna comunque la fanno, e invece, l’ho detto e lo ripeto, le armi israeliane sono in questo momento estremamente e sproporzionatamente più potenti, l’idea che però c’è dietro, guardate, non è da meno. Perché vi faccio notare che non è che Israele voglia sterminare il popolo palestinese, in quanto per esempio in Cisgiordania questo non sta avvenendo: non solo, ma vi faccio
notare che in Cisgiordania, non solo non si sono mossi contro Israele, non sono scesi in piazza, ma hanno addirittura attribuito ad Hamas la responsabilità di questo conflitto.

Quindi non è un confronto tra il popolo Palestinese, e tutto lo Stato
israeliano. È purtroppo, un confronto violentissimo, tra una formazione
estremista, quella di Hamas, che ama spargersi e combattere in maniera diffusa sul territorio, facendosi scudo anche di ospedali e scuole, e un paese che si è rotto le scatole di vedere che non c’è modo diverso dalla guerra, per limitare questo tipo di aggressione. Una aggressione per oggi ancora poco efficace, dal punto di vista militare, ma molto, molto, molto pericoloso sul piano ideologico, perché lasciare che si predichi l’odio verso Israele, e lasciare che si dica che Israele va estirpato, lasciare che si educhino le giovani generazioni all’eliminazione dello Stato di Israele, credo che sia effettivamente un qualche cosa che non possa essere considerato estraneo a questa guerra.

Quindi lo strabismo di cui parlavo, e che vedo ricorrere negli ordini del
giorno proposto dagli amici, diciamo, che siedono alla nostra sinistra, è
purtroppo uno strabismo che mi dispiace perché noi dobbiamo condannare la
guerra, e non ho difficoltà a farlo, ma nel momento in cui la condanniamo, non dobbiamo però fare due pesi e due misure, dimenticare le paure, dimenticare le violenze, dimenticare i rischi e i pericoli che una delle due parti, quella israeliana, che oggi sbaglia per come si comporta a Gaza, pure subisce.

Allora il fatto che noi non ci siamo tanto mobilitati contro le dichiarazioni di Hamas, Hezbollah e Iran, che dicono che Israele va eliminato come un cancro, oggi secondo me rende un po’ più debole la nostra posizione di no alla guerra. Per questo, e finisco, giudico equilibrato, per quello che si può fare dalla Provincia di Bologna, e positivo il contributo dato dal testo del PD, perché nel condannare quanto sta avvenendo a Gaza, ricorda anche che ci sono delle responsabilità in chi a Gaza ha sparato non soltanto contro gli israeliani invasori, oggi, ma contro i palestinesi, e consanguinei, i palestinesi che erano di un’altra idea politica. Cioè Hamas ha sparato contro la polizia di Abu Mazen, non è che questo lo hanno inventato i giornali di destra o filoisraeliani, quindi siamo davanti a una formazione con la quale è difficile scendere a patti e istituire un dialogo.

Per questo tutti gli appelli al dialogo, che condivido, vanno però ricollegati a quanto dicevano anche altri colleghi, cioè alla disponibilità delle forze in campo a dialogare, perché voi capite che se aveste un vicino di casa che
teorizza la vostra distruzione, la vostra eliminazione, che quando può vi tira quello che ha (pietre o quando le avrà le bombe: per adesso le pietre), e non
solo non vuole mettersi d’accordo, ma non vuole neanche riconoscere il  vostro diritto a esistere. Beh, credo che fareste fatica a sedervi, a dialogare con un vicino di casa così fatto, e così pensante.

Quindi credo che ci voglia un supplemento di obiettività, credo che dobbiamo
guardarci dallo strabismo sia chi vede nell’intervento Israeliano una specie di atto purificatore e risolutore (e non lo è, non lo è), e anche però dallo strabismo di chi vede in Israele un assassino intenzionale che ha interesse a eliminare i palestinesi e i civili palestinesi, così, perché figli di una cultura militarista e filo americana. La trovo una chiave di lettura, sinceramente, poco sostenibile, poco realistica, poco credibile, e credo che se vogliamo dare una mano alla pace, il primo atto che dobbiamo fare è quello di essere onesti davanti ai fatti, osservarli per quelli che sono, e prendere delle posizioni equilibrate. Grazie.
Per contattarmi: scrivi@andreadepasquale.it - Per ricevere il mio rendiconto mensile: aggiornamenti@andreadepasquale.it
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